Verità dimenticate: Il peggiore nemico è chi occulta la verità (del testamento spirituale del Cardinale Luigi Stepinac)

OSSERVATORE ROMANO, 22/23 febbraio 1960, pagina 2

 

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Alojzije Viktor Stepinac (Krašić, 8 maggio 1898 — Krašić, 10 febbraio  1960) arcivescovo e cardinale croata, oggi beato. Sopra, l’eroico Porporato durante il processo-farsa mosso contro di lui dal governo comunista

 

Il testamento spirituale del Cardinale Luigi Stepinac

Com’è noto il defunto eminentissimo cardinale arcivescovo di Zagabria ha lasciato un testamento spirituale diretto ai fedeli dell’arcidiocesi, con salutari ammonimenti e paterne esortazioni.

Il documento testimonia eloquentemente la viva sollecitudine pastorale e il profondo zero apostolico, che animavano il cuore del generoso ed eroico “buon pastore”, quale lo ha definito l’Augusto pontefice [Papa Giovanni XXIII] nell’allocuzione tenuta in occasione della solenne cappella papale, nella Basilica Vaticana, il 17 c.m., in suffragio del eminentissimo membro del sacro collegio.

Durante le onoranze funebri celebrate nella cattedrale di Zagabria, fu data lettura di alcuni brani del testamento (*).

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Ai miei carissimi condiocesani,

La Divina Provvidenza, nei suoi imperscrutabili disegni, mi ha voluto affidare, molti anni addietro, l’onere di Pastore delle anime vostre.

Sono convinto che, allora, nella vostra diocesi, v’erano molti sacerdoti più dotti, più virtuosi e più meritevoli di me, avendo io ricevuto l’ordinazione sacerdotale da appena tre anni mezzo, ed essendo sconosciuto a tutti. Se, oggi, dopo tutto, mi domandassi perché mai il Signore abbia scelto proprio me per questo ufficio, dovrei ricorrere alle parole di San Paolo ai Corinzi: “Iddio ha scelto le cose che il mondo reputa stolte per confondere i sapienti; Dio ha scelto le cose umili e che non sono per distruggere quelle che sono, affinché nessuno si glori al cospetto di Dio” (I Cor., 27, 29).

Dal giorno della mia elezione sono trascorsi molti anni, tutti burrascosi e difficili, ed alla fine la mia fibra ne è stata infranta. Sento che non rimarrò con voi più a lungo. Sono intimamente consapevole che non ero senza difetti, ed ancor più lo sono se tengo presenti le espressioni di San Giovanni: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (I Giov., 1, 8). Se ho fatto del male a qualcuno sinceramente gliene chiedo perdono; ed a quanti me ne hanno fatto, in vita, perdono di tutto cuore. Diversamente non sarei degno di presentarmi dinanzi al Cristo Redentore, il quale sulla croce pregò per i suoi crocifissori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luc. 23, 34).

Nel prendere commiato da voi, miei cari fedeli, ritengo necessario rivolgervi alcune parole, che siano come il mio testamento spirituale. Voglio, infatti, anche dopo la morte, fare quanto posso per tenere lontani da voi i pericoli che vi minacciano, ed aumentare la vostra felicità, per quanto possibile in questa valle di lacrime. Considero ciò tanto più necessario, in quanto che voi, cari condiocesani, costituite buona parte del popolo creato, nel quale la Divina Provvidenza mi ha assegnato il lavoro pastorale; quanto a voi dirò, sarà utile anche agli altri.

