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Plinio Corrêa de Oliveira
Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana
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APPENDICE II Le forme di governo alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa: in tesi - in concreto
A - Testi pontifici e altri sulle forme di governo: monarchica, aristocratica e democratica
Tibi dabo - Museo del Tesoro di San Pietro, omonima Basilica 1. Regime monarchico: la migliore forma di governo Dall'allocuzione di Pio VI al Concistoro segreto (17-6-1793) sull'assassinio del Re Luigi XVI: “Dopo aver abolito la forma di governo monarchica, che è la migliore, essa [la Convenzione] ha trasferito tutto il potere pubblico al popolo” (1).
2. La Chiesa non si oppone a nessuna forma di governo, purché sia giusta e miri al bene comune Dall'Enciclica Diuturnum illud (29-6-1881) di Leone XIII: “Nemmeno in questo caso si pone il problema delle forme di governo: non c'è ragione perché la Chiesa non approvi il governo di uno solo o di molti, purché sia giusto e miri al bene comune. Pertanto, fatta salva la giustizia, non è vietato ai popoli di adottare un sistema di governo che più adeguatamente convenga al proprio genio o alle istituzioni e costumi dei suoi maggiori” (2). Dall'Enciclica Immortale Dei (1-11-1885), di Leone XIII: “La sovranità per se stessa non è legata a nessuna forma di governo; essa può assumere questa o quella forma, purché cerchi realmente l'utilità e il bene comune. (...) “Se si vuole giudicare rettamente, nessuna delle varie forme di governo è per se stessa riprensibile, poiché non hanno nulla che ripugni alla dottrina cattolica, e possono addirittura, se messe in pratica con saggezza e giustizia, conservare lo Stato in un ordine perfetto” (3). Nei testi qui riportati, Leone XIII suppone il caso di una nazione che, senza alcuna violazione del principio di autorità o dei diritti acquisiti, si trovi nella situazione di scegliere fra la forma di governo vigente e un'altra forma qualsiasi. Gli insegnamenti del Papa in vista di una tale contingenza sono anche applicabili, mutatis mutandis, a una persona che, in quanto mero individuo, si trovi nel caso di prendere posizione davanti a tale scelta. Ad esempio, nell'atto di votare in un plebiscito fatto per optare fra monarchia, repubblica aristocratica o repubblica democratica, oppure per la scelta del partito politico al quale vuole affiliarsi.
3. Una forma di governo può essere preferibile perché si adatta meglio al carattere o ai costumi del popolo al quale è destinata Dall'Enciclica Au milieu des sollicitudes (16-2-1892) di Leone XIII: “Diversi governi politici si sono succeduti in Francia nel corso di questo secolo ed ognuno con la sua forma distinta: imperi, monarchie, repubbliche. Restando nell'astratto, si arriverebbe a definire qual'è la migliore di queste forme considerate per se stesse; si può affermare ugualmente, in tutta verità, che ognuna di esse è buona, purché sappia avviarsi diritta verso il suo fine, ossia il bene comune per cui l'autorità sociale è costituita. Conviene aggiungere infine che, a partire da un punto di vista relativo, una forma di governo può essere preferibile perché si adatta meglio al carattere o ai costumi di una nazione. In quest'ordine di idee speculativo, i cattolici, come qualsiasi altro cittadino, ha piena libertà di preferire una forma di governo ad un'altra, proprio perché nessuna di queste forme sociali si oppone, per se stessa, ai dettami della sana ragione né alle massime della dottrina cristiana” (4).
