Lettera Pastorale sui Problemi dell’Apostolato Moderno (di Mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos – Rio de Janeiro, 1953)

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[I sottotitoli sono di questo sito: L’evoluzione delle eresie e la trappola delle semi-eresie – La formazione dottrinale sarebbe una perdita di tempo? – Lo spirito di fede è necessario a tutti – Senza spirito di Fede, la Fede è in pericoloLa formazione dottrinale dei cristiani è utile anche ai miscredenti – Si può essere troppo tradizionali? – Causa naturale dell’eresia: la natura decaduta – Causa preternaturale dell’eresia: l’azione del demonio. La quinta colonna – L’eresia progredisce mascherata – Importanza della prevenzione: oggi tutti sono minacciati – Forma schematica di questo catechismo – Scopo di questo catechismo: imparare a sventare formule apparentemente innocue – Letture consigliate]

 

D. ANTONIO DE CASTRO MAYER
Per grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica Vescovo di Campos
Al Rev.do Clero Secolare e Regolare, salute, pace e benedizione
in Nostro Signor Gesù Cristo
Amati figli e zelanti Cooperatori,
Tra tutti i doveri che incombono al Vescovo, nessuno supera in importanza quello di guidare le pecorelle che gli furono affidate dallo Spirito Santo al pascolo salutare della verità rivelata.
Questo obbligo urge particolarmente ai nostri giorni. Poiché la incommensurabile crisi in cui si dibatte il mondo, risulta in ultima analisi dal fatto che i pensieri e le azioni degli uomini si sono staccati dagli insegnamenti e dalle norme tracciate dalla Chiesa; e solo col ritorno dell’umanità alla vera fede, potrà tale crisi trovare la sua soluzione.
Importa, quindi, nel più alto grado, lanciare unite e disciplinate tutte le forze cattoliche, tutto l’esercito pacifico di Cristo Re, alla conquista dei popoli che gemono nelle ombre di morte, illusi dall’eresia o dallo scisma, dalle superstizioni dell’antica gentilità o dai molteplici idoli del neo-paganesimo moderno.
Perché questa offensiva generale, tanto desiderata dai Pontefici, sia efficace e vittoriosa, è necessario che le forze cattoliche propriamente dette rimangano incontaminate dagli errori che devono combattere. La preservazione della Fede tra i figli della Chiesa è infatti mezzo necessario e di somma importanza perché sia piantato il Regno di Cristo sulla terra.
L’evoluzione delle eresie e la trappola delle semi-eresie
La storia ci insegna che la tentazione contro la Fede, sempre la stessa nei suoi elementi essenziali, si presenta in ciascuna epoca sotto un aspetto nuovo. L’arianesimo, ad es., che tanta forza di suggestione esercitò nel secolo IV, avrebbe interessato poco l’europeo frivolo e volterriano del sec. XVIII. E l’ateismo dichiarato e radicale del sec. XIX avrebbe avuto deboli possibilità di successo al tempo di Wiclef e di Giovanni Huss.
Inoltre la tentazione contro la Fede suole agire in ciascuna generazione con intensità diversa. In alcune, riesce a trascinare interamente le anime all’eresia. In altre, senza strapparle formalmente e apertamente al grembo materno della Chiesa, le imbeve del suo spirito in modo che, in non pochi cattolici che recitano esattamente le· formule della Fede e pensano, talvolta sinceramente, di dare un’adesione rigorosa agl’insegnamenti del magistero ecclesiastico, il cuore batte all’influsso di dottrine che la Chiesa ha condannate.
È questo un fatto di esperienza comune. Quante volte osserviamo intorno a noi dei cattolici gelosi della propria condizione di figli della Chiesa, che non perdono occasione di proclamare la propria Fede e allo stesso tempo, nel modo di giudicare le idee, i costumi, gli avvenimenti e infine tutto ciò che viene quotidianamente divulgato dalla stampa, dal cinema, dalla radio e dalla televisione, non si distinguono in nulla dagli scettici, dagli agnostici, dagl’indifferenti! Recitano esattamente il «Credo» e nel momento dell’orazione si mostrano cattolici irreprensibili; ma lo spirito che, coscientemente o no, li anima in tutte le circostanze della vita, è agnostico, naturalista, liberale.
Com’è ovvio, si tratta di anime divise da tendenze opposte. Da un lato subiscono in sé la seduzione dell’ambiente del secolo; dall’altro, conservano ancora, talvolta per tradizione familiare, qualcosa dello splendore puro, invariabile, inestinguibile, della dottrina cattolica. E poiché ogni stato di divisione interiore è innaturale per l’uomo, codeste anime si sforzano di ristabilire l’unità e la pace dentro di sé amalgamando in un sol corpo dottrinale gli errori che ammirano e le verità con le quali non vogliono romperla.
