Volgiamo i nostri sguardi, umilmente, al Sacro Cuore di Gesù, abisso di tutte le virtù, fornace di carità, centro e modello di tutti i cuori. (…) Perché ciò si attui, e noi possiamo ricevere la piena effusione delle grazie del Cuore di Gesù, stringiamoci al Cuore Immacolato di Maria, canale necessario per il quale le nostre preghiere vanno al Cuore di Gesù, e per il quale anche vengono le grazie dal Cuore Divino sino a noi.
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Precisione di linguaggio
Affinché la vostra azione, nel combattere codesti errori, sia più completa, vi raccomandiamo la maggior precisione di linguaggio. Negli scritti religiosi contemporanei, destinati non raramente alla divulgazione tra il popolo fedele, si leggono dei termini che meglio starebbero in opere di carattere strettamente tecnico, destinate agli specialisti. Tali termini, intanto, passano dai libri alla predicazione, alle conferenze, alle adunanze delle associazioni religiose, sino a divenire talvolta di uso corrente in certi ambienti.
Di tali termini, se alcuni sono eccellenti, altri sono soltanto suscettibili di un senso buono, e altri infine sono inintelligibili. Donde nasce non piccola confusione per il gran pubblico in mezzo a cui sono messi in circolazione. Citiamone alcuni: Chiesa pneumatica, vivere nel pneuma, spiritualità transpsicologica, antropocentrismo religioso, spiritualità cristocentrica, vivere in una tensione fortissima, virtucentrismo, moralismo ecc.
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Sulla Messa e la Comunione
Nel trattare della S. Messa; conviene insistere sempre che la Consacrazione è la più importante delle sue parti essenziali; che la Messa, come vero Sacrificio della Legge Nuova, ha quattro fini: latreutico, eucaristico, propiziatorio e impetratorio; e così pure che la Comunione è mezzo eccellente per partecipare al S. Sacrificio, in modo da escludere l’idea che la semplice assistenza alla Messa sia più importante della Comunione Sacramentale.
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Sul Corpo Mistico
Nell’esporre la dottrina del Corpo Mistico, conviene evitare qualsiasi espressione che possa indurre a una concezione panteista.
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Come parlare di Cristo
Nell’inculcare la devozione al Padre Celeste, guardatevi dal parlare di Gesù Cristo solo come di semplice Mediatore. Tal maniera di esprimersi potrebbe indurre i fedeli a pensare che la Seconda Persona della SS. Trinità non possa essere termine della nostra adorazione, ma semplice intermediario tra noi e Dio Nostro Signore. Tale accuratezza è richiesta soprattutto nelle regioni in cui impera più intensamente lo Spiritismo, che, come sapete, miei diletti Cooperatori, nega la divinità di Gesù Cristo.
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Canto sacro
Ricordiamo che, secondo la “Mediator Dei“, “è fuori strada chi ripudia e riprova il canto polifonico, anche quando è conforme alle norme emanate dalla S. Sede” (A. A. S. 39 pag. 545 /6). La medesima Enciclica raccomanda il canto religioso popolare (ivi pag. 590).
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Il latino nella Liturgia
Quanto all’uso della lingua latina nella S. Liturgia, attendano i nostri carissimi Cooperatori a ciò che sapientemente dice il S. Padre Pio XII nella medesima “Mediator Dei”: “L’uso della lingua latina, vigente in gran parte della Chiesa, è chiaro e nobile segno di unità ed efficace rimedio contro le corruzioni della pura dottrina” (A. A. S. 39, pag. 545).
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Il Papa e i vescovi
Non perdano occasione di inculcare una vera devozione al S. Padre, il Papa; e, in grado minore, al Vescovo Diocesano.
Su questo punto è necessario evitare una certa tendenza che, nel lodevole intento di stringere i legami di carità tra le pecorelle e il Pastore locale, dà una tale idea del Vescovo da conferirgli una specie di infallibilità e da collocarlo quasi al lato del Santo Padre, il quale, in siffatta concezione, non andrebbe più in là di un semplice controllore dei Vescovi. In questo tema delle relazioni tra il Papa e i Vescovi abbiate cura di insegnare la dottrina esatta.
Nostro Signore Gesù Cristo ha istituito nella Chiesa una sola Gerarchia di governo, composta di due gradi armonici: il Papa e, a lui subordinati, i Vescovi (can. 103, par. 3). L’unità di tale Gerarchia è nozione indispensabile perché il fedele sappia porsi nella giusta situazione di fronte ad essa. Vedendola come un sol tutto, che ha all’apice il Sommo Pontefice, fonte di ogni giurisdizione nella Chiesa, e considerando nella medesima prospettiva i Vescovi e il Papa, il fedele tributerà a tutti il rispetto, la venerazione, l’amore che loro è dovuto.
In questa prospettiva, conviene ricordare che la pienezza del potere compete al Romano Pontefice, il quale ha giurisdizione diretta e immediata sui Vescovi e i fedeli. La giurisdizione dei Vescovi, successori degli Apostoli, si esercita in armonia con la giurisdizione pontificia e dipendentemente da essa.
Tale il quadro normale della Chiesa. Voler inculcare una devozione al Papa che fosse una cosa del tutto diversa e persino opposta alla devozione per il Vescovo e, viceversa, pretendere d’inculcare una devozione al Vescovo che fosse diversa e persino opposta alla devozione per il Papa, sarebbe negare implicitamente l’unità armonica della Gerarchia. Amiamo con tutto l’affetto e tutto l’attaccamento il Papa e il Vescovo, secondo la posizione e nella misura dei poteri che N. S. Gesù Cristo ha conferito a entrambi.