4. L’errore del Sillon: solo la democrazia inaugurerebbe il regno della perfetta giustizia Dalla Lettera apostolica Notre charge apostolique (25-8-1910), di san Pio X: “Il Sillon (...) semina pertanto fra la vostra gioventù cattolica idee errate e funeste sull'autorità, la libertà e l'ubbidienza. Non diversamente avviene [col Sillon] per quanto riguarda la giustizia e l'uguaglianza. Esso lavora, secondo quanto afferma, per realizzare un'era di uguaglianza che sarebbe, per ciò stesso, un'era di migliore giustizia. Così, per il Sillon, qualsiasi disuguaglianza di condizione è un'ingiustizia, o almeno una giustizia sminuita! Principio, questo, sommamente contrario alla natura delle cose, generatore d'invidia e d'ingiustizia, sovvertitore del'intero ordine sociale. Così, solo la democrazia inaugurerà il regno della perfetta giustizia! Non è questa un'ingiuria alle altre forme di governo che vengono degradate in tal modo alla categoria di governi impotenti, a mala pena tollerabili? Del resto, il Sillon anche su questo punto si scontra con gli insegnamenti di Leone XIII. Dovrebbe aver letto nell'Enciclica già citata sull'autorità politica che, 'fatta salva la giustizia, non è vietato ai popoli che adottino un sistema di governo che più adeguatamente convenga al proprio genio o alle istituzioni e costumi dei suoi maggiori', e l'Enciclica allude alle tre forme di governo ben note. Suppone, quindi, che la giustizia è compatibile con ognuna di esse, e l'Enciclica sulla condizione degli operai non afferma chiaramente la possibilità che la giustizia venga restaurata nelle organizzazioni attuali della società, dato che indica i mezzi per farlo? Ora, senz'alcun dubbio, Leone XIII voleva parlare non di una giustizia qualsiasi, ma della perfetta giustizia. Insegnando dunque che la giustizia è compatibile con le tre forma di governo in questione, s'insegnava che, sotto questo aspetto, la democrazia non gode di un privilegio speciale. I 'sillonisti', che pretendono il contrario, o si rifiutano di ascoltare la Chiesa o hanno della giustizia e dell'uguaglianza un concetto che non è cattolico” (5).
5. La Chiesa cattolica non trova difficoltà nell'accordarsi con le diverse forme di governo Dall'Enciclica Dilectissima nobis (3-6-1933), di Pio XI: “La Chiesa cattolica, non essendo in modo alcuno legata a una forma di governo più di un'altra, fatti salvi i diritti di Dio e la coscienza cristiana, non trova difficoltà nell'accordarsi con le diverse istituzioni politiche, siano monarchiche o repubblicane, aristocratiche o democratiche” (6).
6. La vera democrazia non è incompatibile con la monarchia Dal radiomessaggio di Natale del 1944 di Pio XII: “La democrazia, intesa in senso largo, ammette varie forme e può attuarsi così nelle monarchie come nelle repubbliche. (...) “Lo Stato democratico, sia esso monarchico o repubblicano, deve, come qualsiasi altra forme di governo, essere investito del potere di comandare con un'autorità vera ed effettiva” (7).
7. La Chiesa cattolica ammette ogni forma di governo che non si opponga ai diritti divini e umani Dall'allocuzione nel Concistoro segreto straordinario (14-2-1949) di Pio XII: “La Chiesa cattolica (...) ammette qualsiasi forma di governo, purché non si opponga ai diritti divini ed umani. “Tuttavia, in caso di opposizione, i vescovi e gli stessi fedeli consapevoli del loro dovere, devono resistere alle leggi ingiuste” (8).
8. Per determinare la struttura politica di un Paese è necessario tener conto delle circostanze di ogni popolo Dall'Enciclica Pacem in terris (11-4-1963) di Giovanni XXIII: “Non si può stabilire una norma universale su quale sia la migliore forma di governo, né sui sistemi più adeguati per l'esercizio delle funzioni pubbliche, sia nella sfera legislativa che in quelle amministrativa e giudiziaria. In realtà, per determinare quale debba essere la struttura politica di un Paese, o il procedimento adatto per l'esercizio delle funzioni pubbliche, è necessario tenere molto conto della situazione attuale e delle circostanze di ogni popolo; situazione e circostanze che mutano in funzione di luoghi e di epoche” (9).
