Catechismo delle verità opposte agli errori del nostro tempo, III – Sui metodi di Apostolato (Irenismo, interconfessionalismo, terreno comune, polemiche ecc.)

blankS. Pio X, nella enciclica “Jucunda sane” emanata per il centenario di San Gregorio Magno, elogia questo santo specialmente perché disprezzò i consigli della prudenza della carne, presentandosi nell’austerità di un predicatore di Cristo Crocifisso, come avevano prima fatto gli Apostoli nella Roma dotta, civile e brillante, dove tutto pareva preparato per condannare al fallimento una predicazione fatta in nome di un condannato alla morte di croce.

 

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Importa di più mantenere le anime nella unione della carità che nella unione della verità.
* L’unione della carità è frutto connaturale della unione nella verità. Perciò quel che importa soprattutto è il mantenimento della integrità della fede, senza la quale nessuno può essere gradito a Dio (S. Paolo, agli Ebrei XI, 6).
Spiegazione
Se si ammette una cosa più fondamentale della Fede, si cade necessariamente nella conseguenza che la differenza di religioni è secondaria, e giustificabile pertanto una linea di condotta interconfessionale. In realtà, invece, l’unione nella Fede è capitale a tal segno che noi dobbiamo riconoscerla come valore imprescindibile e dominante nei nostri rapporti non solo con le persone estranee alla Chiesa ma anche con gli stessi suoi figli. A questi noi dobbiamo una carità speciale. Ma se essi si servono della loro condizione di cattolici per diffondere l’errore entro la Chiesa, devono essere pure oggetto di una particolare e viva opposizione da parte nostra. È superfluo notare che anche nell’ardore del combattimento è necessario conservare la carità.
D’altronde, ammessa la sentenza impugnata, sarebbero inesplicabili tutte le battaglie, a volte secolari, che la Chiesa ha combattuto per conservare nel suo seno l’integrità della Fede. Quando si pensa che quelle battaglie portavano con sé persecuzioni, martirii e lacerazioni nel Corpo Mistico di Cristo, si comprende l’importanza capitale che Nostro Signore Gesù Cristo ha dato alla integrità del sacro deposito che Lui stesso ha consegnato alla sua Chiesa.
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L’eretico e il peccatore come persone ben intenzionate ma che hanno errato nella concezione della verità e del bene, non devono essere combattuti o attaccati mai nelle loro idee o costumi, almeno in forma diretta. Tale procedimento li allontanerebbe necessariamente o li indurrebbe alla rivolta. Al contrario, quando siano illuminati con dolcezza, riconosceranno il loro errore e si convertiranno.
* Dio dà a tutti la grazia per riconoscere la verità e il bene, sicché gli errori in buona fede sono in questo punto accidentali, non normali. La vera mansuetudine cristiana, che non implica condiscendenza in materia di Fede e di costumi, è molto più efficace e per sé preferibile nel trattare con gli eretici e i peccatori. Ma quando l’ostinazione resiste all’azione blanda e persuasiva della carità, quando l’arroganza è causa di scandalo al popolo fedele, è necessario il ricorso ai metodi energici e combattivi.
Spiegazione
La proposizione impugnata pecca di semplicismo e di unilateralità. Certamente vi sono eretici, infedeli e peccatori sensibili alle attrattive della soavità cristiana. Sarebbe manifesto errore adoperare con essi una non necessaria energia. Tuttavia vi sono anche – e in certe epoche essi sono sventuratamente molto più numerosi – eretici e peccatori che non possono essere scossi se non dalla energica condanna del loro errore e dal salutare timore dello stato in cui vivono. Tale fu il caso del Profeta Natan con Davide.
In questo argomento, è bene tenere anche in considerazione le diversità di temperamento. Per convertire l’Apostolo delle genti, la Provvidenza, sempre amorosa, credette necessario abbatterlo al suolo. Per altro nell’uso dei metodi di apostolato non si deve tener conto esclusivamente delle convenienze dell’eretico o del peccatore, ma anche e soprattutto della salvezza e della edificazione di quelli che vivono in grazia di Dio. Quando un eretico o un peccatore, in luogo di tenersi umilmente in penombra, si vanta del suo errore e giunge a propagarlo con la parola e con l’esempio, molte volte si rende indispensabile ridurlo al retto sentiero con l’energia. Le Sacre Scritture sono piene di esempi che avvalorano questa dottrina. Così Gesù Cristo con gli scribi e i farisei, San Pietro con Anania e Zaffira, San Paolo con l’incestuoso di Corinto ecc. …
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“Odiai l’errore, amai gli erranti” dice Sant’ Agostino. Perciò si devono attaccare solo gli errori e i peccati, giammai coloro che errano o peccano.
