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Plinio Corrêa de Oliveira
Capitolo III
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Pubblicato su Catolicismo, São Paulo, Brasile, Aprile 1959 (I et II), Gennaio 1977 (III) Traduzione di Giovanni Cantoni Prima edizione italiana, 1963, Dell’Albero, Torino. Seconda e terza edizioni italiane, 1972 e 1976, Cristianità, Piacenza Tutti i diritti riservati - © 1998 Associazione Luci sull’Est
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Il panorama presentato non sarebbe completo se trascurassimo una trasformazione interna alla III Rivoluzione: la IV Rivoluzione che da essa sta nascendo. Nascendo, precisamente, come un compimento matricida. Quando la II Rivoluzione nacque portò a compimento (78), vinse e colpì a morte la prima. Lo stesso accadde quando, con un analogo processo, la III Rivoluzione derivò dalla seconda. Tutto indica che ora per la III Rivoluzione è giunto il momento, nello stesso tempo culminante e fatale, in cui essa genera la IV Rivoluzione e s’espone al rischio d’essere uccisa da questa. Nello scontro fra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione vi sarà tempo perché il processo generatore della IV Rivoluzione si svolga completamente? Quest’ultima aprirà realmente una nuova tappa nella storia della Rivoluzione? O sarà semplicemente un fenomeno abortivo, che sorge e scompare senza grande influenza, nello scontro fra la III Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione? Il maggiore o minor spazio da riservare alla IV Rivoluzione nascente, in queste note così rapide e sommarie, dipende dalla risposta a questa domanda. D’altronde, questa risposta la potrà dare in modo serio soltanto il futuro. Quanto è incerto non va trattato come se avesse un’importanza certa. Quindi, a questo punto, dedichiamo uno spazio molto limitato a quanto sembra essere la IV Rivoluzione.
1. La IV Rivoluzione “profetizzata” dagli autori della III Com’è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto “ortodossi” quanto “eterodossi”, hanno visto nella dittatura del proletariato la tappa finale del processo rivoluzionario. Secondo loro essa è soltanto l’aspetto più compiuto e dinamico della Rivoluzione universale. E, nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l’evoluzione si svolgerà all’infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I Rivoluzione ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un’altra. E così via... È impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione l’hanno già fatta gli stessi marxisti. Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza d’una nuova crisi, per cui lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno stato di cose scientista e cooperativista, in cui — dicono i comunisti — l’uomo avrà raggiunto un grado di libertà, d’uguaglianza e di fraternità finora inimmaginabile.
2. IV Rivoluzione e tribalismo: un’eventualità Come? È impossibile non chiedersi se la società tribale sognata dalle attuali correnti strutturaliste non dia una risposta a questa domanda. Lo strutturalismo vede nella vita tribale una sintesi illusoria fra l’apice della libertà individuale e del collettivismo accettato, in cui quest’ultimo finisce per divorare la libertà. In tale collettivismo i diversi “io” o le persone singole, con il loro pensiero, la loro volontà e i loro modi d’essere, caratteristici e contrastanti, si fondono e si dissolvono — secondo loro — nella personalità collettiva della tribù, che genera un modo di pensare, un modo di volere e un modo d’essere massivamente comuni. Ben inteso, la strada verso questo stato di cose deve passare attraverso l’estinzione dei vecchi modelli di riflessione, di volizione e di sensibilità individuali, gradatamente sostituiti da forme di sensibilità, di pensiero e di deliberazione sempre più collettivi. Quindi la trasformazione deve avvenire soprattutto in questo campo. In che modo? Nelle tribù la coesione fra i membri è assicurata soprattutto da un comune sentimento, da cui derivano abitudini comuni e un comune volere. In esse la ragione individuale rimane ridotta quasi a nulla, cioè ai primi e più elementari moti che il suo stato di atrofia le consente. “Pensiero selvaggio” (79), pensiero che non pensa e si volge soltanto al concreto. Questo è il prezzo della fusione collettivistica tribale. Lo stregone ha il compito di conservare questa vita psichica collettiva attraverso culti totemici carichi di “messaggi” confusi, ma “ricchi” di fuochi fatui o perfino anche delle folgorazioni provenienti dal misterioso mondo della metapsichica o della parapsicologia. Con l’acquisizione di queste “ricchezze” l’uomo compenserebbe l’atrofia della ragione. Proprio della ragione, in altri tempi ipertrofizzata dal libero esame, dal cartesianesimo e così via, divinizzata dalla Rivoluzione francese, utilizzata fino al più aperto abuso in ogni scuola di pensiero comunista e ora, infine, atrofizzata e resa schiava del totemismo metapsichico e parapsicologico... A. IV Rivoluzione e preternaturale “Omnes dii gentium daemonia”, dice la Scrittura (80). In questa prospettiva strutturalista, in cui la magia è presentata come una forma di conoscenza, fino a che punto è dato al cattolico d’intravedere le folgorazioni