Il fedele devoto al suo Vescovo – e ogni cattolico deve esserlo – non avrà dubbi nel mostrarsi rispettosissimo della suprema autorità del Romano Pontefice, in tutta l’estensione in cui tale autorità gli è stata data dal divino Fondatore della Chiesa.
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Eventualità eccezionali
Intorno al magistero ecclesiastico insegnate che, essendo infallibile il magistero pontificio e fallibile, anche se ufficiale, quello dei singoli Vescovi, è possibile, per la fragilità umana, che uno o altro Vescovo cada in errore; e la storia registra alcune di tali eventualità, le quali, come è ovvio, producono conseguenze tra le più pericolose. Ciò nonostante, bisogna insegnare ai fedeli come comportarsi in tali contingenze. Quando si avverasse un caso così doloroso, il primo dovere del fedele consiste nel mantenere tutto il rispetto alla sacra persona del Pastore che gli è stato dato dalla Provvidenza ed eseguire filialmente gli ordini in tutto ciò che non si oppone alla fedeltà diretta e più alta che egli deve al Vicario di Cristo.
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Celibato ecclesiastico
Inculcate anche venerazione per il celibato ecclesiastico, che costituisce una delle glorie più genuine del pensiero cattolico e della Chiesa latina.
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Rapporti tra Filosofia e Teologia
Nel trattare delle relazioni tra Teologia e Filosofia, non adottate mai un linguaggio che neghi, esplicitamente o implicitamente, il principio che la Filosofia è una scienza ausiliaria della Teologia e che la vera sapienza sta nella Rivelazione, misericordioso dono di Dio per illuminare le anime e incamminarle alla salvezza.
Si colga ogni occasione per inculcare ammirazione e fiducia nella Filosofia Scolastica, evitando un atteggiamento di indifferenza tra questa Filosofia e le altre. Così pure non si ammetta di considerarla come superata dalle nuove correnti del pensiero moderno o da nuove scuole apologetiche.
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Linguaggio soprannaturale
Il linguaggio dei cattolici sia tutto soprannaturale. Per nessun motivo si tema di affermare, in qualsiasi momento, che noi crediamo nella Rivelazione, nella Grazia, nella divinità della Chiesa. La Fede è il più gran dono di Dio. Essa ci tiene saldi nelle cognizioni più necessarie per la elevazione della nostra natura e per l’orientamento della nostra condotta nel cammino verso il nostro destino eterno. Sarebbe deplorevole che noi, per non sfigurare dinanzi al mondo, mostrassimo del timore nell’affermazione della nostra Fede. Daremmo l’impressione che essa non fosse ben solida e che, a nostro modo di vedere, tutte le religioni fossero eguali.
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Apologetica cattolica
Nello stesso senso riproviamo un sistema di apologetica che pretenda di appellarsi solo agli argomenti di ragione, contentandosi di avviare le anime a una religione meramente naturale, nell’attesa che le irrimediabili insufficienze della religione naturale muovano le anime a ricorrere da sé stesse alla Rivelazione.
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Problemi sociali
Eguale prudenza di linguaggio si raccomanda in rapporto ai problemi sociali. Non dobbiamo dar l’apparenza d’essere soldati di un’altra causa che non sia la nostra, né far pensare ad una unilateralità incompatibile con la santità della nostra missione. Soprattutto non si lusinghi il grande potere del giorno che è la massa, dandole l’idea che noi ci associamo a quel progresso rivoluzionario che aspira, attraverso il comunismo, alla definitiva distruzione del mondo occidentale. Abbiamo udito altre volte l’affermazione che la Chiesa sia rivoluzionaria e che non scopra interamente le sue posizioni solo perché ha bisogno ancora dei ricchi per costruire i templi. È facile vedere quanto vi sia, in codesta frase, di opportunismo, di degradante naturalismo e di profonda corruzione dottrinale. La Chiesa non combatte la demagogia e il Socialismo perché sia a servizio di “mammona”. Molto meno essa è schiava della massa. Noi siamo il Corpo mistico di Cristo, che sta immensamente al di sopra di tutto ciò, e che combatte per piantare sulla terra il regno della giustizia e della carità, senza accezione di persone.
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Castigatezza di espressione
Cautela ancor maggiore si raccomanda nella formazione alla purezza e nella spiegazione dei doveri coniugali. La Morale Cattolica, come anche i metodi tradizionalmente seguiti nella Chiesa, nel trattare tali delicati argomenti, rispettano accuratamente tutte le convenienze della virtù.
Nell’attuale atmosfera di dilagante corruzione, conviene appoggiarsi con raddoppiato fervore ai nostri principi e alle nostre tradizioni. Dobbiamo evitare non solo ciò che è male nella nostra condotta, ma qualsiasi atteggiamento che possa significare approvazione, da parte nostra, dell’atmosfera sensuale del mondo odierno.
La purezza suppone, perché sia pienamente e stabilmente praticata, tutto un ambiente di dignità, di gravità, di riserbo. È inutile pensare che questa virtù possa esistere in ambienti in cui non si evita studiosamente non solo il peccato, ma tutto ciò che può essere indicato come alito del male.
Perciò i fedeli non ammettano, nelle loro conversazioni, motti o espressioni più o meno equivoche, canzoni carnevalesche, parole del gergo la cui eccessiva trivialità non si accorda col decoro che deve regnare negli ambienti cattolici.
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Contro lo spirito di novità