* “Odiai l’errore, amai gli erranti” dice Sant’Agostino. Perciò si deve attaccare l’errore e il peccato, esponendo la dottrina cattolica, combattendo le false dottrine, e mettendo in guardia i fedeli da coloro che errano o peccano. Non v’è in ciò mancanza di carità dato che è opera di misericordia castigare gli erranti e opporre ostacoli alla diffusione dell’errore.
Spiegazione
La sentenza impugnata sembra supporre che ogni castigo agli erranti sia un atto di ostilità contro di essi. La Chiesa insegna, al contrario, che in sé è un’opera di misericordia. Non lo sarà soltanto quando il castigo è dettato dall’odio, dall’invidia o dallo spirito di diffamazione o quando fosse eccessivo o inopportuno.
D’altronde, tutta la storia della Chiesa, prima ancora della sua fondazione, nel periodo di preparazione, sino ai suoi ultimi dottori – San Francesco di Sales ad esempio – è piena di atteggiamenti veementi contro i peccatori e gli eretici. Ricordiamoci del “genimina viperarum” di San Giovanni Battista contro i Farisei e del “sepolcri imbiancati” e “ipocriti” di Gesù Cristo contro il medesimo genere di persone ecc….
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Nel trattare con gl’infedeli e i peccatori, è preferibile passare sotto silenzio quelle verità della dottrina cattolica dalle quali dissentono, e l’austerità dei precetti morali che trasgrediscono, per mettere principalmente in risalto le verità che professano e la soavità dei precetti evangelici. Solo tenendosi sul terreno comune ad ambedue, il cattolico può riuscire ad attrarre la simpatia dell’infedele o del peccatore, e convertirlo.
* La dottrina e la morale della Chiesa sono perfette e atte a suscitare l’ammirazione degli uomini, sia nei loro aspetti difficili, sia nei loro principi consolanti. Per questo fine non manca a nessun uomo l’ausilio interno della grazia. Certamente, in determinate disposizioni di spirito, è più opportuno mettere in rilievo le verità e i precetti più facilmente accettabili. Ma si tratta di situazioni eccezionali. Ordinariamente è necessario insistere su tutti i punti della dottrina cattolica.
Spiegazione
La sentenza impugnata pecca di naturalismo, poiché prescinde dalla grazia divina, la quale rende amabile la croce di Gesù Cristo. Predicando appunto Gesù Cristo Crocifisso gli Apostoli conquistarono il mondo, non già adoperando la tattica del “terreno comune”. Tale è la dottrina del Santo Pio X, come può vedersi dalla enciclica “Jucunda sane” emanata per il centenario di San Gregorio Magno. Il Papa elogia il santo specialmente perché disprezzò i consigli della prudenza della carne, presentandosi nell’austerità di un predicatore di Cristo Crocifisso, come avevano prima fatto gli Apostoli nella Roma dotta, civile e brillante, dove tutto pareva preparato per condannare al fallimento una predicazione fatta in nome di un condannato alla morte di croce.
Si leggano anche le proposizioni 93 e 94 (D. 1443, 1444) di Quesnel condannate da Innocenzo XI. Sono non altro che elogi della mansuetudine e della carità congiunti a disistima della fermezza della fede.
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La polemica tra i cattolici o di questi con gli acattolici, sacrifica necessariamente la carità e perciò è sempre un male. Coloro che fanno polemica, se non sono eretici della verità, lo sono della carità.
* La polemica giusta ed opportuna è uno dei mezzi per fomentare la carità, contribuendo ad unire gli spiriti nella verità. Il non far polemica, quindi, può costituire, in certi casi, quella che vien chiamata “eresia” contro la carità.
Spiegazione
V’’è un presupposto nella sentenza impugnata; ed è che le divergenze di ordine dogmatico siano spregevoli, quando si tratti di tali divergenze che diano luogo a polemiche. Codesto atteggiamento mentale, tipicamente “irenista”, può condurre a un interconfessionalismo teorico con ripercussioni funeste nell’ordine pratico, poiché la sua conseguenza naturale è l’indifferentismo religioso. Esso è implicitamente condannato nella proscrizione della 94a proposizione di Quesnel, come abbiamo visto sopra; giacché questa proposizione incrimina la fermezza della Santa Chiesa; e si trattava, come si sa dalla storia, di fermezza nella Fede, sebbene i giansenisti tacciassero la Santa Sede di esagerazioni nelle sue esigenze.