Codesta tendenza a conciliare gli estremi inconciliabili, a seguire una linea media tra la verità e l’errore, si manifestò sin dai primordi della Chiesa. Già il Divin Salvatore pose in guardia da essa gli Apostoli: “Nessuno può servire a due padroni». Dopo la condanna dell’Arianesimo, codesta tendenza diede origine al Semi-arianesimo. Dopo la condanna del Pelagianesimo, essa generò il Semi-pelagianesimo. Sfolgorato il Protestantesimo al Concilio di Trento, essa suscitò il Giansenismo. E di qui nacque egualmente il Modernismo condannato da S. Pio X, sintesi mostruosa dell’ateismo, del razionalismo, dell’evoluzionismo, del panteismo, confluenti in una scuola postasi in agguato per pugnalare la Chiesa a tradimento. La setta modernista si prefiggeva lo scopo di restar dentro la Chiesa per deformarne con sofismi, sottintesi e riserve la vera dottrina che fingeva apparentemente d’accettare. È una tendenza, questa, che non è cessata ancora; può dirsi anzi che fa parte della storia della Chiesa. È ciò che si deduce da queste parole del Sommo Pontefice gloriosamente regnante, nel discorso ai Quaresimalisti di Roma nel 1944:
«Un fatto che sempre si ripete nella storia della Chiesa è che quando la Fede e la Morale cristiana si urtano contro forti correnti avverse di errori o di appetiti viziati, sorgono tentativi di vincere le difficoltà con qualche comodo compromesso, o altrimenti di schivarle ed eluderle» (AAS. 36, pag. 73).
La formazione dottrinale sarebbe una perdita di tempo?
Che voi mettiate in guardia i vostri parrocchiani contro lo spiritismo o il protestantesimo o l’ateismo, amati figli e diletti cooperatori, nessuno potrà trovarci a ridire. In questa Lettera Pastorale, tuttavia, vi esortiamo a denunciare le opinioni che, dentro le file degli stessi cattolici, corrompono l’integrità della Fede. Sarete in questo punto egualmente compresi?
A molti, anche dei più devoti, sembrerà che voi perdiate il vostro tempo, mal riuscendo essi a comprendere come voi vi prodighiate a dilucidare la Fede in alcuni che, bene o male, già la posseggono, quando sarebbe preferibile che v’impegnaste nella conversione di altri che giacciono fuori della Chiesa, fuori della sfera del vostro apostolato. Darete insomma l’impressione di colmare di tesori superflui chi già è ricco, mentre lascereste senza pane chi muore di fame.
Ad altri voi sembrerete degl’imprudenti, poiché, essendo già tanto meritoria la professione di cattolico in un secolo così profondamente ostile, correreste il rischio di perdere anche i migliori se voi, non contenti di una tal quale adesione alle linee generali della Fede, sovraccaricaste il fedele con minuzie irritanti.
È di somma importanza, diletti figli e carissimi cooperatori che, in via preliminare, voi illuminiate i vostri parrocchiani intorno a queste due obiezioni. Altrimenti la vostra azione sarà poco efficace e, per la tristezza dei tempi in cui viviamo, il vostro zelo sarà mal compreso. Non mancherà qualcuno che vedrà in esso, non già un impulso naturale della Chiesa – la quale, coi suoi mezzi ufficiali e normali, espelle da sé, in quanto organismo vivente, qualsiasi corpo estraneo -, ma l’azione inintelligente e ostinata di paladini esaltati.
Perciò mostrate anzitutto che la Fede non se contenta di quelle che potrebbero dirsi le linee   generali, ma esige la integrità, la pienezza di sé medesima.
Per farvi meglio capire, recate l’esempio della castità. Qualunque concessione, riguardo a questa virtù, assume il carattere di una macchia oscura e qualsiasi imprudenza   la mette in pericolo tutta intera. V’è chi paragona l’anima pura a una persona in piedi sopra una sfera: finché si mantiene in una posizione di equilibrio, non avrà nulla a temere; ma qualsiasi imprudenza la farebbe precipitare sin nel fondo dell’abisso. Per questo i moralisti e gli autori spirituali sono unanimi nell’affermare che condizione essenziale per conservare l’angelica virtù è una prudenza vigile e intransigente.
