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Plinio Corrêa de Oliveira
Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana
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APPENDICE I Il trinomio rivoluzionario Libertà, Uguaglianza, Fratellanza: la parola di diversi Papi
È capitato che abbiamo cominciato a scrivere questo libro nell'anno del bicentenario della Rivoluzione francese. Impedimenti di ogni sorta hanno costretto l'autore a numerose e lunghe interruzioni, in modo che è stato possibile concluderlo solo tre anni dopo. Tuttavia, questo rinvio può essere ritenuto felice, poiché un buon numero delle tematiche qui trattate sono state oggetto preponderante delle riflessioni e delle mete che i rivoluzionari di allora avevano in vista. Riflessioni e mete, del resto, che si rispecchiano nelle violenze da loro compiute, nelle ingiustizie commesse, nelle tumultuose riforme realizzate. Le commemorazioni del bicentenario della Rivoluzione francese hanno riacceso considerevolmente in tutto il mondo la rievocazione di questa grande convulsione. Di questa rievocazione perdurano echi che ancor oggi danno alla tematica di questo libro un'attualità maggiore di quella che aveva prima del bicentenario. Non è quindi da meravigliarsi se la citata Rivoluzione è ritornata, più di una volta nelle pagine di questo libro, alla memoria dei lettori che amano riflettere sui temi storici. A loro sarà dunque venuto in mente il famoso trinomio rivoluzionario Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Per soddisfare nei lettori un eventuale desiderio di approfondire la tematica, pubblichiamo qui i testi pontifici riguardanti questo trinomio, oltre a quelli già citati (1).
1. Libertà illimitata e uguaglianza assoluta: idee insensate ed anzi mostruose Nella lettera decretale del 10 marzo 1791 al cardinale de la Rochefoucauld e all'arcivescovo di Aix-en-Provence, sui princìpi della Costituzione civile del clero, così si esprime Pio VI: “Si decreta dunque in questa Assemblea (l'Assemblea Nazionale francese) che è un diritto stabilito che l'uomo riunito in società goda di illimitata libertà, di modo che non deva essere per natura disturbato in ciò che riguarda la religione e che ha arbitrario diritto di pensare, parlare, scrivere e persino pubblicare ciò che vuole sull'argomento religioso. Queste mostruosità, secondo loro, deriverebbero ed emanerebbero dall'uguaglianza degli uomini fra loro e dalla libertà di natura. Ma si può pensare qualcosa di più insensato dello stabilire tale uguaglianza e libertà fra tutti, fino al punto di non tener conto per nulla della ragione, con la quale la natura dotò specialmente il genere umano e per la quale esso si differenzia dagli altri animali? Quando Dio creò l'uomo e lo pose nel Paradiso delle delizie, non lo minacciò forse della pena di morte, se mangiasse dell'albero della scienza del bene e del male? Non gli limitò forse fin da allora la libertà con questo primordiale precetto? E dopo, quando l'uomo si rese colpevole di disubbidienza, non gli impose forse un maggior numero di precetti, per mezzo di Mosé? E sebbene lo 'avesse lasciato padrone del suo stesso libero arbitrio', perché potesse meritare in bene o in male, tuttavia gli aggiunse 'comandamenti e precetti, affinché, se li avesse osservati, lo salvassero' (Eccl. 15, 15-16). “Da dove viene poi questa libertà di pensiero e di azione, che i decreti dell'Assemblea attribuiscono all'uomo riunito in società come se fosse diritto immutabile della natura stessa? (...) Dato che l'uomo fin dalla nascita ha bisogno di sottomettersi ai suoi maggiori per poter essere governato e istruito, e per poter ordinare la sua vita secondo le norme della ragione, dell'umanità e della religione, allora è certo che dalla nascita di ognuno è nulla e vana questa decantata uguaglianza e libertà fra gli uomini. ‘È necessario che siate sottomessi' (Rom. 13, 5). Di conseguenza, perché gli uomini si potessero riunire in società civile, fu necessario costituire una forma di governo in virtù della quale i diritti della libertà fossero circoscritti dalle leggi e dal potere supremo dei governanti. Ne deriva ciò che sant'Agostino insegna con queste parole: 'È quindi un patto universale della società umana l'ubbidire ai suoi Re' (Confessioni, I. III, c. VIII, op. ed. Maurin, vol. I, p. 94). Ecco perché l'origine di questo potere dev'essere cercato non tanto in un contratto sociale quanto in Dio stesso, autore di ciò che è retto e giusto” (2).