Se fosse vera la sentenza impugnata, si renderebbe impossibile la lotta contro i nemici esterni della Chiesa, e soprattutto contro i suoi nemici interni, che, rivestendosi della pelle di pecore, mirano a decimare il gregge.
Il Santo Pio X, in una lettera all’Em.mo Cardinale Ferrari, Arcivescovo di Milano, mostra quanto possa esser nociva alla Chiesa tale linea di condotta: “… a coloro che hanno riassunto nei loro scritti tutti gli errori del modernismo, che hanno simulato una sottomissione esteriore a fin di rimanere nell’ovile per propagare più sicuramente i loro errori, che continuano la loro opera nefasta con letture e riunioni segrete, che, in una parola, tradiscono la Chiesa fingendosi amici … Chi non vede la triste impressione e lo scandalo che dà alle anime il fatto di considerare come cattolici codesti miserabili, ai quali, per obbedire all’Apostolo San Giovanni, noi dovremmo rifiutare anche il saluto?” (Disquisizione storica nel Processo di beatificazione e di canonizzazione del Servo di Dio Pio X, pag. 144, presso “Pensée Catholique” n. 23, pag. 80).
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Conviene adoperare la maggiore energia per ridurre quelli che si mostrano intransigenti nella difesa della dottrina cattolica. Non vi è errore più pernicioso della intransigenza della verità.
* L’intransigenza è per la virtù quel che l’istinto di conservazione è per la vita. Una virtù senza intransigenza, o che odii l’intransigenza, non esiste o conserva soltanto l’esteriorità. Una fede senza intransigenza o è già morta o vive solo nella sua parte esterna, avendo perduto lo spirito. Essendo la fede il fondamento della vita soprannaturale, la tolleranza in materia di fede è il punto di partenza per tutti i mali, particolarmente per le eresie.
Spiegazione
Il Santo Pio X segnalava come una delle caratteristiche dei Modernisti una tolleranza estrema verso i nemici della Chiesa e un’intolleranza acerba contro coloro che difendevano energicamente l’ortodossia. V’è, di fatto, in questo atteggiamento una incoerenza flagrante, poiché quelli che fanno sfoggio di tolleranza per tutte le opinioni, dovrebbero tollerare quelli che difendono i diritti dell’intransigenza. D’altronde, codesta contraddizione è comune a tutti gli eresiarchi. Le varie sette si uniscono con grande cordialità, chiudendo gli occhi ai loro punti divergenti, sempre che i tratti di impugnare l’intransigenza della Chiesa in materia di fede. Abbiamo in siffatto atteggiamento un criterio per giudicare dell’importanza che ha per la vita della Chiesa la non tolleranza in questioni dottrinali.
È evidente che gli eccessi della intransigenza, per ciò stesso che sono eccessi, devono essere frenati, poiché ogni eccesso è male. Conviene, tuttavia, non dimenticare le sapienti norme dettate dalla Santa Sede, sotto il pontificato del Santo Pio X, per quel che riguarda il modo con cui correggere questa o quella intemperanza di valenti polemisti cattolici impegnati nella lotta contro l’errore. Scrivendo a Sua Em.za il Card. Ferrari, Arcivescovo di Milano, in relazione al giornale “La Riscossa” che gettava l’allarme sulla infiltrazione modernista nell’archidiocesi, il Cardinale De Lai, Segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, diceva: “Tutti questi fatti spiegano il timore che certi buoni cattolici sentono in rapporto alla Sua diletta diocesi, e levano la voce per gettare l’allarme. Talvolta eccedono nel modo. Ma, in piena battaglia, chi, con diritto, potrebbe fare una grave censura ai difensori se non misurano con precisione matematica i loro colpi? Era la risposta che dava pure S. Girolamo a coloro che ne riprendevano l’ardore, molte volte impetuoso ed aspro, contro gli eretici e i miscredenti del suo tempo. A proposito, direi altrettanto anch’io a Vostra Eminenza in relazione all’attacco della “Riscossa”. Che vi siano dei mali costì (a Milano), dai fatti riferiti, nessuno potrà negarlo. Non è pertanto e non può esser chiamato interamente ingiusto il fatto che alcuni abbiano levato la loro voce. Sono andati al di là della misura? Allora è giusto il lamento, ma non è assolutamente male che, gridando all’allarme, abbiano esagerato un poco il pericolo. È sempre preferibile eccedere che tacere e lasciarlo crescere” (Disquisitio ecc.… pag. 156-7, presso “Pensée Catholique” 23, pag. 84). E ancora: “In fin dei conti, in mezzo a una sì grande licenza della stampa cattiva, tra i pericoli che circondano la Chiesa da tutti i lati, non sembra di buon avviso legare eccessivamente le mani ai difensori, né combatterli e scoraggiarli per qualche piccola inavvertenza”.