Esattamente lo stesso può dirsi in materia di Fede. Finché il cattolico si pone nel punto dell’equilibrio perfetto, la sua perseveranza sarà facile e sicura. Tale punto di equilibrio, tuttavia, non consiste nell’accettazione di quelle che possono essere le linee generali della Fede, ma nella professione di tutta la dottrina della Chiesa: professione che si esprime non solo con le labbra ma con tutta l’anima, includendo essa l’accettazione leale e coerente non soltanto di quel che il Magistero insegna, ma ancora di tutte le conseguenze logiche di tale insegnamento. Perciò è necessario che il fedele possegga quella Fede viva che lo renda capace di umiliare la sua ragione privata di fronte al Magistero infallibile, di discernere con penetrazione tutto ciò che, direttamente o indirettamente, è in contrasto con l’insegnamento della Chiesa.
Se invece si scosterà, per poco che sia, da questa posizione di perfetto equilibrio, comincerà a sentire l’attrazione dell’abisso. E’ quindi una ragione di prudenza e l’interesse del gregge a noi affidato che ci muove a indirizzarvi, diletti figli, questa Lettera Pastorale intorno alla integrità della Fede.
Lo spirito di fede è necessario a tutti
A tal proposito, conviene rilevare ancora un punto della dottrina della Chiesa, del quale non sempre ci si ricorda. Non si pensi che una Fede così illuminata e robusta sia privilegio dei dotti, in modo che solo a questi si possa raccomandare una situazione di equilibrio ideale quale sin qui abbiamo descritto. La Fede è una virtù, e nella Santa Chiesa le virtù sono accessibili a tutti i fedeli, dotti o ignoranti, ricchi o poveri, maestri o discepoli. Ne dà la prova l’agiografia cristiana. Santa Giovanna d’Arco, ignorante pastorella di Domrémy, confondeva i suoi giudici per la sagacia con cui rispondeva alle sottigliezze teologiche di cui quelli si servivano per farla cadere in proposizioni errate e così giustificare la sua condanna a morte. Nel secolo XIX, San Clemente Maria Hofbauer, umile lavoratore, che frequentava, per suo gusto, le aule di teologia dell’illustre università di Vienna, discerneva in uno dei suoi maestri il maledetto lievito del giansenismo, che pure sfuggiva alla percezione di tutti i discepoli e degli altri professori. «Ti rendo grazie, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Luca X, 21). Per avere un popolo saldo e coerente nella sua Fede, non è necessario che ne facciamo un popolo di teologi. Basta che chiunque ami profondamente la Chiesa, si istruisca nelle verità rivelate in proporzione del suo livello generale di cultura e possegga le virtù della purezza e dell’umiltà, necessarie per veramente credere, intendere e gustare le cose di Dio. Parimenti, per avere un popolo veramente puro non è necessario fare d’ogni fedele un moralista. Bastano i principi fondamentali e le cognizioni basilari per la vita ordinaria, principi e cognizioni dettati in gran parte dalla coscienza cristiana ben formata. Per questo vediamo molte volte delle persone ignoranti, dotate d’un criterio, d’una prudenza, d’una elevazione spirituale maggiore che quelle di molti moralisti di consumato sapere.
Ciò che abbiamo finito di dire sulla perseveranza degli individui, vale egualmente  della perseveranza dei popoli. Quando la popolazione d’una diocesi possiede l’integrità dello spirito cattolico, è in condizione d’affrontare, sorretta dalla grazia di Dio, le onde furiose dell’empietà. Ma se non la possiede, se almeno le persone considerate abitualmente come religiose non apprezzano e non cercano di acquistare questa integrità, che v’è a sperare da siffatta popolazione?
Senza spirito di Fede, la Fede è in pericolo
Ripercorrendo le pagine della storia, non si riesce a capire come dei popoli dotati di una Gerarchia numerosa e colta, di un Clero dotto e influente, di illustri e ricchi istituti di insegnamento e di carità, come la Svezia, la Norvegia, la Danimarca nel sec. XVI, siano potute precipitare, da un momento all’altro, dalla professione piena e tranquilla della Fede cattolica nell’eresia aperta e formale, e ciò quasi senza resistenza, o per meglio dire quasi impercettibilmente. Quale la ragione di sì grande disastro? Quando la Fede venne a crollare in questi paesi, ormai, nella generalità delle anime, essa non andava al di là delle formule esteriori, ripetute senza amore e senza convinzione. Pertanto un semplice capriccio di re bastò per abbattere un albero frondoso e secolare. La linfa viva non circolava ormai più, da molto tempo, nei rami e nel tronco. Non esisteva più in quelle regioni lo spirito di Fede.