2. Libertà e Uguaglianza diffuse dalla Rivoluzione francese: idee ingannevoli disseminate da perfidissimi filosofi Pio VI condannò più volte la falsa concezione della Libertà e dell'Uguaglianza. Nel Concistoro segreto del 17 giugno 1793, citando le parole dell'Enciclica Inscrutabile Divinae Sapientiae del 25 dicembre 1775, dichiarò ciò che segue: “'Questi perfidissimi filosofi osano anche di più: dissolvono tutti quei vincoli con i quali gli uomini si uniscono tra loro e ai loro superiori mantenendosi nel compimento del dovere. E vanno gridando e proclamando fino alla nausea che l'uomo nasce libero e non è sottomesso all'imperio di nessuno e che di conseguenza la società non è altro che un insieme di uomini stupidi, la cui imbecillità si prosterna davanti ai sacerdoti dai quali vengono ingannati, e davanti ai Re, dai quali vengono oppressi; sicché la concordia tra il sacerdozio e l'impero non è altro che una mostruosa cospirazione contro l'innata libertà dell'uomo'. A questa falsa e ingannevole parola di Libertà, questi tracotanti padroni del genere umano agganciarono un'altra parola ugualmente fallace: l'Uguaglianza. Sarebbe cioè come se fra gli uomini che si riuniscono nella società civile, per il fatto di essere sottomessi a varie disposizioni d'animo e di muoversi in modo diverso e incerto, ognuno secondo l'impulso del proprio desiderio, non ci dovesse più essere qualcuno che, con l'autorità e con la forza, prevalga, obblighi e governi, richiamando ai loro doveri quelli che si comportano in modo sregolato, affinché la stessa società, per l'impeto così temerario e contraddittorio di innumerevoli passioni, non cada nell'anarchia e si dissolva completamente; similmente a quanto accade con l'armonia, che si compone della consonanza di molti suoni e che, se non è costituita dalla combinazione di corde e di voci, si perde in rumori disordinati e completamente dissonanti” (3).
3. L’abuso della Libertà e dell'Uguaglianza conduce al socialismo e al comunismo Nella sua Enciclica Nostis et nobiscum, dell'8 dicembre 1849, Pio IX denuncia: “Per quanto riguarda questa perversa dottrina e sistema [che allontana i popoli italiani dall'ubbidienza al Papa e alla Santa Sede], è risaputo che la sua meta principale è quella di introdurre nel popolo, abusando dei termini di Libertà e di Uguaglianza, queste perniciose invenzioni del comunismo e del socialismo” (4).
4. L’uguaglianza cristiana “non sopprime ogni distinzione tra gli uomini, ma fa' sì che la varietà delle condizioni e dei doveri della vita formi un'ammirevole armonia e una specie di concerto” Dall'Enciclica Humanum genus di Leone XIII, contro la Massoneria, del 20 aprile 1884, rileviamo il seguente passo: “Approfittiamo a bella posta di quest'adeguata occasione per rinnovare la raccomandazione, già da noi fatta, secondo la quale si deve propagare e consolidare il Terz'Ordine di san Francesco. (...) Fra gli innumerevoli vantaggi che se ne possono attendere, c'è uno che primeggia su tutti gli altri: quest'associazione è una vera scuola di libertà, di fratellanza e di uguaglianza, non secondo il modo assurdo con cui i massoni intendono questi termini, ma come Gesù Cristo vuole arricchire con esse il genere umano, e come san Francesco le mise in pratica. Parliamo qui dunque della Libertà dei figli di Dio, in nome della quale ci rifiutiamo di ubbidire ai padroni iniqui che si chiamano Satana e le cattive passioni. Parliamo della Fratellanza, che ci lega a Dio come Creatore e Padre di tutti gli uomini. Parliamo dell'Uguaglianza che, stabilita sulle fondamenta della giustizia e della carità, non sopprima ogni differenza tra gli uomini, ma faccia sì che la varietà delle condizioni e dei doveri della vita formi un'armonia ammirevole e una sorta di concerto dal quale traggono naturalmente vantaggio gli interessi e la dignità della vita civile” (5).