9. La Chiesa non ha preferenze per sistemi politici o soluzioni istituzionali Dall'Enciclica Sollicitudo rei socialis (30-12-1987) di Giovanni Paolo II: “La Chiesa (...) non propone programmi economici o politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell'uomo sia debitamente rispettata e promossa ed a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo” (10). Dall'Enciclica Centesimus annus (1-5-1991) di Giovanni Paolo II: “La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell'ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l'una o per l'altra soluzione istituzionale o costituzionale. Il contributo che essa offre a tale ordine è proprio quella visione della dignità della persona, la quale si manifesta in tutta la sua pienezza nel ministero del Verbo incarnato” (11).
10. La struttura fondamentale della comunità politica, frutto del genio di ogni popolo e della marcia della sua storia Dalla Costituzione Gaudium et spes (1965) del Concilio Vaticano II: “Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che costituiscono la società civile sono consapevoli della sua insufficienza ad ottenere una vita pienamente umana e percepiscono il bisogno di una più ampia comunità, nella quale tutti coniughino quotidianamente le loro forze in vista di una migliore ricerca del bene comune. Perciò, costituiscono una società politica secondo tipi istituzionali diversi. La comunità politica nasce dunque per cercare il bene comune, nel quale si trova la sua piena giustificazione e il suo senso, e dal quale deriva la sua legittimità primigenia e propria. (...) “Le modalità concrete per le quali la comunità politica si dà la struttura fondamentale e l'organizzazione dei poteri pubblici possono essere differenti, secondo il genio di ogni popolo e la marcia della sua storia. Ma devono sempre tendere a formare un tipo di uomo colto, pacifico e benevolo in rapporto agli altri, a vantaggio dell'intera famiglia umana” (12). * * *
San Tommaso d'Aquino (Zurbarán) 11. La monarchia costituisce per se stessa il miglior regime, essendo quello che più facilmente favorisce la pace Oltre ai testi pontifici sopra citati come testimonianze della Dottrina sociale della Chiesa in materia, giudichiamo opportuno aggiungere altri testi rappresentativi del pensiero di san Tommaso d'Aquino sullo stesso argomento, tenendo presente il posto privilegiato che la dottrina di quel santo Dottore occupa nell'insegnamento cattolico tradizionale. Afferma san Tommaso d'Aquino nel De regimine principum: “Fatte queste premesse [cioè, gli uomini debbono vivere in società e, dunque, è indispensabile che siano governati rettamente da un capo] è opportuno ricercare che cosa sia più utile ad una provincia, o ad una città: se essere governata da molti o da uno solo. Questo si può scoprire partendo dallo stesso fine del governo. “L'intenzione di qualsiasi governante deve essere rivolta a procurare il benessere dei governati. È compito proprio del nocchiero, per esempio, condurre integra la nave al porto di salvezza, preservandola dai pericoli del mare. “Ora il bene della moltitudine associata è che si conservi la sua unità, ossia la pace; poiché, quando questa venga a mancare, finisce l'utilità della vita sociale, perché la moltitudine in disaccordo è dannosa a se stessa. “Dunque il reggitore della moltitudine deve tendere soprattutto a procurare l'unità della pace. “E non c'è bisogno di discutere se si debba mantenere la pace nella moltitudine a lui soggetta: sarebbe come se un medico volesse discutere se si debba guarire il malato che gli è affidato. Nessuno infatti deve discutere il fine al quale deve tendere, ma solo i mezzi occorrenti al fine. Perciò l'apostolo (Efes. IV, 3), nel raccomandare l'unità del popolo fedele, dice, 'Siate solleciti a conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace'. “Un governo dunque sarà tanto più utile quanto più sarà efficace nel conservare l'unità della pace. Infatti diciamo che è più utile ciò che conduce maggiormente