Plinio Corrêa de Oliveira

 

Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana

 

 

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Marzorati Editore, 1993

ISBN 88-280-0129-1

Per richieste dell'opera in formato cartaceo: www.atfp.it


CAPITOLO VII 

Genesi della nobiltà

La sua missione nel passato e nel presente 

Il punto di massima insistenza di Pio XII

 

 

Castello di Saumur (Les très riches heures du Duc de Berry)

 

Per l'uomo comune del nostro tempo, lo studio delle allocuzioni di Pio XII al Patriziato ed alla Nobiltà romana suscita molte questioni, tanto più in quanto il pubblico si mostra oggi, non di rado, sorprendentemente disinformato su questa classe sociale, sulle sue origini, sulla sua missione, sulle varie caratteristiche assunte nel corso dei secoli, come pure sul ruolo che essa deve svolgere nei nostri giorni e in futuro.

Ora, nelle sue allocuzioni, quel memorabile Pontefice non intese trattare della nobiltà in tutti i suoi aspetti, in modo da esaurire l'argomento. Né ciò deve meravigliare, dato che il pubblico a cui egli si rivolgeva era prettamente nobile, e conosceva, per sua natura, quei numerosi dati dottrinali e storici sull'istituzione nobiliare, che il grande pubblico di oggi ignora.

I lettori di questo studio potranno essere ecclesiastici o nobili, ma anche membri della grande, media o piccola borghesia.

Abbiamo pertanto ritenuto conveniente offrire in questo capitolo, al lettore perspicace ma non completamente informato, un insieme di dati sulla nobiltà che soddisfino il suo interesse ma che difficilmente avrebbe trovati riuniti in un'opera di facile reperimento. Bisogna poi aggiungere che questo capitolo presenta una visione d'insieme, o meglio, un insieme di visioni panoramiche di vari argomenti di speciale interesse per il nostro lettore.

In questo modo il capitolo contiene numerose considerazioni su temi diversi, il che spiega il fatto che è il più lungo del libro. Per non renderlo ancora più esteso, abbiamo deciso di non includervi che il minimo indispensabile di citazioni.

 

1. La sfera privata e il bene comune 

a) I gruppi umani - I capi 

In qualsiasi gruppo umano esistente nella sfera privata, l'esercizio dell'autorità conferisce un rilievo più o meno grande al suo titolare. È quanto succede, ad esempio, con il capofamiglia - e, per partecipazione, con sua moglie - con il presidente di una associazione, con il professore, con il dirigente di una squadra sportiva, etc.

 

* Requisiti intellettuali del detentore dell'autorità 

L'esercizio di tale autorità esige essenzialmente che il suo titolare abbia una nozione chiara e precisa delle finalità e del bene comune del gruppo sul quale opera, nonché una lucida conoscenza dei mezzi e delle tecniche di azione necessarie al raggiungimento di questo bene.

Non basta tuttavia che il detentore di tale potere, nella sfera privata, sia dotato di  queste qualità che risiedono tutte nell'intelligenza.

Certo, egli deve sapere. Ma deve anche comunicare quello che sa e convincere, nella misura del possibile, quelli che dissentono. Per quanto ampi siano i poteri di un tale capo, per quanto drastiche possano essere le penalità istituite dalle norme del gruppo sociale per chi gli disubbidisca, per quanto onorifici e remunerativi possano essere i compensi offerti a chi gli ubbidisca, tutto questo non basterà al capo per farsi ubbidire. È imprescindibile che esista un consenso profondo e stabile, fra lui ed i suoi subordinati, sulle mete che egli mira a raggiungere e sui metodi che sceglie; come anche deve esistere, da parte dei subordinati, una seria fiducia nella sua capacità di impiegare efficacemente questi metodi e di raggiungere queste mete, il tutto al fine di conseguire il bene comune.

 

* Requisiti della volontà e della sensibilità 

Neppure basta al capo che sappia solo persuadere con argomentazione logica impeccabile. Gli sono necessarie altre qualità che appartengono al campo della volontà e della sensibilità.

Innanzitutto il capo, dirigente o leader - quale che sia il titolo col quale viene designato dal gruppo - deve essere provvisto di un penetrante senso psicologico. Questa qualità richiede l'esercizio simultaneo dell'intelligenza, della volontà e della sensibilità. Una persona superintelligente, ma abulica e insensibile, normalmente manca di senso psicologico persino per conoscere i dati elementari della sua stessa mentalità; quanto più di quella degli altri: coniuge, figli, allievi, impiegati, etc.

Ora, per un capo privo di senso psicologico è difficile persuadere e coordinare, in vista del bene comune, non solo le intelligenze ma anche le volontà.