In mezzo a noi si sono infiltrati uomini atei, i quali benché in minoranza mentre scrivo sono appena 2%, hanno fatto di tutto per strappare il nome di Dio dalle anime vostre e di farvi – dicono – beati anche senza Dio. Ma io, miei carissimi fedeli,  nel momento di lasciare questo mondo, vi debbo dire di ogni tentativo del genere ciò che disse il profeta Isaia: ”O popolo mio, quelli che ti dicono beato t’ingannano e rovinano la strada che tu dovrai percorrere” (Is. 3, 12). Non avete forse sentito quello che dice il poeta ispirato dal Signore: “Se il Signore non edifica la casa, invano si affaticano quelli che la edificano; se il Signore non protegge la città, invano si vigila la guardia”? (Salmo 126, 1) Voler essere felici senza Dio, significa costruire la torre di Babele, la cui erezione recò ai suoi costruttori la confusione delle lingue e la dispersione per il mondo. Così avverrà in futuro certamente! Ogni tentativo di formare la cultura, la civiltà, il benessere di un popolo senza Dio, significa suggellare la sua perdizione nel tempo e nell’eternità! Perciò, cari figli, anch’io nell’accomiatarmi da voi, vi rivolgo le parole dette da San Paolo ai Filippesi: “State fermi nel Signore, carissimi” (Fil. 4, 1). Solamente nel Signore sta la vostra felicità temporale ed eterna; lontano dal Signore non c’è altro che perdizione. Non è forse vero che anche il figliol prodigo del Vangelo pensò di trovare la felicità, abbandonando la casa paterna? Egli se ne dipartì ricco; ma, dopo, come si trovò? “Egli ben avrebbe bramato togliersi la fame con le ghiande che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava” (Lc. 15,16).

Gli uomini che disprezzano Dio, dunque, vogliono allontanarvi da Lui, ed in tal modo vi degraderanno ad un livello molto basso. L’opera loro è maledetta da Dio; il che si comprende perché: “Il Signore non si lascia deridere” (Gal. 6, 7). Alla fine, invece della felicità che promettono, essi non saranno in grado di offrirvi il minimo necessario all’uomo. Così sempre saràperché la parola di Dio è infallibile. Dice il Profeta: “O Signore, tu sei la speranza d’Israele! Tutti coloro che ti abbandonano saranno confusi, e coloro che si allontano da te saranno scritti nella polvere; perché hanno abbandonato la fonte delle acque vive, il Signore” (Ger. 17, 13).

Il grande e buon Dio non ha abbandonato l’uomo, dopo la caduta nel paradiso terrestre benché lo meritasse. Bensì tanto ha amato il mondo da mandare il Suo Figlio per salvarlo, come dice l’Apostolo. “ci ha liberati nel regno del suo amato figlio” (Col. 1, 13). Questo regno è la Chiesa di Cristo, chiesa cattolica, tanto vetusta quanto la fede cristiana. Essa non ha mutato la sua dottrina neppur di un apice; ma insegna oggi quanto ha ricevuto dai Santi Apostoli. Essa, come sapete, ha la sua sede a Roma e l’avrà sino alla fine del mondo. Là risiedette il primo Vicario di Gesù Cristo nel governo della Chiesa, San Pietro; là risiedono anche i suoi Successori, i  Sommi Pontefici. Voi sapete ciò che Gesù ha detto a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno mai prevarranno contro di essa (Mt. 16, 18). La regola dunque è questa: “Dov’è Pietro, là è la Chiesa di Cristo”.

Miei cari figlioli, rimanete fedeli ad ogni prezzo, anche della vita se necessario, alla Chiesa di Cristo, la quale ha il Successore di Pietro, come supremo Pastore. Voi sapete che i nostri padri ed antenati hanno versato, per secoli, correnti e fiumi di sangue per conservare il sacro tesoro della Fede cattolica, e per rimanere fedeli alla Chiesa di Cristo. Voi non sareste degni del nome dei padri vostri, se permetteste di essere strappati dalla pietra, su cui Cristo ha costruito la Chiesa.

Nel 1941 noi ci preparavamo per celebrare solennemente il 1300º anniversario dei primi legami con la Santa Sede; la guerra ha impedito tale commemorazione. Ma, né guerra o pace, né felicità o sfortuna devono farci vacillare la nostra determinazione di restare fedeli alla Chiesa di Cristo sino alla morte. Dobbiamo ripetere come gli Israeliti, sulle rive del fiume babilonese: “Se ti dimentichiamo, Gerusalemme, si irrigidisca il nostro braccio destro” (Salmo 136, 5). Si fra di voi ci fosse qualcuno, sia laico sia sacerdote, che, anche per un solo istante,  vacillasse su questo punto, che la “sua casa sia lontana da voi”. Direte forse che io giudico troppo severamente? Sarei vostro peggiore nemico se vi celassi la verità. Se parlo così, lo faccio per il vostro maggior bene. Non ha ammonito Gesù: “Badate che nessuno vi seduca”? (Mt., 24, 4).