E personalmente il Santo Pio X, scrivendo il 12 agosto 1912 all’Arcivescovo di Firenze Mons. Mistrangelo, intorno a una modificazione ordinata nella redazione del giornale “L’Unità Cattolica”, dichiarò: “Tutto va bene quando si tratta di rispettare le persone; ma io non amerei che per amore della pace si scendesse a compromessi, e che per evitare odiosità si mancasse anche per poco alla vera missione della “Unità Cattolica” che è di vegliare sui principii e di essere la sentinella avanzata che dà l’allarme, fosse pure alla maniera dell’oca del Campidoglio, e che sveglia gli addormentati. In tal caso l’”Unità” non avrebbe più ragione d’esistere” (Disquisitio, pag. 107, presso “Pensée Catholique” 23, pag. 84).
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È da lodare che dei cattolici si uniscano con persone affiliate ad altre religioni, come protestanti, scismatici ecc…. per garantire la difesa dei valori comuni a tutte le confessioni cristiane.
* La collaborazione dei fedeli con gli acattolici per raggiungere obiettivi comuni è permessa dalla Chiesa solo a titolo occasionale. Molto più grave sarebbe il fatto che dei cattolici si associassero in forma stabile, in una organizzazione definita, con persone d’altre religioni. La Chiesa guarda a codeste associazioni con apprensione e le proibisce. Quando in una o altra circostanza eccezionale essa si sente come forzata – per evitare mali maggiori – a tollerare delle collaborazioni di tal natura, lo fa con timore e tristezza grande.
Spiegazione
Il pericolo di tali collaborazioni può essere aggravato dalla natura propria del fine che si propongono: quindi una collaborazione per un fine esclusivamente tecnico-professionale è meno grave di una collaborazione per fini culturali. L’ “Associazione Cristiana dei Giovani”, ad esempio, è proibita dalla Chiesa, perché riunendo cristiani di varie sette, procura di immettere nell’organizzazione anche dei cattolici per una finalità morale-educativa “cristiana”, ispirata cioè ad una religiosità vaga che possa servire tanto per gli eretici quanto per i cattolici.
Una delle ragioni che indussero San Pio X a condannare “Le Sillon”, movimento democratico culturale e sociale a tendenza modernista, di Marco Sangnier, fu il suo carattere interconfessionale (Cfr. Lettera Apostolica “Notre Charge Apostolique” A. A. S. 2, 625 ss.). Il Santo Pontefice dice tra l’altro: “Tutti, cattolici, protestanti e liberi pensatori si prefiggeranno lo scopo di armare la gioventù non per una lotta fratricida, ma per una generosa emulazione sul terreno delle virtù sociali e civiche” (Marc Sangnier, Parigi, maggio 1901). Queste dichiarazioni e questa nuova organizzazione d’azione sillonista inducono a ben gravi riflessioni. Ecco un’associazione interconfessionale, fondata da cattolici, per lavorare alla riforma della civiltà, opera eminentemente religiosa, perché non vi è civiltà vera senza civiltà morale e non vi è vera civiltà morale senza la vera religione: è una verità dimostrata, è un fatto storico. Che si deve pensare di un’associazione in cui tutte le religioni, ed anche il libero pensiero, possono altamente manifestarsi a volontà? Giacché i sillonisti che nelle conferenze pubbliche e in altre occasioni proclamano fieramente la loro fede individuale; non pretendono certamente di chiuder la bocca agli altri e impedire che il protestante affermi il suo protestantesimo e lo scettico il suo scetticismo”.
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Le associazioni cattoliche che hanno lo scopo di offrire esclusivamente ai cattolici vita culturale, ricreativa, sportiva ecc…. con l’intento di segregarli dagli ambienti cattivi, non devono essere lodate; giacché è preferibile che i cattolici frequentino i più svariati ambienti per esercitarvi l’apostolato di penetrazione e di conquista.