Eppure nemmeno questo senso psicologico basta. Bisogna che il detentore dell'autorità, o semplicemente della leadership, disponga anche di una ricchezza di sensibilità sufficiente per dare a quello che dice il sapore del reale, del sincero, dell'autentico, dell'interessante, dell'attraente, insomma di tutto quanto spinge quelli che gli devono obbedienza a seguirlo volentieri.

Questo, molto sommariamente tratteggiato, è l'elenco delle qualità senza le quali chi dirige un gruppo sociale privato non possiede le condizioni normali per svolgere fruttuosamente la sua missione.

 

* Il capo nelle circostanze eccezionali, sia propizie che avverse 

Ma il buon senso ci mostra che talvolta il retto ordine viene alterato nei gruppi privati per via di circostanze eccezionali, sia propizie che avverse.

Il capo di valore medio rischia di perdere - per incapacità di essere alla loro altezza - ottime occasioni che ha scorto in modo incompleto o che non ha scorto affatto. Perciò le lascia sfuggire o ne approfitta solo parzialmente.

Inoltre egli rischia di danneggiare seriamente il gruppo che dirige, o persino di rovinarlo, se non sa discernere il pericolo non appena esso si affaccia all'orizzonte, valutarne il grado di dannosità ed eliminarlo definitivamente il più presto possibile.

L'ottimo capo è quello che, nelle situazioni eccezionali, favorevoli o sfavorevoli, e da queste stimolato, cresce in tutte le sue qualità a misura della grandezza di tali eccezionalità, mostrandosi così superiore alle circostanze. 

 

Ultimo Comandante della Guardia Nobile, principe Mario del Drago

 

* Utilità e opportunità di questa sistematizzazione di nozioni 

Nulla di nuovo in quanto detto. Ma la sommaria sistematizzazione di queste nozioni di mero buon senso giace sepolta in numerose mentalità in questi giorni di confusione. Essa era quindi preliminarmente necessaria per comprendere facilmente quanto diremo.

 

b) Primato e nobiltà del bene comune - Come si distingue dal bene individuale - Gruppi privati il cui bene comune ha carattere trascendente, regionale o nazionale 

Quanto ai gruppi di qualsiasi tipo esistenti nella sfera privata, il loro bene comune non consiste solo in ciò che è bene per questo o quell'individuo, ma in ciò che è bene per la totalità delle persone che costituiscono il gruppo.

Indubbiamente, questo bene, essendo di ordine più elevato del mero bene individuale, è ipso facto anche più nobile.

 

* Importanza delle società di sfera privata per il bene comune della regione, della Nazione e dello Stato 

Vi sono tuttavia casi in cui il bene di una società di diritto privato non si limita soltanto a procurare il proprio bene, ma si eleva a un livello più alto.

Un esempio può illustrare questa verità.

In un'Università, appartenente non allo Stato ma ad una fondazione o associazione secolare - come ce ne sono state e ce ne sono ancora tante nell'Europa e nelle Americhe - è frequente che si configuri uno stile di vita, di ricerca, di pensiero, di parlare e d’insegnare, un insieme di peculiarità intellettuali modellate specificamente nello stesso stile, gli stessi impulsi religiosi, patriottici, artistici e - nel senso più ampio del termine - culturali. Insomma, un identico e stabile patrimonio di valori che una generazione di professori e di alunni riceve dalla precedente, conserva, perfeziona e trasmette alla successiva. La tradizione universitaria, conservata in questo modo, costituisce un preziosissimo bene spirituale per le successive generazioni di maestri e alunni; essa segna profondamente la vita degli ex-alunni e forma un tipo umano specifico che, a sua volta, può caratterizzare l'intero ambiente della città la cui vita gira intorno all'Università.

È ovvio che una tale istituzione, per quanto appartenga al mero campo privato, costituisce un bene comune della regione e, secondo i casi, perfino del Paese in cui opera.

L'esempio di certe istituzioni private, come nel caso di un'Università, aiuta a capire pienamente ciò che è il bene comune regionale o nazionale. Infatti, la loro stessa rilevanza, ipso facto, le avvicina a questo bene comune, del quale ricevono una certa quale nobiltà che non si confonde con la mera, e d'altronde indiscutibile, dignità delle istituzioni integranti del settore esclusivamente privato.

 

* Una particolarissima società nella sfera privata: la famiglia 

Beninteso, tra tutte le società private, nessuna ha carattere così fondamentale, nessuna è, per la nazione e per lo Stato, fonte di vita così autentica ed effervescente quanto la famiglia. Non abbiamo detto nulla su di essa fino a questo punto, rinviando ad ulteriori considerazioni (1).

