Plinio Corrêa de Oliveira

 

Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana

 

 

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Marzorati Editore, 1993

ISBN 88-280-0129-1

Per richieste dell'opera in formato cartaceo: www.atfp.it


 Documenti VI

L’armonia necessaria fra tradizione

e progressi autentici 

 

1. I veri amici del popolo sono tradizionalisti

Dalla Lettera apostolica Notre charge apostolique (25/8/1910), di san Pio X:

“Che questi sacerdoti [consacrati alle opere di azione cattolica] non si lascino allontanare dalla buona strada, nel labirinto delle opinioni contemporanee, dal miraggio di una falsa democrazia. Che non prendano in prestito dalla retorica dei peggiori nemici della Chiesa e del popolo un linguaggio enfatico, pieno di promesse tanto sonore quanto irrealizzabili. Che siano persuasi che la questione sociale e la scienza sociale non sono nate ieri; che in ogni tempo la Chiesa e lo Stato, in felice accordo, suscitarono a questo scopo organizzazioni feconde; che la Chiesa, che mai tradì la felicità del popolo con alleanze compromettenti, non ha bisogno di liberarsi dal passato, poiché le basta riprendere, con l'ausilio dei veri artefici della restaurazione sociale, gli organismi distrutti dalla Rivoluzione, adattandoli, con lo stesso spirito cristiano che l'ispirò, al nuovo ambiente creato dall'evoluzione materiale della società contemporanea. Infatti i veri amici del popolo non sono né rivoluzionari né innovatori, ma tradizionalisti”. (1)

 

2. Il rispetto della tradizione non impedisce per nulla il vero progresso

Dal discorso di Pio XII ai professori ed allievi del Liceo Ennio Quirino Visconti, di Roma (28/2/1957):

“È stato giustamente notato che una delle caratteristiche dei romani, quasi un segreto della perenne grandezza della Città Eterna, è il rispetto alle tradizioni. Non che tale rispetto significhi il fossilizzarsi in forme superate dal tempo; bensì il mantener vivo ciò che i secoli hanno provato esser buono e fecondo. La tradizione, in tal modo, non ostacola menomamente il sano e felice progresso, ma è al tempo stesso un potente stimolo a perseverare nel sicuro cammino; un freno allo spirito avventuriero, incline ad abbracciare senza discernimento qualsiasi novità; è altresì, come suol dirsi, il segnale d'allarme contro gli scadimenti”. (2)

 

3. Uno dei difetti più gravi e frequenti della sociologia moderna consiste nel sottovalutare la tradizione

Allocuzione di Paolo VI ai pellegrini slovacchi provenienti di diversi Paesi, soprattutto dagli Stati uniti e dal Canada (14/9/1963), nell'XI centenario dell'arrivo dei santi Cirillo e Metodio alla Grande Moravia:

“È una caratteristica dell'educazione cattolica trarre dalla storia non solo materiale culturale e memorie del passato, ma anche una tradizione vivente, un coefficiente spirituale di formazione morale, un indirizzo costante per un retto e coerente progresso nella marcia del tempo, una garanzia di stabilità e permanenza, che dà a un popolo la sua dignità, il suo diritto a vivere, il suo dovere di agire in armonia con altri popoli. Uno dei difetti della sociologia moderna fra i più frequenti ed i più seri, è quello di sottovalutare la tradizione, cioè presumere che una società forte e coerente possa stabilirsi senza tenere conto delle fondamenta storiche sulle quali riposa, e ritenere che la rottura con la cultura ereditata dalle generazioni precedenti possa essere più benefica alla vita di un popolo che lo sviluppo progressivo, fedele e saggio, del suo patrimonio di convinzioni ed abitudini. Più ancora, se questo patrimonio si arricchisce con i valori universali e immortali che la Fede cattolica istilla nella coscienza di un popolo, allora il rispetto alla tradizione significa garantire la vita morale di questo popolo; significa dargli una coscienza della sua esistenza e renderlo meritevole di quei aiuti divini che conferiscono alla città di questo mondo qualcosa dello splendore e della perennità della città celeste”. (3) 

 

4. Staccarsi dal passato è causa di inquietudine, ansia e  instabilità

Dall'omelia pronunciata da Paolo VI durante la Messa celebrata a Roma, nella Basilica patriarcale di san Lorenzo al Verano (2/11/1963):

“Siamo soliti a guardare avanti, spesso trascurando le benemerenze di ieri; non siamo facili alla gratitudine, alla memoria, alla coerenza con il nostro passato, all'ossequio, alla fedeltà dovuta alla storia, alle azioni che si succedono da una generazione all'altra degli uomini. Spesso si rivela assai diffuso un senso di distacco dal tempo trascorso: e ciò è causa di inquietudine, trepidazione, instabilità.

“Un popolo sano, un popolo cristiano è molto più aderente a quanti ci hanno preceduto; e mira alla logica delle vicende in cui deve formarsi la propria esperienza, mentre non esita di fronte al necessario tributo di riconoscimento e di giusta valutazione”. (4) 

 

5. La tradizione è un patrimonio fecondo, un’eredità da conservare

Dall'allocuzione tenuta da Paolo VI ai suoi conterranei di Brescia (26/9/1970):

“Lasciate che un vostro concittadino di ieri renda omaggio ad uno dei valori più preziosi della vita umana e ai nostri giorni più trascurati: la tradizione. È un patrimonio fecondo, è un'eredità da conservare. Oggi la tendenza delle nuove generazioni è tutta verso il presente, anzi verso il futuro. E sta bene, sempre che questa tendenza non oscuri la visione reale e globale della vita. Perchè, per godere del presente e per preparare il futuro, il passato ci può essere utile, e, in certo senso, indispensabile. Il distacco rivoluzionario dal passato non è sempre una liberazione, ma spesso significa il taglio della propria radice. Per progredire realmente, e non decadere, occorre avere il senso storico della nostra esperienza. Questo è vero perfino nel campo delle cose esteriori, tecnico-scientifiche e politiche, dove la corsa delle trasformazioni è più rapida e impetuosa; e lo è ancora di più nel campo delle realtà umane e specialmente nel campo della cultura. Lo è in quella della religione nostra, che è tutta una tradizione proveniente da Cristo”. (5) 


Note:

1) Acta Apostolicae Sedis, Typis Polyglottis Vaticanis, Romae 1910, vol. 2, p. 631.

2) Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. XVIII, p. 803.

3) Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1963, vol. I, p. 131.

4) Idem, pp. 276-277.

5) Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1970, vol. III, pp. 943-944.