Trascritto da “Catolicismo”, N. 60, Dicembre 1955, pag. 1-2
Grandi e piccoli riuniti presso la culla del Bambin Gesù.
La Provvidenza volle che il Bambin Gesù ricevesse la visita di tre saggi – i quali secondo una venerabile tradizione erano pure dei re – e di alcuni pastori. Precisamente i due estremi della scala umana dei valori, posto che il re occupa di diritto l’apice del prestigio sociale, dell’autorità politica e del potere economico, e il saggio è la più alta espressione della capacità intellettuale.
Nella scala dei valori il pastore si situa, in materia di prestigio, potere e scienza, nel grado minimo, nel pian-terreno. Orbene, la grazia divina, che convocò al presepio i Re magi dal fondo dei loro distanti paesi, chiamò pure i pastori dal fondo della loro ignoranza. La grazia non fa nulla di errato o incompleto. Se li chiamò e indicò loro come andarci, deve avergli pure insegnato come presentarsi dinanzi al Figlio di Dio. E come si presentarono? Proprio tipicamente come erano.
I pastori ivi andarono portando il loro gregge, senza passare prima da Betlemme per un’acconciatura che camuffasse la loro umile condizione. I Magi si presentarono con i loro tesori – oro, incenso e mirra – senza cercare di occultare la loro grandezza che avrebbe creato contrasto con l’ambiente sommamente umile in cui si trovava il Divino Infante.
La devozione cristiana, espressa da un’abbondantissima iconografia, ha inteso durante secoli, e lo intende ancora oggi, che i tre Re Magi si diressero verso la grotta con tutti loro simboli regali. Il che vuol dire che ai piedi del presepio ognuno deve presentarsi tale quale è, senza maschere né diminuzioni, poiché c’è posto per tutti, grandi e piccoli, forti e deboli, sapienti e ignoranti. Si da soltanto il fatto che ciascuno conosca sé stesso, per sapere dove collocarsi presso a Gesù.