di Plinio Corrêa de Oliveira
Tradotto dalla rivista “Catolicismo”, San Paolo – Brasile, n° 533, maggio 1995, pag. 9
“Viva Cristo Re!”. Fu questo il grido che, negli anni 20, aprì le porte del Cielo e della gloria eterna a molti martiri della resistenza cattolica in Messico.
Infatti, i martiri Cristeros, che parteciparono eroicamente a questa resistenza, lo lanciarono al momento di essere fucilati dal regime anticattolico contro cui combattevano: un regime tirannico, che chiuse le chiese, perseguitò la religione cattolica e attirò la disgrazia sulla Nazione amata dalla Madonna di Guadalupe.
Luis Segura Vilchis (1903-1927) – il giovane che vediamo nelle fotografie – non fu sottoposto a nessun giudizio. Senza alcun preavviso, fu prelevato dal carcere per affrontare il plotone d’esecuzione. Anche questo giovane lanciò quel glorioso grido, un po’ prima di essere raggiunto dagli spari dei suoi carnefici. Contro lui era stata scagliata l’accusa di cospirare contro la vita dell’empio dittatore Obregón (*).
Nella prima fotografia, vediamo il prigioniero mentre cammina verso il luogo della sua esecuzione, accompagnato da un sinistro funzionario del regime messicano. È sereno come se stesse percorrendo la navata di una chiesa dopo aver ricevuto la Santa Comunione, per l’incontro dell’intimo convivio eucaristico con quel Dio per il quale, tra qualche istante, sarebbe andato a morire.
Puro, virile, nobilmente padrone di se stesso, ben vestito, distinto, e visibilmente dotato di una buona educazione, questo eroe può legittimamente essere considerato un modello di giovane cattolico: serio, generoso, pieno di fede e di coraggio.
Come gli sarebbe stato facile sfruttare le sue numerose doti in modo egoistico, costruendosi uno stile di vita confortevole, mediante una bella carriera. Bastava soltanto che collaborasse con il regime ateo e ugualitario che allora opprimeva la sua patria o, almeno, che non lo combattesse. Tuttavia, a questa prospettiva si opponeva energicamente la sua coscienza di cattolico.
Luis Vilchis si era legato al movimento dei Cristeros e, grazie alla sua vigorosa personalità, al suo fervore e alla sua intelligenza, divenne subito uno dei suoi animatori.
Dei testimoni affermarono che il giovane martire fu informato della sua imminente esecuzione solo quando lo stavano riportando in cella. Con prontezza rispose che i suoi assassini lo avrebbero spedito in Cielo.
Al vedere queste sue disposizioni d’animo, si commossero persino il comandante e i soldati del plotone d’esecuzione.
Vilchis dovette passare vicino al cadavere ancora caldo del celebre beato Padre Pro. Nella prima fotografia, egli fissa lo sguardo su un punto alla sua destra, proprio dove giaceva il corpo del famoso sacerdote gesuita, ucciso pochi minuti prima.
Mentre Vilchis affronta questa situazione, non si nota nelle sue fattezze la sia pur minima contrazione. Non presenta il minimo indizio di panico o di scoraggiamento. La sua fisionomia rimane immutabile mentre contempla la dura realtà che si presenta ai suoi occhi in maniera tanto crudele. Egli sarà la prossima vittima della rivoluzione anticattolica; e i commentatori dell’epoca confermeranno che non si notò alcun cambiamento nel suo placido volto.
Quel dominio di se stesso poteva provenire soltanto da una grazia straordinaria per affrontare il martirio e da una speciale forza spirituale. La sua anima era forte, perché si era preparato con lunghe sofferenze precedenti. Attraverso un’ardua riflessione e meditazione, egli preferì guardare in faccia quella che avrebbe potuto essere la realtà più tragica.
Nei nostri giorni, l’uomo detesta prepararsi al peggio. Preferisce sempre sognare il meglio, immaginare per sé una situazione idilliaca, foriera di ogni cosa buona, senza l’intervento di un qualsiasi male. Egli agisce così per non essere obbligato a riconoscere l’importanza della sofferenza per la propria santificazione.
Quali sono le conseguenze? Quando capita il peggio, l’animo di colui che rifugge dalla sofferenza non regge alla prova. Con il giovane Vilchis così non è stato. Egli si era preparato ad affrontare la realtà più crudele.
“Signori, sono pronto!”, disse Vilchis con fierezza dinanzi ai suoi carnefici, con gli occhi rivolti al cielo. Questo preciso momento è rimasto impresso nell’altra fotografia. Qualche secondo dopo – e con che sicurezza! – egli entrava in un altro Cielo, quello di cui il nostro è appena un simbolo. Che gloria la sua, nell’essere condotto dagli Angeli dinanzi al Trono eccelso di Dio per il vero incontro con Cristo Re – per il Quale aveva appena offerto la vita terrena – e con Maria Santissima, che sorrise così dolcemente a questo suo eroico figlio!
(*) Alvaro Obregón, principale fautore della persecuzione anticattolica nel Messico assieme a Plutarco Elías Calles, fu ritenuto il mandante dell’attentato che ebbe per oggetto l’altare dove veniva custodita l’immagine della Madonna di Guadalupe. Questa risultò indenne, ma l’altare fu parzialmente distrutto.