al fine. Ora, è evidente che quanto è uno per essenza può garantire l'unità più di molti individui, così come la causa più efficace del riscaldamento è ciò che è caldo per natura. Perciò è più utile il governo di uno solo che quello di molti. “Inoltre, è evidente che persone diverse in nessun modo possono conservare una collettività, se sono del tutto in disaccordo fra loro. Infatti, perché possano governarla in qualche modo, è necessaria fra loro una certa unione; allo stesso modo che più persone non riuscirebbero a dirigere una nave in un'unica direzione, se in qualche maniera non fossero unite. Ora, di più soggetti si dice che si uniscono in quanto si avvicinano all'uno. Dunque governa meglio uno solo che diversi che si avvicinano all'unità. “Ancora: le cose che sono conformi alla natura si trovano nelle condizioni migliori; la natura infatti opera il meglio in ogni singola cosa. Orbene, ogni governo naturale dipende da uno solo. Nell'insieme delle membra una soltanto le muove tutte: il cuore. E fra le parti dell'anima una sola facoltà principale presiede : la ragione. Anche le api hanno un solo re e in tutto l'universo un solo Dio è Creatore e governatore di tutte le cose. E questo avviene secondo ragione. Infatti ogni moltitudine deriva dall'unità. Perciò, se è vero che le cose dovute all'arte devono imitare quelle dovute alla natura, e l'opera dell'arte è tanto migliore quanto più è simile alla natura, ne consegue di necessità che tra le collettività umane la migliore è quella che è governata da uno solo. “E questo emerge anche dall'esperienza. Infatti le province o le città che non sono governate da uno solo sono travagliate dai dissensi e si agitano lontane dalla pace, cosicché sembra adempiersi ciò che il Signore lamenta per bocca del Profeta Geremia (XII, 10): 'I molti pastori hanno devastato la mia vigna'. Invece le province e le città governate da un solo re godono la pace, fioriscono nella giustizia e sono allietate dall'abbondanza dei beni. Perciò il Signore come grande dono al suo popolo promise che gli avrebbe dato un solo capo e che ci sarebbe stato un solo principe in mezzo a loro.” (13) A questa spiegazione del Dottore Angelico, l’eminente tomista padre Victorino Rodríguez O.P. (14) aggiunge la seguente chiosa, che arricchisce con altri testi dello stesso san Tommaso: “Preferenza per il governo monarchico per preservare la pace sociale. È indubbio che la pace, nel suo senso positivo e dinamico di 'tranquilla libertà' (Cicerone, II Philipp., c. 44) o 'tranquillità dell'ordine' (S. Agostino, De Civitate Dei, XIX, 13, 1) è fattore primordiale del bene comune, per non dire sintesi di tutti i suoi elementi integranti, aspirazione di qualsiasi governo onesto. Ora, la pace, in quel che ha di ordine e unità, ha naturalmente un vincolo più diretto e stretto a una forma unitaria o monarchica di comando, che con altre forme di governo più pluralistiche o diversificate. È un aspetto di preferenza per la forma di Stato monarchico bene sottolineato in questi capitoli: per ragioni intrinseche di unità, per analogia con l'ordine naturale, per quello che insegna la storia e per la sua conformità col governo teocratico. Più avanti vedremo in che senso un governo democratico ha i suoi vantaggi per ciò che riguarda la pace sociale. “Riguardo l'aspetto qui sottolineato, [san Tommaso] ci lasciò un'altra pagina splendida nella Summa Theologica, I, 103, 3: 'Il migliore governo è quello fatto da uno solo. La ragione di questo è che governare non è altro che dirigere le cose governate al loro fine, che consiste in un bene. Ora, l'unità è nell'essenza della bontà, come prova Boezio nel III De Consolatione, per il fatto che così come tutte le cose tendono al bene, allo stesso modo tendono all'unità, senza la quale non possono esistere, poiché una cosa esiste solo in quanto è una; perciò vediamo che le cose resistono alla loro divisione per quanto possono e che la loro disintegrazione proviene dalla deficienza del loro essere. Di conseguenza, l'intenzione di chi governa una moltitudine è l'unità o la pace. Ora, la causa propria dell'unità è ciò che è uno, poiché è chiaro che molti non possono unire e conciliare ciò che è diverso se non stanno in un qualche modo uniti. Pertanto, ciò che è essenzialmente uno può essere meglio e più facilmente causa di unità, che non molti riuniti. Concludendo, la moltitudine è meglio governata da uno che non da molti.’” (15)