Tutto ciò comprese con angelica lucidezza San Pio X nella sua lotta vigorosa contro il modernismo, Pastore mitissimo, Egli illuminò la Chiesa di Dio col soave splendore della sua celeste mansuetudine. Non trepidò, tuttavia, nel denunciare gli autori dell’errore modernista dentro la Chiesa e li additò all’esecrazione dei buoni con queste veementi parole: «Non si allontanerebbe dalla verità chiunque li considerasse (i modernisti) come i più pericolosi nemici della Chiesa (Enc. «Pascendi»).
Si può immaginare quanto sia costato al cuore del dolcissimo Pontefice l’adoperare tanta energia. Ma i suoi contemporanei non dubitarono di riconoscere l’insigne servizio reso da Lui, con tale atteggiamento, alla Chiesa. A tal proposito, il grande Cardinale Mercier affermò che, se al tempo di Lutero e di Calvino la Chiesa avesse potuto contare su un Papa della tempra di Pio X, probabilmente l’eresia protestante non sarebbe riuscita a strappare alla vera Chiesa una terza parte dell’Europa.
Per tutte queste ragioni, vedete, diletti figli, quanto sia importante provvedere col maggior zelo a conservare nella pienezza della Fede e dello spirito di Fede i figli della Santa Chiesa.
La formazione dottrinale dei cristiani è utile anche ai miscredenti
Mostrate altresì quanto si ingannino coloro i quali suppongono che il tempo e gli sforzi adoperati nell’illuminare i fedeli nella Fede siano, per così dire, rubati agl’infedeli. Prima di tutto voi potete dimostrare, col vostro esempio e con le vostre parole, che un’attività non è affatto incompatibile con un’altra: «Oportet haec facere et illa non omittere». Inoltre l’integrità della Fede produce nei cattolici tanti frutti di virtù e rende così vivo nella Chiesa il buon odore di Cristo, che attrae efficacemente ad essa gl’infedeli, sicché il bene fatto ai figli della Chiesa gioverà necessariamente a coloro che sono fuori dell’ovile. Infine, uno dei frutti del fervore di Fede, sarà indubbiamente lo zelo apostolico.
Moltiplicare gli apostoli non è forse un recar beneficio agli infedeli?
Pertanto noi non possiamo accettar codesta dissociazione tra il tempo consacrato ai fedeli e agl’infedeli, come se il nostro Divin Salvatore, nel formare gli apostoli e i discepoli, pensasse a beneficare un gruppo di privilegiati e non si curasse della salvezza del resto dell’umanità!
Si può essere troppo tradizionali?
Vi incoraggi a procedere così l’esempio luminoso del Vicario di Cristo. Nessun Papa, forse, ha dovuto affrontare tanti e così poderosi nemici fuori della Chiesa. E tuttavia non è Egli incurante degli «errori che serpeggiano tra i fedeli» (Enc. «Mystici corporis» A. A. S. 35 pag. 197); contro di essi Egli ci ha messi in guardia in una serie di documenti, come l’Enciclica «Mediator Dei», la Costituzione Apostolica “Bis saeculari die”, l’Enciclica “Humani generis” e, più recentemente, l’Allocuzione alle Superiore Generali delle religiose (Cfr. “Atti e Discorsi di Pio XII” vol. XIV, 1952. Edizioni Paoline, Roma), in cui, per una metà abbondante, attribuisce la responsabilità del decrescere delle vocazioni a certi scrittori cattolici, ecclesiastici e laici, che falsano la dottrina cattolica quanto alla preminenza del celibato sullo stato matrimoniale. E più particolarmente, per ciò che riguarda il Brasile, lo zelo della Santa Sede, relativamente ai problemi interni della Chiesa, risulta evidente dalla Lettera della S. Congregazione dei Seminari e delle Università, la cui attenta lettura molto vi raccomandiamo. (1)
(1) L’Ecc.mo Autore, Vescovo di una diocesi brasiliana, fa riferimento a situa­ zioni religiose interne di quel grande paese cattolico, che però sono comuni ad altri importanti paesi. N. d. T.
Adoperandovi a mantenere tra i vostri fedeli lo spirito tradizionale della Santa Chiesa, dovete vigilare perché tale spirito non devii dal suo senso legittimo. Nella presente Pastorale noi consideriamo le esagerazioni dello spirito di conciliazione con gli errori dell’età nostra. Ma a questa cattiva tendenza può opporsi un errore diametralmente opposto. Giova mostrare qual esso sia.