Infatti, essere separato da Cristo significa essere come il tralcio tagliato dalla vite. La sorte di tale individuo sarà quella descritta da Gesù nell’ultima cena: “Chi non rimane in me sarà gettato via come il tracio sterile che si secca e che viene raccolto e  buttato sul fuoco a bruciare” (Giov., 15, 6).

Fedeltà dunque alla Chiesa cattolica sino alla tomba!

Difficile sarebbe la vita nella famiglia, se vi mancasse la madre. La Chiesa è la grande famiglia di Dio. Dio ha dato una Madre alla sua famiglia, cioè la Beata Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Cari miei fedeli, i nostri padri ed avi hanno costellato la nostra patria di chiese dedicate alla Vergine Santissima. La sua sacra Effigie dominava sugli stendardi dei nostri antenati, quando essi andavano a combattere “per la croce e la libertà”; dinanzi ai suoi altari si inginocchiavano i pentiti implorando dal Signore il perdono dei peccati per intercessione di Colei che è il “rifugio dei peccatori”; in Lei riponevano la loro speranza i nostri avi, in tutti i momenti difficili della vita personale e nazionale. Continuate la tradizione dei vostri padriA ciò, del resto, vi esortano i Supremi Pastori della Chiesa, Maestri supremi della FedeSe con sincero e perenne affetto venerete ed amerete la Madre di Dio, anche per voi si verificherà quanto predice il Saggio “Chi onora la madre sua è simile a colui che accumula tesori” (Ecclesiastico, 3, 5). Solamente l’ateismo comunista è stato capace di inserire perfino nei manuali scolastici bestemmie contro la Madre di Dio; bestemmie che io rimproverai già nel 1946, durante il noto cosiddetto processo, quando con esso si sperava di poter cancellare dalla nostra patria la Chiesa cattolica, con un tratto di penna. Che il Signore non permetta mai che qualcuno di voi imiti questi cattivi nell’insultare la Madre di Dio! Per un tal individuo varrà la parola dello stesso Saggio: “Chi amareggia la vita di sua madre è maledetto dal Signore” (Ecclesiastico, 3, 18).

Infine carissimi figliuoli, essendo Iddio carità, come dice l’Apostolo, amatevi fra di voi! Amatevi sempre fraternamente! Siate un cuore solo ed un’anima sola! Ma amate anche vostri nemici, perché è comandamento di Dio: “Affinché siate figlioli del Padre vostro celeste, poiché Egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt. 5, 45). Dall’’amore per i nemici non vi trattenga la loro malvagità: altro è l’uomo, altro è la sua malizia. L’uomo, dice Sant’Agostino, è opera di Dio, la malizia è opera dell’uomo; ama ciò che Dio ha fatto, e non ciò che l’uomo ha operato.

Ricordatevi qualche volta nelle preghiere anche di me, vostro Pastore nei  tempi difficili, perché il Signore mi usi misericordia. Spero che il misericordioso Gesù mi farà la grazia di poter pregare per sempre in cielo per tutti voi, sino a che esisterà il mondo e durerà la nostra diocesi, perché raggiungiate la meta per la quale Dio vi ha creati.

Krasic, 28 maggio 1957.

+ LUIGI Card. STEPINAC

Arcivescovo di Zagabria

(*) Il titolo ed i neretti sono di questo sito.

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(*) Noi, di questo sito, stiamo alla ricerca del testo INTEGRALE del testamento spirituale del Cardinale (oggi beato) Stepinac. Se qualcuno dei nostri lettori lo trova, ringraziamo in anticipo il suo invio, con tutte le indicazione della fonte da dove è stato pubblicato.

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