12. Il miglior modo di moderare e rafforzare la monarchia è circondarla di aristocrazia e democrazia A proposito del pensiero di san Tommaso d'Aquino sulla forma mista di governo, commenta il padre Victorino Rodríguez O.P.: “Il regime misto, forma teoricamente ottimale di governo. In quest'opera [De Regimine Principum], e concretamente in questo capitolo VII, dopo aver analizzato i tre tipi di forma di governo (monarchia, aristocrazia, democrazia), san Tommaso propende per la forma monarchica, sebbene caratterizzata da potere moderato per evitare un assolutismo tirannico: 'Simul etiam sic ejus temperetur potestas, ut in tyrannidem ne facili declinare non possit' [Si deve temperare il suo potere, affinché non possa scivolare facilmente verso un governo tirannico]. Quest'idea di moderazione del potere del monarca lo portò a plasmare, in opere posteriori, la teoria del regime misto come forma ottimale di governo: il miglior modo di moderare e rafforzare la monarchia è circondarla di aristocrazia e di democrazia. Mi limito a trascrivere i due testi che mi sembrano fondamentali e sufficientemente chiari al riguardo: 'Non è comprensibile che dalle due forme peggiori di governo (tirannia e democrazia (16) o demagogia) possa uscirne una ottimale. Si agisce molto meglio se si fanno entrare diverse forme di governo corrette nel governo della città, poiché quanto più sia misto meglio sarà, prendendone parte un maggior numero di cittadini' (In Politicorum, lect. VII, n 247). “Dicono alcuni che il migliore governo della società è quello costituito da una sorta di miscela dei regimi già citati (monarchia, aristocrazia e democrazia). La ragione è che in questo modo un regime si modera con la presenza di un altro, dando meno occasioni alle sedizioni, perché tutti partecipano al governo della società, comandando il popolo in certe cose, in altre cose l'aristocrazia e in altre il Re” (Ivi, n 245)” (17).
13. Una Costituzione democratica deve recepire e proteggere i valori della fede cristiana, senza i quali non potrà sostenersi Tenendo conto delle peculiari circostanze dei nostri giorni, è opportuna una ponderata valutazione del cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, in un'intervista concessa al giornale “El Mercurio” di Santiago del Cile 12-6-1988): “Alexis de Tocqueville già segnalò circa 150 anni fa che la democrazia può sussistere soltanto se preceduta da un determinato ethos. I meccanismi democratici funzionano solo se questo è, per così dire, ovvio e indiscutibile, e soltanto così tali meccanismi si convertono in strumenti di giustizia. Il principio della maggioranza è tollerabile se a quella maggioranza non è concessa la facoltà di fare tutto a suo arbitrio, poiché sia la maggioranza che la minoranza devono unirsi nel comune rispetto ad una giustizia che obbliga entrambe. Ci sono, di conseguenza, elementi fondamentali previ all'esistenza dello Stato che non sono sottomessi al gioco della maggioranza e della minoranza, e che devono essere inviolabili per tutti. “Il problema è: chi determina questi 'valori fondamentali'? Chi li protegge? Questo problema, così come Tocqueville lo segnalava, non si pose nella prima democrazia americana come un problema costituzionale, perché esisteva un certo consenso cristiano fondamentale – protestante - assolutamente indiscusso e che si considerava ovvio. Questo principio si nutriva della convinzione comune dei cittadini, convinzione che stava al di sopra di qualsiasi polemica. Tuttavia, che succede se non esistono più queste convinzioni? Sarà possibile dichiarare, per decisione della maggioranza, che qualcosa che fino a ieri si riteneva ingiusta adesso è di diritto, e viceversa? A questo proposito, dichiarò Origene nel III secolo: se nel Paese degli Sciti l'ingiustizia si converte in legge, allora i cristiani che lì vivono devono agire contro la legge. È facile applicare questo al secolo XX: quando, durante il governo del nazionalsocialismo, si dichiarò che l'ingiustizia era legge, finché durasse questo stato di cose, un cristiano era obbligato ad agire contro la legge. 