5. Una filosofia che la Chiesa è ben lontana dall'approvare Nella Lettera Apostolica Notre charge apostolique, del 25 agosto 1910, nella quale condanna il movimento francese della sinistra cattolica Le Sillon di Marc Sangnier, san Pio X così analizza il celebre trinomio: “Il Sillon ha la nobile preoccupazione per la dignità umana. Ma questa dignità viene compresa a modo di certi filosofi che la Chiesa è ben lontana dall'approvare. Il primo elemento di questa dignità è la Libertà, intesa nel senso che, tranne che in materia di religione, ogni uomo è autonomo. Da questo principio fondamentale, esso trae le seguenti conclusioni: oggigiorno il popolo è sotto tutela, sotto un'autorità che gli è estranea e dalla quale si deve liberare: emancipazione politica. Il popolo è sotto la dipendenza di padroni che, possedendo gli strumenti di lavoro, lo sfruttano, l'opprimono e l'umiliano; perciò deve scuoterne il giogo: emancipazione economica. Infine, esso è dominato da una casta chiamata dirigente, alla quale lo sviluppo intellettuale assicura una preponderanza indebita nella direzione degli affari; perciò deve sottrarsi alla sua dominazione: emancipazione intellettuale. Il livellamento delle condizioni, secondo questo triplice punto di vista, stabilirà tra gli uomini l'Uguaglianza, e questa Uguaglianza è la vera giustizia umana. Un'organizzazione politica e sociale fondata su questa duplice base, Libertà e Uguaglianza (alle quali ben presto verrà ad aggiungersi la Fratellanza), ecco quello che essi chiamano la Democrazia. (...) “In primo luogo, in politica, il Sillon non abolisce l'autorità; al contrario, la ritiene necessaria; ma vuole parteciparla, o per dir meglio vuole moltiplicarla in tal modo che ogni cittadino diventi una sorta di Re. (...) “Fatte le debite proporzioni, avverrà lo stesso nell'ordine economico. Sottratto ad una classe particolare, il patronato sarà moltiplicato in tal modo che ogni operaio diventerà una sorta di padrone. (...) “Ecco quindi il fattore capitale, il fattore morale. (…) Strappato alla strettezza dei suoi interessi privati ed elevato agli interessi della sua professione, e più in alto, fino a quelli della nazione intera, e ancora più in alto, fino a quelli dell'Umanità (l'orizzonte del Sillon infatti non si ferma alle frontiere della Patria ma si estende a tutti gli uomini fino ai confini del mondo), il cuore umano, allargato dall'amore del bene comune, abbraccerebbe tutti i compagni della stessa professione, tutti i compatrioti, tutti gli uomini; ed ecco qui la grandezza e la nobiltà umana ideale, realizzata dal celebre trinomio: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. (...) “Questa è, in sintesi, la teoria, si direbbe il sogno, del Sillon” (6). San Pio X s'inserisce dunque nella scia dei suoi predecessori, che da Pio VI condannarono gli errori suggeriti dal motto della Rivoluzione francese.
6. I princìpi rivoluzionari del 1789 contenevano la somma di tutti gli insegnamenti dei falsi profeti Benedetto XV, nel promulgare il decreto sull'eroicità delle virtù del Beato Marcellino Champagnat (7), l'11 luglio 1920, pronunciò l'allocuzione dalla quale riportiamo i seguenti passi: “Basta infatti volgere il pensiero agli inizii del secolo decimonono per riconoscere che molti falsi profeti erano apparsi in Francia, e di là miravano ad estendere anche altrove la malefica influenza delle loro perverse dottrine. Erano profeti che si atteggiavano a vindici dei diritti del popolo, preconizzando un'era di libertà, di fraternità, di uguaglianza; e chi non li avrebbe detti ammantati a guisa di agnelli 'in vestimentis ovium'! “Ma la libertà preconizzata da quei profeti apriva l'adito non al bene ma al male; la fraternità predicata da quei profeti non salutava Iddio come unico padre dei fratelli; e l'uguaglianza annunziata dagli stessi profeti non poggiava sull'identità dell'origine, non della comune redenzione, ne sulla non diversa destinazione di tutti gli uomini. Ahimè erano profeti che predicavano una uguaglianza distruttrice della differenza di classi voluta da dio nella società; erano profeti che dicevano fratelli tutti gli uomini, per togliere l'idea della soggezione degli uni agli altri: erano profeti che proclamavano la libertà di fare il male, di chiamar luce le tenebre, di confondere il falso col vero, di preferire quello a questo, di sacrificare all'errore ed al vizio i diritti e le ragioni della giustizia e della verità. “Non è malagevole intendere che quei profeti, presentatisi in vesti di agnelli, intrinsecamente, ossia nella realtà, dovevano apparire lupi rapaci: 'qui veniunt ad vos in vestimentis ovium, intrinsecus autem sunt lupis rapacis' [si avvicinano a voi con pelli di pecore, ma sono in realtà lupi rapaci]. “E qual meraviglia che contro questi falsi profeti dovesse risuonare una parola terribile: guardatevene! 