Noi non temiamo propriamente l’esagerazione dello spirito cattolico. In effetti, questo spirito costituisce uno degli elementi essenziali della mentalità cattolica, al quale si richiama con certezza il senso cattolico. Ora il senso cattolico è in sé stesso l’eccellenza della virtù della Fede. Temere che qualcuno abbia un eccesivo senso cattolico vorrebbe dire temere che abbia una Fede eccessivamente eccellente. Quel che conviene evitare è che questo spirito di Fede sia male inteso, che consista in un attaccamento alla mera forma, alla mera apparenza, al mero rito, più che allo spirito che anima e spiega la forma, l’apparenza, il rito. Esagerazioni di questa natura sono possibili; non meritano, però, nella vostra vigilanza un posto così saliente come la propensione esagerata al nuovo, l’avversione sistematica al tradizionale. È quello che sapientemente ha fatto capire la S. Congregazione dei Seminari nella sua lettera all’Episcopato brasiliano: “Il pericolo più urgente, oggi, non è quello di un attaccamento eccessivamente rigido ed esclusivo alla tradizione, ma principalmente quello di un gusto esagerato e poco prudente per ogni e qualsiasi novità che apparisca” (A.A.S. 42, pag. 837). E la S. Congregazione aggiunge con chiaroveggenza: “È certamente allo snobismo per le novità che si deve il pullulare di errori occulti sotto apparenza di verità e, molto frequentemente, con una terminologia pretenziosa e oscura» (Ibidem pag. 839).
Un esempio di malintesa comprensione dello spirito della tradizione può trovarsi nell’“arcaismo” a cui allude il Santo Padre Pio XII nell’Enciclica “Mediator Dei”. Per un attaccamento eccessivo a formule e riti antichi, solo perché antichi, certi liturgisti pretendono ripristinare l’altare in forma di mensa e altre pratiche della Chiesa primitiva. Come se lungo il corso della storia lo spirito della Chiesa non potesse via via esprimersi in nuove forme e nuovi riti, adatti alle diversità di tempo e di luogo.
Gli estremi si toccano e le esagerazioni più opposte tra loro facilmente si alleano contro la verità. Il pericolo di codesto malinteso spirito tradizionale si ritrova il più delle volte nei fautori veri e propri di novità, come Lutero, Giansenio, i promotori del conciliabolo di Pistoia e infine, nel nostro secolo, i Modernisti.
Causa naturale dell’eresia: la natura decaduta
Spiegate bene, amati cooperatori, ai fedeli a voi affidati la genesi di codesti errori. In parte essi nascono dall’insita debolezza della natura umana decaduta. La sensualità e l’orgoglio hanno suscitato sempre e susciteranno sino alla fine dei secoli la rivolta di certi figli della Chiesa contro la dottrina e lo spirito di N. S. Gesù Cristo. Già S. Paolo metteva in guardia i primi cristiani da coloro che, di mezzo a loro stessi, sarebbero sorti a insegnare dottrine perverse, per trascinarsi dietro i discepoli (Atti degli Apostoli XX, 30): “chiacchieroni e ingannatori” (Tito X, 10), “che andranno di male in peggio, traviatori e traviati» (II Timoteo III, 13).
Pensano alcuni, come sembra, che in questi ultimi secoli il progresso della Chiesa sia tale che non si debba più tenere lo irrompere in essa delle crisi suscitate dall’orgoglio e dalla lussuria. Ma, per ricorrere solo ad esempi molto recenti, San Pio X dichiarò nell’Enciclica “Pascendi” che fautori di rivolta, come questi di cui parliamo, non solo erano frequenti al suo tempo ma più frequenti sarebbero stati a misura che ci si incammina verso la fine dei tempi. E, difatti, nell’Enciclica “Humani generis» il S. Padre Pio XII lamenta che “non mancano oggi di quelli che, come ai tempi apostolici, amando la novità più che non sia lecito e temendo altresì di essere tenuti per ignoranti dei progressi delle scienze, tentano sottrarsi alla direzione del sacro Magistero e, per tal ragione, incorrono nel pericolo di allontanarsi insensibilmente dalla verità rivelata e di far cadere altri insieme ad essi nell’errore” (A.A.S. 42, pag. 564).
Causa preternaturale dell’eresia: l’azione del demonio. La quinta colonna
Questa la genesi naturale degli errori e delle crisi di cui trattiamo. Conviene, però, non fermarsi a considerare le sole deficienze della natura decaduta, ma anche l’azione del demonio. A questo è stato lasciato sino alla fine dei secoli il potere di tentare gli uomini in tutte le virtù e, pertanto, anche nella virtù della Fede che è il vero fondamento della vita soprannaturale. Perciò è ovvio che sino alla consumazione dei secoli la Chiesa sarà esposta a interne scosse da parte dello spirito di eresia, né vi è progresso che, per così dire, la immunizzi definitivamente contro codesto male. Con quanto vigore s’impegni il demonio nel produrre tali crisi, è superfluo indicarlo. Orbene, l’alleato che esso riesce a incuneare dentro le schiere dell’esercito fedele è il suo più prezioso strumento di guerra. Formato nelle file dei cattolici il tumore rivoluzionario, le forze si dividono, le energie che dovrebbero essere impiegate interamente nella lotta contro il nemico esterno, si esauriscono in discussioni tra fratelli. E se per evitare tali discussioni i buoni desistono dall’opposizione, maggiore è il trionfo dell’inferno, che può, nel bel mezzo della Città di Dio, piantare il suo vessillo e sviluppare rapidamente e facilmente le sue conquiste.