ingannevoli, il canto a un tempo sinistro e attraente, languido e delirante, ateo e feticisticamente credulo con cui, dal fondo degli abissi in cui giace eternamente, il principe delle tenebre attira gli uomini che hanno negato la Chiesa di Cristo? È un problema del quale possono e devono discutere i teologi. Diciamo i teologi veri, ossia i pochi che credono ancora all’esistenza del demonio. Specialmente i pochi, fra questi pochi, che hanno il coraggio di affrontare gli scherni e le persecuzioni della propaganda e di parlare. B. Strutturalismo. Tendenze pre-tribali Comunque sia, nella misura in cui si veda nel movimento strutturalista una figura più o meno precisa, ma in ogni caso precorritrice della IV Rivoluzione, determinati fenomeni a esso simili, che negli ultimi dieci o vent’anni sono diventati generali, devono essere visti, a loro volta, come preparatori e propulsori dello slancio strutturalista. Così il crollo delle tradizioni dell’Occidente nel campo dell’abbigliamento, corrose sempre più dal nudismo, tende ovviamente alla comparsa o al consolidamento d’abitudini nelle quali si tollererà, a esagerare, la cintura di penne d’uccello di certe tribù, alternata, dove il freddo lo richieda, a coperte più o meno simili a quelle usate dai lapponi. La rapida scomparsa delle forme di cortesia può aver come punto finale soltanto la “naturalezza” assoluta (per usare solo questo aggettivo) del tratto tribale. La crescente avversione per tutto quanto è ragionato, strutturato e metodico può condurre soltanto, nei suoi ultimi parossismi, al perpetuo e fantasioso vagabondaggio della vita nelle selve, alternata, anch’essa, al disimpegno istintivo e quasi meccanico di alcune attività assolutamente indispensabili alla vita. L’avversione allo sforzo intellettuale, all’astrazione, alla teorizzazione, alla dottrina, può portare soltanto, in ultima analisi, a un’ipertrofia dei sensi e dell’immaginazione, a quella “civiltà dell’immagine” sulla quale Paolo VI ha ritenuto di dover attirare l’attenzione dell’umanità (81). Sono pure sintomatici gli elogi idilliaci, sempre più frequenti, di un tipo di “rivoluzione culturale” generatrice d’una società nuova post-industriale, ancora mal definita, e di cui sarebbe una prima immagine fugace il comunismo cinese, come talora è presentato. C. Modesto contributo Sappiamo bene quanto sono passibili d’obiezioni, in molti dei loro aspetti, i quadri panoramici come questo, per loro natura vasti e sommari. Necessariamente breve per limitazioni di spazio del presente capitolo, questo quadro offre il suo modesto contributo alle riflessioni degli spiriti dotati di quell’audace e particolare finezza d’osservazione e d’analisi che, in tutte le epoche, fornisce ad alcuni uomini la capacità di prevedere il domani. D. L’opposizione degli uomini banali Gli altri faranno, a questo proposito, quanto in tutte le epoche hanno fatto gli spiriti banali e senz’ardimento. Sorrideranno e dichiareranno impossibili queste trasformazioni, perché sono tali da mutare le loro abitudini mentali. Infatti esse sono aberranti rispetto al buon senso e agli uomini banali il buon senso pare l’unica via normale battuta dalla storia. Sorrideranno increduli e ottimisti di fronte a queste prospettive, come sorrise Leone X a proposito della volgare “bega tra monaci”, che fu tutto quanto seppe discernere nella nascente I Rivoluzione. O come Luigi XVI, educato da Fénelon, sorrise di fronte ai primi fermenti della II Rivoluzione, che gli si presentavano in splendide sale di corte, cullati talvolta dal suono argentino del clavicembalo o discretamente illuminati negli ambienti e nelle scene bucoliche, come nell’Hameau della sua sposa. Come sorridono, ancor oggi, in Occidente, ottimisti e scettici di fronte alle manovre del sorridente comunismo post-staliniano o alle convulsioni che preannunciano la IV Rivoluzione, molti esponenti elevati, e perfino fra i più elevati, della Chiesa e del potere temporale. Se un giorno la III o la IV Rivoluzione s’impadronirà della vita temporale dell’umanità, assistita nella sfera spirituale dal progressismo ecumenico, lo dovrà più all’incuria e alla collaborazione di questi sorridenti e ottimisti profeti del “buon senso” che a tutta l’opera aggressiva e maliziosa delle masse e dei servizi di propaganda rivoluzionari (vedi Commento 6, in appendice). E. Tribalismo ecclesiastico. Pentecostalismo Abbiamo parlato della sfera spirituale. Ben inteso la IV Rivoluzione vuol ridurre anche questa al tribalismo. E come intenda farlo lo si può già notare chiaramente nelle correnti di teologi e di canonisti che mirano a trasformare la nobile e ossea rigidità della struttura ecclesiastica, come Nostro Signore Gesù Cristo l’ha istituita e venti secoli di vita religiosa l’hanno magnificamente modellata, in un tessuto cartilagineo, molle e amorfo, di diocesi e di parrocchie senza territorio, di gruppi religiosi in cui la ferma autorità canonica viene gradatamente sostituita dall’ascendente di profeti più o meno pentecostali, dello stesso tipo degli stregoni dello strutturalismo, con le cui figure finiranno per confondersi. La parrocchia o la diocesi progressista-pentecostale si confonderà necessariamente con la tribù-cellula strutturalista (vedi Commento 7, in appendice).