'Attendite a falsis prophetis'. “Marcellino Champagnat sentì quella parola; anzi comprese che non era detta solo per lui, e pensò di farsi eco di quella parola medesima presso quei figli del popolo, che egli sapeva più esposti a cader vittime dei principi dell'ottantanove, a motivo della propria inesperienza e della ignoranza dei genitori in cose di religione.(...) “'Attendite a falsis prophetis': ecco le parole che praticamente ripeteva chi voleva arrestare la fiumana di errori e di vizii che, per opera della Rivoluzione francese, minacciava di allagare la terra. 'Attendite a falsis prophetis': ecco le parole che spiegano la missione abbracciata da Marcellino Champagnat, ecco le parole che non devono essere poste in oblio da chi si faccia a studiare la vita di lui. “Non è priva di interesse la constatazione del fatto che Marcellino Champagnat, nato nel 1789, fu destinato a combattere, nella loro pratica applicazione, quei principi che appunto, dall'anno della sua nascita, ebbero nome, e ottennero triste e dolorosa celebrità. “A giustificare l'opera sua gli sarebbe bastato di continuare la lettura dell'odierno Vangelo, perché un semplice sguardo, volto alle piaghe che i principi dell'ottantanove avevano aperte nel seno della civile e religiosa società, avrebbe dimostrato che quei principi contenevano la somma degli insegnamenti dei falsi profeti: 'a fruetibus corum cognoscetis eos'. (...) “All'incremento delle case dei 'Piccoli Fratelli di Maria', e al buon indirizzo dei giovani in esse accolte, non fu estranea la SS.ma Vergine con un suo simulacro prima apparso, poscia sparito e finalmente ritrovato. Fu veramente meraviglioso quel primo incremento, e solo ebbe spiegazione dall'incremento successivo, che prima del decimo lustro dalla fondazione, fece sorgere un giorno in cui cinquemila alunni del nuovo Istituto davano salutare istruzione a cento mila fanciulli, sparsi in tutte le regioni dell'orbe. “Il Venerabile Champagnat, se con lume profetico aveva scorto un così mirabile effetto, avrebbe forse lamentato il troppo gran numero di fanciulli rimasti ancora nell'ombra della morte e nelle tenebre dell'ignoranza; avrebbe anzi deplorato di non aver potuto meglio impedire il nefasto sviluppo del pessimo seme sparso dalla Rivoluzione francese. Nondimeno un doveroso sentimento di gratitudine a Dio pel bene fatto dalla Congregazione da Lui fondata, l'avrebbe obbligato a dire che, come i cattivi frutti di alcuni profeti a lui contemporanei aveva argomentato la falsità di questi, così dai buoni frutti arrecati dall'opera sua poteva di questa argomentare la bontà: 'Igitur ex frutibus eorum cognoscetis eos” (8).
7. Concetti cristiani che avevano assunto un'insegna anticristiana, laica e irreligiosa Nella sua visita a Frascati, il 1 settembre 1963, facendo riferimento all'opera che in quella città svolse san Vincenzo Pallotti, Paolo VI fece le seguenti considerazioni sulla Rivoluzione francese e il suo motto Libertà, Uguaglianza, Fratellanza: “Siamo nel periodo successivo alla Rivoluzione francese con tutti i disastri e le idee disordinate e caotiche e nello stesso tempo frementi e ancora fiduciose, che quella rivoluzione aveva posto negli uomini del secolo antecedente. C'era grande bisogno di mettere ordine e, si direbbe, di staticizzarlo, di renderlo saldo come deve essere. Nel contempo si notava il fermento di qualche cosa di nuovo; c'erano delle idee vive, delle coincidenze fra i grandi principi della rivoluzione, che null'altro aveva fatto se non appropriarsi di alcuni concetti cristiani: Fratellanza, Libertà, Uguaglianza, progresso, desiderio di sollevare le classi umili: Adunque, tutto questo era cristiano, ma ora aveva assunto un'insegna anticristiana, laica, irreligiosa, tendente a snaturare quel tratto del patrimonio evangelico, inteso a valorizzare la vita umana in un senso più alto e più nobile” (9).