Se l’inferno, in qualche epoca, cessasse di tentare una manovra così vantaggiosa, sarebbe il caso di dire che in tale epoca il demonio avrebbe cessato di esistere.
Tale è la duplice genesi, naturale e preternaturale, delle crisi interne della Chiesa.
L’eresia progredisce mascherata
Come vedete, le due cause anzidette sono perpetue e, per conseguenza, perpetuo ne sarà l’effetto. In altri termini, la Chiesa avrà sempre da soffrire l’assalto interno dello spirito delle tenebre.
Per chiarimento del vostro apostolato conviene conoscere la tattica che esso adotta. Affinché la sua azione si conservi all’interno, lo spirito delle tenebre ha tutto l’interesse di mascherarla abilmente. L’impostura è la norma fondamentale di chiunque agisce occultamente nel campo dell’avversario. Perciò il demonio, a raggiungere il suo scopo, va insinuando uno spirito di confusione che induce le anime a professare l’errore accortamente dissimulato sotto apparenze di verità. Non aspettatevi, in codesta lotta, che l’avversario emetta sentenze apertamente contrarie a delle verità già definite. Farà ciò soltanto quando si crederà interamente arbitro della situazione. Il più delle volte farà “pullulare errori occulti sotto apparenza di verità, con una terminologia pretenziosa e oscura” (Lettera della S. Congregazione dei Seminari ai Vescovi del Brasile, A. A. S. 42, pagina 839). E il modo di propalare questo pullulare di errori sarà anch’esso velato e insidioso. Il Santo Padre lo descrive così: “Coloro che, o per biasimevole desiderio di novità o per alcun lodevole motivo, propugnano codeste nuove opinioni, non sempre le propongono con la stessa intensità, né con la stessa chiarezza, né con identici termini, né sempre con unanimità di pareri; quello che oggi alcuni insegnano più copertamente, con certe cautele e distinzioni, altri più audaci lo propaleranno domani apertamente e senza limitazioni, con scandalo di molti,  specialmente del Clero giovane, e con detrimento dell’Autorità Ecclesiastica. È costume trattare più cautamente di codeste materie nei libri che sono posti in pubblico, ma già con maggior libertà se ne parla nei fogli distribuiti privatamente, nelle conferenze e nelle riunioni. E tali dottrine non si divulgano solamente tra i membri dell’uno e dell’altro clero, nei Seminari e istituti religiosi, ma anche tra i laici, principalmente tra quelli che si dedicano all’istruzione della gioventù” (Enc. “Humani generis”, A.A.S. 42, pag. 565).
Perciò non dovreste meravigliarvi se a volte foste dei pochi a discernere l’errore in proposizioni che a molti sembrano chiare e ortodosse o, semmai, confuse ma suscettibili di buona interpretazione; oppure se doveste imbattervi in certi ambienti da cui le mezze tinte siano così abilmente disposte da render facile la diffusione dell’errore e difficile il combatterlo. La tattica dell’avversario è stata calcolata col fine preciso di mettere in codesta posizione imbarazzante i suoi oppositori. In tal modo esso riuscirà talvolta a suscitare contro di voi persino l’antipatia di persone che non hanno la minima intenzione di favorire il male. Vi si taccerà di visionari, di fanatici, talvolta di calunniatori. Non fu precisamente questo che dissero in Francia contro San Pio X i pertinaci glorificatori del “Sillon” e di Marco Sangnier? Per paura di queste critiche, indietreggereste voi in faccia all’avversario? Lascereste aperte le porte della Città di Dio? Certamente dovete evitare con cura, agli occhi di Dio, qualunque  esagerazione, qualunque precipitazione, qualunque giudizio temerario. Ma dovete egualmente alzar la voce tutte le volte che l’avversario, camuffato sotto pelle di pecora, si presenta in faccia a voi, non cedendogli un pollice di terreno per il timore che esso vi tacci di eccessi di cui la vostra coscienza non vi accusa.