* Le associazioni cattoliche che hanno lo scopo di offrire esclusivamente ai cattolici vita culturale, ricreativa-sportiva ecc…. devono essere lodate perché contribuiscono efficacemente a preservare i buoni dalle occasioni prossime di peccato e forniscono loro mezzi eccellenti di formazione e di santificazione. I laici così formati saranno apostoli di gran valore per la diffusione della dottrina cattolica nei vari ambienti con cui li pongono a contatto i doveri della vita quotidiana.
Spiegazione
La sentenza impugnata non tiene conto di ciò che è fondamentale in materia di apostolato: la formazione di ”élites” per la diffusione del regno di Cristo. È facile comprendere che tali “élites” non possono formarsi che in ambienti d’alto livello religioso, né questi ambienti possono ottenersi senza una selezione degli elementi che li frequentano.
Inoltre la sentenza impugnata ha l’inconveniente di non distinguere tra gli ambienti che un cattolico è obbligato a frequentare per dovere di stato e quelli a cui si espone volontariamente. Nel primo caso – il giovane che per non morir di fame è costretto, ad es., ad accettare un impiego in luogo pericoloso per la sua salvezza – potrà contare sulle grazie speciali di Dio, e resisterà tanto più fortemente quanto più accurata sia stata la sua formazione. Nel secondo caso – il giovane che senza nessun motivo necessario frequenta luoghi pericolosi – si espone volontariamente al pericolo e corre il rischio di vedere adempiuta in se stesso la parola dello Spirito Santo: “qui amat periculum in illo peribit” (Ecclesiastico III, 27). La sentenza impugnata incoraggia un atteggiamento contrario alla tradizione della Chiesa e ai desideri della Santa Sede nei tempi attuali, come si dimostra dalla raccomandazione che dava il Santo Padre Pio XII ai membri dell’ “Associazione Cattolica internazionale per la protezione della giovane”. Nell’allocuzione rivolta ai partecipanti del Congresso Internazionale di quella Associazione riunita a Roma, nel settembre 1948, disse il Papa: “Procurare la sicurezza morale della giovane mediante centri di riunione, focolari, pensionati, ristoranti irreprensibili, mediante segretariati con fine di orientare e ottenere impieghi, mediante residenze nelle stazioni e nei porti marittimi e aeronautici: ecco delle cose eccellenti e di urgenza immediata”.
Come si vede, il Pontefice giudica che l’efficacia dell’apostolato richiede un allontanamento dall’ambiente mondano. Le persone con le quali si vuole fare dell’apostolato devono essere attirate da ambienti che siano a un tempo sani, ameni e impregnati di profonda moralità. In siffatti ambienti la formazione religiosa, l’acquisto delle qualità domestiche, lo sviluppo delle doti artistiche e l’educazione della giovane in ordine alla vita pratica possono essere ottenuti con facilità e con esito felice (Cfr. Civiltà Cattolica, 16 ottobre 1948).
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Solo all’Autorità Ecclesiastica compete di reprimere gli errori relativi alla fede che si manifestano negli ambienti cattolici. Ai semplici fedeli spetta solo il diritto di denunziare tali errori all’Ordinario del luogo. Non è permesso loro attaccare a voce o per iscritto quegli errori, se non in seguito a una iniziativa presa dall’Autorità Ecclesiastica.
* Qualunque dottrina può essere condannata ufficialmente, in nome della Chiesa, solo dall’Autorità Ecclesiastica. Tuttavia ogni fedele, trovandosi in presenza di una dottrina già condannata, ha il diritto, e spesso il dovere, di combatterla. Se egli si trova in presenza di una dottrina non ancora espressamente condannata, ma incompatibile con gli insegnamenti della Chiesa, può, e spesso deve, sotto la sua responsabilità personale, segnalare tale incompatibilità e opporsi, nella misura che gli è possibile, alla propagazione di tale dottrina.
Spiegazione
La sentenza impugnata va contro tutta la tradizione della Chiesa. In effetti, la condanna degli errori degli eresiarchi in genere, come Lutero, Giansenio e più recentemente i Modernisti, fu sempre preceduta da una polemica chiarificatrice tra i novatori e alcuni benemeriti difensori della Fede, ecclesiastici o laici, operanti sotto la propria responsabilità. Nonostante ciò, è sempre meritorio informare l’Autorità Ecclesiastica, che sola possiede le ragioni per vedere nella sua giusta luce la lotta che i fedeli combattono, con giustizia e carità, contro l’errore.

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