8. Idee fondamentalmente cristiane; ma i primi che le formularono non si riferivano all'alleanza dell'uomo con Dio Nell'omelia alla Messa tenuta all’aeroporto Le Bourget, a Parigi, il 1 giugno 1980,Giovanni Paolo II ha affermato: “Cosa non hanno fatto i figli e le figlie della vostra nazione per la conoscenza dell'uomo, per esprimere l'uomo mediante la formulazione dei suoi diritti inalienabili! Si sa il posto che le idee di libertà, uguaglianza, fratellanza occupano nella vostra cultura, nella vostra storia. In fondo, sono delle idee cristiane. Lo dico consapevole del fatto che quelli che hanno formulato per primo questo ideale, non si riferivano all'alleanza fra l'uomo e l'eterna saggezza; ma volevano agire per l'uomo” (10).
9. Movimento storico trascinato da un'ondata impetuosa di violenza e di odio religioso Nell'udienza in cui ha ricevuto i pellegrini di Angers, in occasione della beatificazione di Guglielmo Repin e compagni, il 20 febbraio 1984, Giovanni Paolo II ha dichiarato: “So che la Rivoluzione francese - soprattutto nel periodo del 'Terrore' - ha fatto fra voi molte altre vittime nell'Ovest, a migliaia, ghigliottinati, fucilati, affogati, morti nelle prigioni di Angers. Solo Dio conosce i loro meriti, il loro sacrificio, la loro fede. La diocesi e la Santa Sede non hanno potuto esaminare che un numero limitato di casi, in cui la testimonianza del martirio era meglio nota e più trasparente per le sue motivazioni religiose.(...) “Il loro arresto [del Beato Repin e novantotto compagni], la loro condanna certamente si inseriscono in un contesto politico di contestazione di un regime che, a quell'epoca, rifiutava tanti valori religiosi. Anche se questo movimento storico era stato ispirato da sentimenti generosi - libertà, uguaglianza, fratellanza - e da un desiderio di necessarie riforme, esso si trovò trascinato in uno scatenarsi di rappresaglie, violenze e odio religioso. Ciò è un fatto. Lasciamo agli storici il compito di qualificare i suoi eccessi” (11). * * * Il lettore noterà forse in questi testi, qua e là, un'apparente contraddizione fra i pronunciamenti dei diversi Papi che hanno parlato del trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Quest'impressione si diluisce se si tiene conto del fatto che, considerata rettamente e in se stessa - e quindi alla luce dei princìpi cattolici - ogni parola di quel trinomio designa concetti degni di approvazione. Questo è ciò che alcuni Papi si sono impegnati a mettere in rilievo. Tuttavia, in generale, i pensatori e gli scrittori che prepararono la Rivoluzione francese, nonché gli uomini di azione che ordirono il tremendo sconvolgimento politico-sociale che scosse la Francia a partire dal 1789, e più ancora i libellisti e demagogiche la portarono sulle strade per spingerla a compiere tante ingiustizie e crimini così terribili, non intendevano in questo modo quelle parole. Essi infatti si slanciarono a corpo morto per demolire la religione, in odio ad ogni autorità legittima e negando furiosamente ogni disuguaglianza, perfino quelle giuste e necessarie. Elogiare il trinomio Libertà, Uguaglianza, Fratellanza in se stesso, non significa approvare gli errori radicali e assurdi che i rivoluzionari, considerati in blocco, sottintendevano con quelle parole. Errori questi che si manifestarono in tutte le loro sfumature in quell'ultimo ed estremo slancio della Rivoluzione francese, che fu l'insurrezione comunista di Babeuf (12). Quest'insurrezione lasciava intravedere fino a che profondità era incubato nella Rivoluzione del 1789 il virus comunista - sintesi di errori religiosi, filosofici, politici, sociali ed economici - che ha provocato le innumerevoli disgrazie morali e materiali in cui oggi si dibattono i popoli dell'Est europeo. Una delle insidie di maggior successo nella Rivoluzione francese è stata precisamente quella di gettare nella confusione molti spiriti semplici e sprovveduti, etichettando con parole oneste e persino lodevoli una