Il divino Maestro ha certamente predicato la misericordia, ma non l’impunità sistematica del male. Non strappiamo nessuna pagina del santo Vangelo

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In Difesa dell’Azione Cattolica, Plinio Corrêa de Oliveira, Editora Ave Maria, São Paulo, 1943, Quinta Parte – Conferma del Nuovo Testamento, Capitolo singolo

L’importanza di questo capitolo

Nel corso della nostra presentazione, abbiamo citato le Scritture in diverse occasioni, ma il lettore avrà notato che le citazioni dall’Antico Testamento sono state più frequenti di quelle dal Nuovo Testamento.

Questo perché abbiamo deliberatamente riservato un capitolo speciale e più ampio per analizzare i testi del Nuovo Testamento, e in particolare la posizione della dottrina che difendiamo in relazione a questi testi.

Il vantaggio di uno studio speciale a questo proposito è evidente. Esaltiamo le dottrine del combattimento e della forza: combattimento per il bene e forza al servizio della verità. Ma il romanticismo religioso del secolo scorso ha sfigurato a tal punto la vera nozione di cattolicesimo in molti ambienti da farlo apparire, anche ai nostri giorni, come una dottrina molto più degna del “gentile rabbino di Galilea”, di cui parlava Ernest Renan, che del Dio-Uomo che i santi Vangeli ci presentano. Il ritratto di Renan, pur esaltandolo apparentemente, è positivista e blasfemo nei confronti di Nostro Signore, che presenta come quasi-Rotariano nello spirito e nelle opere.

A questo proposito si è soliti affermare che il Nuovo Testamento ha instaurato un regime così soave nei rapporti tra Dio e l’uomo e tra l’uomo e il suo prossimo, che si suppone che ogni senso di lotta e di severità sia scomparso dalla religione. Così gli avvertimenti e le minacce dell’Antico Testamento sono diventati obsoleti e l’uomo è stato liberato da qualsiasi obbligo di temere Dio o di combattere i nemici della Chiesa.

Senza negare il fatto che nella legge della grazia c’è stata un’effusione molto più abbondante della misericordia divina, vogliamo mostrare che a questo evento fortunatissimo viene talvolta attribuito un significato maggiore di quello che ha in realtà. Grazie a Dio, non c’è cattolico (per quanto poco conosca il Nuovo Testamento) che non conosca l’episodio riportato da San Luca, che esprime mirabilmente il regno della misericordia; un regno che nel Nuovo Testamento è più ampio, più costante e più brillante che nell’Antico. Il Salvatore era stato oggetto di insulti nella città di Samaria:

“Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? ’ Ma Gesù si voltò e li rimproverò dicendo: “Non sapete di chi è lo spirito. Il Figlio dell’uomo non è venuto per perdere le anime, ma per salvarle.  Ed essi se ne andarono in un altro villaggio” (Lc 9,54-56).

Che ammirevole lezione di bontà! E quante volte Nostro Signore ha ripetuto lezioni come questa! Incidiamole profondamente nel nostro cuore: ma facciamolo in modo da lasciare spazio ad altri insegnamenti del divino Maestro, non meno importanti. Egli ha certamente predicato la misericordia, ma non ha predicato l’impunità sistematica del male. Se nel Vangelo sembra spesso perdonare, più di una volta sembra anche punire o minacciare. Impariamo da Lui che ci sono circostanze che richiedono il perdono e in cui sarebbe meno perfetto punire; ma che ci sono anche circostanze che richiedono la punizione e in cui sarebbe meno perfetto perdonare. Non cadiamo in un’unilateralità di cui l’adorabile esempio del Salvatore è un’esplicita condanna, perché Egli sapeva usare a volte il perdono e a volte il castigo.

Non dimentichiamo l’evento memorabile che San Luca riporta sopra. Né dobbiamo dimenticare un altro episodio, simmetrico al primo, che è una lezione di rigore che si fonde armoniosamente per formare un insieme perfetto con quello della bontà divina. Ascoltiamo ciò che il Signore dice di Corozain e Betsaida, e impariamo da Lui non solo l’arte divina di perdonare, ma anche quella non meno divina di minacciare e punire:

“Guai a te, Corozain! Guai a te, Betsaida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. [23] E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!(Mt 11,21-24).

Si noti che lo stesso Maestro che non volle mandare il fuoco dal cielo sulla città di cui abbiamo parlato prima, profetizzò per Corozain e Betsaida disgrazie peggiori di quelle di Sodoma! Non strappiamo nessuna pagina del santo Vangelo, ma troviamo elementi di edificazione e di imitazione sia nelle sue pagine oscure che in quelle chiare, perché entrambe sono doni salutari di Dio.

Se nel Nuovo Testamento la misericordia ha aumentato l’effusione della grazia, la giustizia trova, nel rifiuto di queste maggiori grazie, più crimini da punire. Queste due virtù, intimamente legate, si rafforzano a vicenda nel governo di Dio sul mondo. Non è vero, quindi, affermare che nel Nuovo Testamento c’è spazio solo per il perdono e non per la punizione.

Nota: I grassetti sono di questo sito.

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