Così facendo obbedirete alle espresse intenzioni del Santo Padre. In tutti i documenti che ha pubblicato sull’argomento, il Pontefice gloriosamente regnante va accomandando ai Vescovi e ai Sacerdoti di tutto il mondo che istruiscano diligentemente i fedeli perché non si lascino ingannare dagli errori che velatamente circolano in mezzo a loro.
Importanza della prevenzione: oggi tutti sono minacciati
Il metodo d’insegnamento desiderato dalla Chiesa ha da essere preventivo e repressivo insieme. Non pensi un Sacerdote, nella cui parrocchia l’errore non sembra sia penetrato, d’esser perciò dispensato dall’azione. Dato il mascheramento con cui codesti errori si camuffano, dati i procedimenti di divulgazione, procedimenti talvolta impercettibili, di cui si servono i loro fautori, pochi sono i Parroci che possono riposare nella certezza che le loro pecorelle ne siano immuni.
D’altronde, il buon pastore non si appaga di porre rimedi, ma deve sentirsi gravemente obbligato a prevenire. Non siamo come l’uomo di cui ci parla il Vangelo, che dormiva mentre il nemico seminava la zizzania in mezzo al suo grano. Il semplice obbligo di prevenire giustificherebbe gli sforzi che farebbe in questo senso.
Gli errori d cui ci occupiamo avranno talvolta maggiore intensità in un paese, minore in un altro. Nondimeno la loro diffusione nel mondo cattolico è ormai abbastanza larga perché il Santo Padre ne tenga conto nei documenti diretti, non a questa o a quella nazione in particolare, ma ai Vescovi del mondo intero.
Orbene, noi viviamo oggi in un mondo senza frontiere nel quale il pensiero si diffonde celermente, attraverso la stampa e più ancora attraverso la radio, sino agli ultimi confini della terra. Una sentenza falsa che sia sostenuta, ad esempio, in Parigi, può nello stesso giorno essere conosciuta e accettata nei centri più remoti dell’Australia, dell’India o del Brasile. E se pure qualche piccolo luogo ancora esista nel quale l’estrema ignoranza o l’estrema arretratezza crei ostacoli alla penetrazione di qualsiasi pensiero vero o falso, nessuno potrebbe includere in questo caso i centri popolosi della nostra amatissima Diocesi, con a capo la nostra Città episcopale, illustre in tutto il Brasile per il valore culturale dei suoi figli, per l’influsso decisivo che sempre si vantò di esercitare sulla scena politica della Nazione.
Forma schematica di questo catechismo
Una parola ancora sul metodo che adottiamo. Poiché nella sua Lettera ai Vescovi brasiliani la S. Congregazione dei Seminari parlò di una “moltitudine di errori” e poiché di fatto essi sono molto numerosi, una spiegazione e una censura ai principali di essi, in forma discorsiva, sarebbe eccessivamente lunga. Abbiamo preferito perciò una forma schematica. E quindi abbiamo elaborato un piccolo Catechismo delle verità più minacciate attualmente, accompagnata ciascuna dall’errore che le si oppone e da un rapido commento. Per mera convenienza di esposizione abbiamo fatto precedere la sentenza falsa o pericolosa alla sentenza vera. Ma il vostro sforzo nel denunciare l’errore dovrà condurre il fedele alla conoscenza esatta del vero insegnamento della Chiesa. Solo così avremo fatto opera positiva e duratura.
Scopo di questo catechismo: imparare a sventare formule apparentemente innocue
Un’osservazione infine sul modo col quale vengono enunciate nel Catechismo le sentenze false o pericolose. Abbiamo cercato di esprimerle con la maggiore fedeltà possibile, senza toglier loro le parvenze e persino i frammenti di verità che contengono. Solo così può essere utile il Catechismo, poiché solo così dà a conoscere i modi di dire nei quali l’errore suole occultarsi e le parvenze con cui cerca di attrarre il favore dei buoni. Giacché la cosa importante, in questa materia, non consiste già nel provare che una certa sentenza è riprovevole, ma che una certa dottrina falsa è realmente contenuta in questa o in quella formula dall’apparenza innocua o persino attraente.
Anche per questo abbiamo ripetuto diverse formule più o meno equivalenti. Si tratta, insomma, di attirare la vostra vigilanza sulle varie formule in cui lo stesso errore può insinuarsi.
Non sempre abbiano incluso nelle proposizioni delle mere tesi dottrinali. Incontrerete anche formulati in proposizioni dei modi di agire derivanti direttamente dalla dottrina falsa. Come sarà facile vedere, abbiamo avuto la preoccupazione di seguire il consiglio dell’Apostolo: esaminare tutte le cose, tenere quel che v’è di buono (Cfr. 1 Tess. V, 21). Per questo, nelle nostre confutazioni, desideriamo rilevare in tutta la sua estensione la particella di vero che è contenuta nelle tendenze impugnate. Gli è che la Chiesa è Maestra paziente e prudente; la quale condanna con dolore, ma considera patrimonio suo qualunque verità, dovunque la trovi.