congerie mostruosa di errori dottrinali e di avvenimenti criminali. Così, molti di questi spiriti sono stati portati ad accettare come buone in radice le dottrine della Rivoluzione francese, sebbene il più delle volte i fatti rivoluzionari siano stati gravemente riprovevoli. Altri pensavano che le dottrine che generavano tali fatti non potevano essere meno riprovevoli, deducendone che il trinomio inculcato come sintesi di queste dottrine perverse era anch'esso degno della stessa ripulsa. Tutta questa dannosa confusione nella quale si trovavano gli uni e gli altri ebbe – e continua ad avere - una vita lunga, poiché va dissipandosi con lentezza; e sopravvive ancora nei nostri giorni. Va notato che certi Papi, nel rivolgersi ad un pubblico in larga parte disorientato, si sono impegnati a rettificare certi giudizi unilaterali e troppo severi sul trinomio così astutamente manipolato. A loro volta, altri preferirono evitare che l'innocenza intrinseca dei termini dello stesso trinomio ingannasse il pubblico sull'essenziale perversità della grande convulsione della fine del secolo XVIII, la quale attraversò il secolo XIX e quasi tutto il XX, usando le etichette di socialismo o comunismo e che oggi nel suo contenuto più autentico sta morendo nell'Est europeo. 0 meglio: sta metamorfosizzandosi alla ricerca di nuove parole, nuove formule, nuove insidie per raggiungere le sue finalità radicalmente atee, anzi forse panteiste, e ad ogni modo assolutamente e universalmente ugualitarie. Note: 1) Cfr. Capitolo III, 4. 2) Pii VI Pont. Max. Acta, Typis S. Congreg. de Propaganda Fide, Roma 1871, vol. I, pp. 70-71. 3) Pii VI Pont. Max. Acta, Typis S. Congreg. de Propaganda Fide, Roma 1871, vol. II, pp. 26-27. 4) Acta Pii IX, Typis Rev. Camerae Apostolicae, Roma 1865, pp. 50 ss. 5) Acta Sanctae Sedis, ex Typ. Polyglotta S. C. Prop. Fide, Romae, 1906, vol. XVI, p. 430-431. 6) Acta Apostolicae Sedis, 31.8.1910, Typis Polyglottis Vaticanis, Romae, vol. II, pp. 613-615. 7) Il Beato Marcellino Giuseppe Benedetto Champagnat, fondatore della Società dei Fratelli Maristi, nacque il 20 maggio 1789, morì il 6 giugno del 1840, e fu beatificato da Pio XII il 29 maggio 1955. 8) L'Osservatore Romano, 12-13/7/1920, 2a. edizione. 9) Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1963, vol. I, p. 569. 10) Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, 1980, vol. III, I, p. 1589. 11) Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, 1984, vol. VII, I, pp. 447-448. 12) François-Noël Babeuf, (1760-1797) - Rivoluzionario francese, capeggiò il movimento della “Congiura degli Eguali” che agì durante l'inverno del 1795-96, costituendo “il primo tentativo di far entrare il comunismo nella realtà”. Pubblicò il “manifesto degli Eguali” che predicava la comunione dei beni e dei lavori e che fu “la prima forma di ideologia rivoluzionaria della società nuova nata dalla stessa Rivoluzione. Col babevismo, il comunismo, fino ad allora fantasia utopistica, si eresse a sistema ideologico; con la congiura degli eguali entrava nella storia politica” (Albert Soboul, La Révolution Française, Gallimard, Paris 1962, vol. 2, pp. 216 e 219). Sul ruolo svolto da Babeuf nella continuità del movimento rivoluzionario, Marx afferma nella sua opera blasfemamente intitolata La sacra famiglia: “Il movimento rivoluzionario che iniziò nel 1789 nel circolo sociale, che ebbe per rappresentanti principali nel corso della sua evoluzione Leclerc e Roux e finì per soccombere temporaneamente con la cospirazione di Babeuf, aveva fatto esplodere l'ideologia comunista che Buonarroti, amico di Babeuf, reintrodusse in Francia dopo la Rivoluzione del 1830. Quest'ideologia sviluppata in tutte le sue conseguenze costituisce il principio del mondo moderno” (Cfr. François Furet, Dictionnaire critique de la Révolution Française, Flammarion, Paris 1988, p.199). Il movimento di Babeuf fu combattuto dal governo del Direttorio ed egli fu arrestato e giustiziato nel 1797. |