3. Doveri dei contro-rivoluzionari di fronte alla IV Rivoluzione nascente Quando innumerevoli fatti sono suscettibili d’esser accostati in modo da suggerire ipotesi come quella della nascita della IV Rivoluzione, cosa rimane da fare al contro-rivoluzionario? Nella prospettiva di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione deve anzitutto sottolineare l’importanza preponderante che nel processo generatore di questa IV Rivoluzione, e nel mondo da essa nato, spetta alla Rivoluzione nelle tendenze (82). E deve prepararsi a lottare non soltanto con l’intento di mettere in guardia gli uomini contro la preponderanza delle tendenze — fondamentalmente sovvertitrice del buon ordine umano — che sta prendendo piede, ma anche servirsi, sempre sul piano delle tendenze, di tutti i mezzi leciti e ammissibili per combattere la Rivoluzione nelle tendenze. Deve anche osservare, analizzare, prevedere i nuovi passaggi del processo per opporre continuamente, il più rapidamente possibile, tutti gli ostacoli alla massima forma di guerra rivoluzionaria psicologica che è la IV Rivoluzione nascente. Se la IV Rivoluzione avrà il tempo di svilupparsi prima che la III Rivoluzione tenti la sua grande avventura, forse la lotta contro di essa esigerà l’elaborazione d’un altro capitolo di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione e forse questo capitolo, da solo, dovrà avere una mole pari a quella qui dedicata alle tre rivoluzioni precedenti. Infatti è caratteristico dei processi di decadenza complicare tutto, quasi all’infinito. E per questa ragione ogni tappa della Rivoluzione è più complessa della precedente e obbliga la Contro-Rivoluzione a sforzi parallelamente più particolareggiati e complessi. Con queste prospettive sulla Rivoluzione e sulla Contro-Rivoluzione, e sul futuro di questo studio di fronte all’una e all’altra, chiudiamo queste considerazioni. Incerti, come tutti, sul domani, volgiamo i nostri occhi in atteggiamento di preghiera fino al trono di Maria, Regina dell’Universo. E ci vengono alle labbra, accomodate, le parole del salmista al Signore: “Ad te levavi oculos meos qui habitas in coelis. Ecce sicut oculi servorum in manibus dominorum suorum. Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae: ita oculi nostri ad Dominam matrem nostram, donec misereatur nostri” (83). Sì, volgiamo i nostri occhi alla Madonna di Fatima chiedendole al più presto i grandi perdoni e le grandi vittorie che comporterà l’instaurazione del suo regno. Anche se, a questo fine, la Chiesa e il genere umano devono passare attraverso i castighi apocalittici — ma quanto operatori di giustizia, rigeneratori e misericordiosi! — da Lei previsti nel 1917 alla Cova da Iria. Note: (78) Vedi parte I, cap. VI, 3. (79) Cfr. Claude Levy-Strauss, Il pensiero selvaggio, trad. it., Il Saggiatore, Milano 1964. (80) “Tutti gli dei delle genti sono demoni” (Sal. 95, 5). (81) Cfr Paolo V I, Allocuzione all’udienza generale, del 13-7-1969, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. VII, p. 1013. Cfr. anche Lettera apostolica Octogesima adveniens, del 14-5-1971, in AAS, vol. LXXIII, p. 416. (82) Vedi parte I, cap. V, 1-3. (83) “Alzai i miei occhi a te che abiti nei cieli. “Ecco che come gli occhi dei servi sono rivolti alle mani dei padroni, “Come gli occhi dell’ancella sono rivolti alle mani della sua padrona: così gli occhi nostri alla Signora Madre nostra, aspettando che abbia pietà di noi” (Sal. 122, 1-3). |