Plinio Corrêa de Oliveira
26 gennaio 1980
Guardando la Sacra Sindone, mi colpisce il rigetto e il rifiuto di ciò che Gli è vicino.
Nostro Signore contempla Se stesso, guarda il Padre Eterno, e sa che ai suoi piedi si trova Maria Santissima – cor unum et anima una.
Non vedo, invece, in quelle palpebre chiuse il minimo segno di compassione. Ho l’impressione che quelle palpebre si siano chiuse nel rigetto e nell’orrore del peccato commesso dagli uomini.
Sul Sacro Volto si vedono i segni dei colpi ricevuti. I suoi capelli sono sudici e in disordine. Egli è stato maltrattato in ogni possibile modo. In quelle palpebre, però, si avverte chiaramente la Sua muta protesta, piena di dignità, di fronte a tutto ciò.
Egli aveva detto che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, splendeva come un giglio del campo (Mt. 6, 29). Ebbene, io avrei voglia di dire: “Chi era Salomone con tutta la sua gloria paragonato alla maestà di questo Re? Oh quanto sono poveri e piccoli i gigli del campo! Quanto è povero e piccolo lo stesso Salomone!”.
Oltre al rigetto, io scorgo in quelle palpebre chiuse un’incompatibilità totale con la morte, frutto del peccato, insieme alla ferma decisione di spalancare le porte della morte e varcarle vittorioso!
Io vedo qui la matrice dell’incompatibilità e dell’odio completo contro il male. È una lucida, ferma e serena incompatibilità con i suoi carnefici; un rigetto totale della benché minima condiscendenza con i suoi nemici; una posizione di totale orrore del peccato e di coloro che lo praticano.
Ecco lo stato di spirito che noi dobbiamo avere nei confronti della Rivoluzione.
Nota: Traduzione a cura del sito