Vediamo dunque come la forza d'impatto e l'influenza delle istituzioni private possono segnare profondamente la vita politica della nazione - e perfino lo stesso ordinamento internazionale - impedendo, in questo modo, che il Paese cada in mano a meri gruppi di avventurieri. Questa influenza e forza d'impatto risultano, in larga misura, dall'intensità, dalla vitalità, dalla coesione e dalla continua tendenza al miglioramento che animano queste istituzioni.

 

c) La nazione e lo Stato nascono dalla sfera privata - La pienezza del bene comune 

* La formazione delle nazioni e delle regioni 

Quando un insieme di persone fisiche, di gruppi sociali e di persone giuridiche dediti al bene privato - o contemporaneamente al bene privato e a quello comune – giungono a coagularsi in un tutto nettamente distinto da quanto ne rimane estraneo, e giungono a costituire una realtà autonoma di carattere etnico, culturale, sociale, economico e politico; e quando, a sua volta, questo complesso non si lascia assimilare o federare da altri gruppi più ampi, questo tutto costituisce ipso facto una nazione. E il bene comune di questa nazione - che, politicamente organizzata, costituisce uno Stato - aleggia (2) sul bene comune di ciascuno dei gruppi che la costituiscono, come a sua volta il bene di ciascuno di questi aleggia sul bene di ogni individuo.

Analoga affermazione si potrebbe fare sulla regione. Essa è una realtà territoriale e, allo stesso tempo, un insieme di elementi costitutivi, simili a quelli della nazione. Da questo punto di vista, la differenza tra regione e nazione sta nel fatto che la regione non comprende la globalità degli elementi costitutivi di una nazione, ma solo una importante parte di questi elementi. La differenza tra le varie regioni di una nazione sta nel fatto che tali elementi costitutivi sogliono variare, ora più, ora meno, da una regione all'altra.

Un paragone può forse contribuire a chiarire l'argomento. Le regioni si differenziano tra loro e dalla Nazione come i bassorilievi si differenziano nel blocco di pietra in cui sono scolpiti. Una nazione si differenzia dall'altra come una statua da un'altra.

Alle nazioni spetta la sovranità; alle regioni, l'autonomia. Ne sono esempio gli Stati federali che sono sovrani, e si costituiscono in unità federative autonome.

 

* Lo Stato come società perfetta - la sua sovranità e maestà - la sua nobiltà suprema 

Come abbiamo già detto, il bene comune, così inteso, comprende tutti i beni subordinati, senza assorbirli e neanche comprimerli. Il fatto di inglobarli comporta, per lo Stato, una supremazia di missione, di potere e pertanto di intrinseca dignità, adeguatamente espressa dalla parola maestà (3). È normale, per una nazione, costituirsi in un tutt'uno, in società perfetta (4), e quindi sovrana e maestatica, qualunque sia la sua forma di governo.

Questo potere maestatico è, a sua volta, sommamente nobile. Lo stesso fatto di essere sovrano, ossia supremo, gli conferisce una naturale intrinseca nobiltà, superiore a quella dei corpi intermedi situati tra l'individuo e lo Stato.

Ne dà prova tutto quanto abbiamo prima detto. 


Note: 

1) Cfr. Capitolo VII, 2.

2) È bene analizzare più dettagliatamente il significato qui attribuito alla parola aleggiare. Essa indica una preminenza che esiste a beneficio di quelli che costituiscono gli ordini successivamente inferiori. Lo Stato si pone in cima a tutta questa struttura sociale, come il tetto che, pur pesando sulle pareti, le protegge dalle intemperie devastatrici, o come il campanile di un santuario che, in un certo modo, aleggia sul complesso di edifici nel quale è inserito, aumentandone la bellezza e facendo da ponte fra ciò che è terreno e ciò che è celeste, incantando, entusiasmando ed elevando ad alte cime l'animo di coloro sui quali aleggia.

Come il tetto o il campanile, la struttura statale deve avere tutta la stabilità necessaria. Tuttavia, questa stabilità deve coniugarsi con tutta la leggerezza possibile: un chilo in meno dell'indispensabile può mandarla in rovina; un chilo di troppo può comunicare a tale struttura un certo aspetto sgraziato e oppressivo.

3) "Maiestas" deriva da "maior", comparativo di "magnus", che significa "grande" nel senso fisico e morale, molte volte col significato accessorio di forza, di potere, di nobiltà, il che fa di "magnus" un epiteto onorifico o laudativo del linguaggio nobiliare. Lo stesso significato va esteso ai derivati e composti (Cfr. A. Emout - A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine - Histoire des mots, Editions Klincksieck, 4 ed., Paris 1979, p. 377).

4) Dal latino "perfecta", che significa condotta a termine, compiuta, finita.