Conviene ribadire questo punto. Le verità qui ricordate non sono patrimonio né costituiscono proprietà di nessuna persona, gruppo o corrente. L’ortodossia è un tesoro proprio della Chiesa, del quale tutti dobbiamo partecipare e di cui nessuno ha il monopolio. Perciò i nostri amati Cooperatori, nel diffondere gl’insegnamenti che qui si trovano, li presentino sempre come sono in verità: frutto pieno ed esclusivo della sapienza della Santa Chiesa.
Non è difficile capire che codesti errori, generalmente, rispecchiano, in termini che si sforzano di apparire corretti, delle dottrine che hanno avuto il maggiore influsso nel mondo attuale e che costituiscono le caratteristiche dell’odierno neo­ paganesimo: l’evoluzionismo panteista, il naturalismo, il laicismo, l’egualitarismo assoluto che si innalza, nella sfera politico-sociale, contro tutte le legittime autorità e, nella sfera religiosa mira a sopprimere la distinzione istituita da Gesù Cristo tra Gerarchia e popolo fedele, tra Clero e laicato.
Tali sono, amati figli e carissimi cooperatori, le proposizioni sulle quali desideriamo richiamare la vostra attenzione.
* * *
Per agevolare la vostra azione, noi le abbiamo fatte accompagnare da direttive pratiche che troverete nella seconda parte di questo Catechismo.
Letture consigliate
Nella nostra Pastorale, è evidente, non abbiamo avuto la pretesa di esporre tutta la dottrina cattolica sull’argomento, ma solo alcune osservazioni più opportune. La vostra diligenza, diletti figli, integrerà nelle fonti a vostra disposizione quel che qui non ci è possibile esporre. In modo particolare raccomandiamo la lettura  delle  Encicliche “Pascendi”; “Mystici Corporis Christi”, “Mediator Dei”, “Humani generis”, della Lettera Apostolica “Notre charge apostolique”; della Costituzione Apostolica “Bis sacculari die”, della Esortazione al Clero «Menti nostrae”, e delle allocuzioni e dei radiomessaggi pontifici, specialmente i radiomessaggi natalizi, il radiomessaggio del 23 marzo 1952 intorno alla “Morale nuova” (A. A. S. 44 pag. 270 ss. – vedi Atti e Discorsi di Pio XII, Vol. XIV ed. cit.), il radiomessaggio al Katholikentag di Vienna (ibidem), le allocuzioni alle Associazioni Cattoliche dei Lavoratori Italiani (A. A. S. 40, 331 ss.), ai delegati del Congresso Internazionale di Studi Sociali, riuniti a Roma nel 1950 (A. A. S. 42, 451 ss.), ai membri del nono Congresso dell’Unione Internazionale delle Associazioni Patronali Cattoliche (A. A. S. 41 p. 283 ss.), ai membri del Congresso Internazionale del “Movimento Universale per una Confederazione Mondiale” (A. A. S. 43 p. 278, vedi Atti e Discorsi, vol. cit.), all’Azione Cattolica Italiana e alle Congregazioni Mariane del 3 aprile 1951-(A. A. S. 43, p. 375 e Atti e Discorsi…, vol. XIII), in occasione della chiusura del Congresso Internazionale dell’Apostolato Laico (A. A. S. 43, p. 784 ss., Atti e Discorsi…, vol. XIII), all’Associazione dei Padri di famiglia francesi (A. A. S. 43, p. 730 ss.), alle partecipanti al Congresso dell’Unione Cattolica Italiana delle ostetriche (A. A. S. 43, pag. 835 ss.), alle Superiore Generali degli Ordini e Congregazioni Religiose (Atti e Discorsi…, vol. XIV). Raccomandiamo inoltre la Lettera della Congregazione dei Seminari all’Episcopato brasiliano (A. A. S. 42, pag. 836 ss.), documento chiaroveggente ed equilibrato che ha particolarmente di mira questo problema in quanto esistente nel Brasile.
La parola del S. Padre è sempre benefica ed efficace nel senso di elevare lo spirito ed orientarlo nella vita morale e spirituale. I documenti sopra ricordati sono da noi segnalati perché ripongono nella giusta luce molti punti di ordine sociale, politico e morale che sono oscurati, in conseguenza, specialmente, dell’ultimo conflitto.

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