'Si deve ubbidire a Dio prima che agli uomini'. Ma come incorporare questo fattore al concetto di democrazia? “In ogni caso, è chiaro che una costituzione democratica deve difendere, nella qualità di fondamento, i valori provenienti dalla Fede cristiana, dichiarandoli inviolabili, precisamente in nome della libertà. Una tale salvaguardia del diritto sussisterà di sicuro solo se viene custodita dalla convinzione di un grande numero di cittadini. Per questa ragione, è di suprema importanza per la preparazione e conservazione della democrazia, preservare ed approfondire quelle convinzioni morali fondamentali, senza le quali essa non può sussistere”. Note: 1) Pii VI P. M. Acta, Typis S. Congr. de Propaganda Fide, Romae 1871, vol. II, p. 17. 2) Acta Sanctae Sedis, Typis Polyglottae Officinae, Romae 1881, vol. XIV, p. 5. 3) Acta Sanctae Sedis, Typis Polyglottae Officinae, Romae 1885, vol. XVIII, pp. 162, 174. 4) Acta Sanctae Sedis, Ex Typographia Polyglotta, Romae, 1891-92, vol. XXIV, p. 523. 5) Acta Apostolicae Sedis, Typis Polyglottis Vaticanis, Romae, 1910, vol. II, pp. 618-619. 6) Acta Apostolicae Sedis, vol. XXV, n 10, 5/6/1933, p. 262. 7) Discorsi e radiomessaggi di S.S. Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. VI, pp. 238, 240. 8) Discorsi e Radiomessaggi di S.S. Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. X, p. 381. 9) Acta Apostolicae Sedis, vol. V, n° 5, 20/4/1963, p. 276. 10) Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1988, § 41. 11) Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1991, § 47. 12) Sacrosanctum Oecumenicum Concilium Vaticanum II, Constitutiones, Decreta, Declarationes, Typis Polyglottis Vaticanis, 1974, pp. 801, 802, 803. 13) S. Tommaso d'Aquino, La politica dei prìncipi cristiani (De regimine principum), Ed. Cantagalli, Siena 1981, l. I. c. 2, pp. 19-21. 14) Fedele discepolo del celebre padre Santiago Ramirez O.P., suo maestro in filosofia scolastica, ha pubblicato più di 250 titoli fra articoli e libri su argomenti filosofici e teologici. Fra le sue opere rileviamo Temi chiave di umanismo cristiano e Studi di antropologia teologica. Il padre Victorino Rodríguez, attualmente Priore del monastero di Santo Domingo el Real di Madrid, è stato professore nella Facoltà di teologia di Santo Stefano a Salamanca e ordinario nella Pontificia Università della stessa città. Attualmente è professore nel Consiglio superiore di Investigazioni scientifiche di Madrid, membro della Reale Accademia dei Dottori della stessa città e della Pontificia Accademia Romana di Teologia. 15) In S. Tomás de Aquino, El Régimen Politico, Fuerza Nueva Editorial, Madrid 1978, pp. 37 e 39. 16) Riguardo al termine democrazia, chiarisce il padre Victorino Rodríguez O.P.: "Questo senso peggiorativo della democrazia nell'opera De Regimine Principum viene mantenuto nei commenti ai libri dell'Etica e della Politica di Aristotele, ove quella è chiamata anche governo 'plebeo', governo 'popolare', governo 'dei poveri', in cui la maggioranza numerica dei cittadini s'impone sulla minoranza più qualificata e di conseguenza l'opprime ingiustamente (ne deriva il senso peggiorativo di tale democrazia). (...) Tuttavia, nella Somma Theologica, quando si fa allusione alle forme di governo (ad es. 1-IIae, 95, 4; II-IIae, 61, 2), solamente la tirannia risulta come forma scorretta di governo e non l'oligarchia né la democrazia, che possono essere più o meno corrette" (op. cit., pp. 31 e 33). 17) Op. cit., pp. 61 e 63. |