Rivista “Divus Thomas”, Piacenza, aprile-settembre 1964, pag. 401-403
Sulla possibilità di una « coesistenza pacifica» tra Chiesa cattolica e regime comunista. – Nel n. 152 del periodico « Catolicismo » (Diocesi di Campos, Brasile) il dott. Plinio Corrêa de Oliveira, titolare della cattedra di storia contemporanea nell’Università cattolica di São Paulo, ha pubblicato un articolo di carattere dottrinale sulla libertà della Chiesa negli Stati comunisti. Esso, tradotto in varie lingue a cura della « Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Familia e Propriedade », è stato diffuso anche all’estero. Seguiamo la traduzione francese presentata nell’opuscolo dal titolo « La liberté de l’Eglise dans l’Etat communiste » (16 pp.). Lo scritto è apparso anche in traduzione italiana sul quotidiano « Il Tempo » di Roma, del 4 gennaio 1964.
Questo breve studio, pur essendo di carattere fondamentalmente teoretico, è stato chiaramente motivato da una situazione contingente, consistente in « dangereuses illusions » che sono, al dire dell’A., largamente sparse tra i cattolici sull’argomento in questione. Illusioni che, egli pensa, forse hanno preso ultimamente alimento da alcuni atteggiamenti, intenzionalmente svisati da parte di interpreti interessati, del defunto Pontefice Giovanni XXIII (cf. p. 14).
Può ben essere che una presa di posizione del genere di quella espressa in questo lavoro possa venir sfruttata a difesa di concezioni sociali sorpassate e non cristiane e di ideologie non meno materialiste di quella marxista, per quanto opposte ad essa per altri elementi, ma il nostro intento è solo quello di presentare lo scritto nel suo aspetto dottrinale.
L’A. comincia opportunamente con il ricordare che, secondo la dottrina marxista-leninista, la religione, intesa in senso largo di qualsiasi ideologia religiosa presa in se stessa e nelle sue applicazioni etiche, è una delle principali cause della « alienazione » che l’uomo è stato costretto a subire nel corso dei secoli. Il preciso intento della dottrina e dell’azione politica comunista è appunto quello di liberare l’uomo dall’alienazione restituendolo alla realtà delle cose e di se stesso, in modo che possa avere un completo sviluppo senza uscire mai da questa realtà, che è la materia. Ora è evidente che l’uomo non potrà mai rientrare nella realtà, né la « redenzione » comunista potrà essere realizzata finché sussisterà e agirà una delle cause più evidenti dell’alienazione, che è appunto la religione.
Questa osservazione dell’A., non certo nuova nel contenuto, ma sempre molto importante anche ai fini di una soluzione del problema proposto, potrebbe essere integrata con numerosi passi presi dai « classici » marxisti. Ci limitiamo a ricordare che l’idea di « alienazione » e di liberazione di essa si trova già in Feuerbach dal quale, con molto entusiasmo, è stata attinta da Marx e Engels: « Allora apparve l’Essenza del cristianesimo di Feuerbach. D’un colpo essa ridusse in polvere la contraddizione [tra idealismo e materialismo], rimettendo sul trono senza preamboli il materialismo. La natura esiste indipendentemente da ogni filosofia; essa è la base sulla quale siamo cresciuti noi uomini, che siamo pure prodotti della natura; oltre alla natura e agli uomini, non esiste nulla, e gli esseri più elevati che ha creato la nostra fantasia religiosa sono soltanto il riflesso fantastico del nostro proprio essere. L’incanto era rotto; il « sistema » [idealistico] era spezzato e gettato in un canto; la contraddizione era rimossa, in quanto esistente solo nell’immaginazione. Bisogna aver provato direttamente l’azione liberatrice di questo libro per farsene una idea. L’entusiasmo fu generale: per un momento fummo tutti feuerbachiani. Con quale entusiasmo Marx salutasse la nuova concezione e quanto ne fosse influenzato – malgrado tutte le riserve critiche – lo si può vedere leggendo la Sacra Famiglia » (FR. ENGELS, Ludwig Feuerbach und der Ausgang der klassichen, deutschen Philosophie, trad. it. Togliatti, Ed. « Rinascita », pp. 20-21). Ciò che Marx ed Engels rimproverano a Feuerbach è che egli non si mostra abbastanza radicale nei riguardi della religione, in quanto continua ad usare questo termine « unicamente perché non scompaia dal linguaggio la parola religione, cara alla memoria idealista » (o. c., p. 39), sebbene si tratti solo di una « religione del cuore » o, meglio, « del sesso » essendo l’amore sessuale « una delle forme più alte, se non la più alta, dell’esercizio della sua nuova religione » (o. c., p. 38). Secondo il marxismo, quindi, l’idea stessa e il nome di religione, presentati sotto qualsiasi forma, sono da proscriversi. Non c’è nessun motivo di credere che la teoria nell’attuale dottrina marxista-leninista sia cambiata a questo proposito.
È chiaro che nessun cattolico che conosca la dottrina marxista, potrà pensare alla possibilità di un accordo tra essa e quella cattolica: oltre ad essere apertamente apostata o eretico, si mostrerebbe pure di una inaudita stoltezza, in quanto i capi marxisti stessi dichiarano apertamente al pubblico occidentale e cattolico l’incompatibilità delle due ideologie (l’A. ricorda alcuni di questi interventi, anche recentissimi, da parte di esponenti comunisti – p. 14).
La « coesistenza pacifica » di cui si parla nell’articolo non può dunque riguardare, almeno direttamente, la possibilità di un incontro tra le due dottrine. Si tratta invece di un problema pratico o, più precisamente, morale, che potrebbe così esprimersi: è possibile trovare un ‘modus vivendi’, accettato con un patto reciproco (esplicito o tacito) da entrambe le parti, secondo il quale sia il regime comunista al potere, sia la Chiesa cattolica ad esso sottoposta potrebbero continuare a vivere una accanto all’altro senza rinunciare alle proprie posizioni essenziali, che per entrambi sono questione di vita o di morte?
Secondo l’A., il problema è sorto, o, almeno, ha acquistato attualità dopo che alcuni regimi comunisti, abbandonato o attenuato l’atteggiamento di persecuzione violenta tristemente noto (Russia prima della seconda guerra mondiale, Messico, Spagna, ecc.) hanno assunto una posizione più conciliante nei confronti della religione. Si tratta del « modus vivendi » tra Chiesa e Stato comunista, « à la manière polonaise » (p. 5).
Secondo l’A. questo mutato o modificato comportamento da parte del comunismo ha creato una pericolosa divisione fra i cattolici di tutto il mondo. Mentre, infatti, ai tempi della persecuzione violenta i cattolici sarebbero stati pronti a farsi uccidere con le armi in pugno (pp. 4, 6), pur di impedire che il loro Paese diventasse un Messico o una Spagna (e questa loro disperata decisione rappresentava forse « il solo ostacolo veramente considerevole » all’avvento del comunismo nel mondo – p. 5) il mutamento di tattica da parte comunista ha disgregato, secondo l’A., il blocco cattolico. Infatti, accanto a coloro che sono rimasti del parere che una coesistenza tra regime comunista e Chiesa cattolica è impossibile, ne sono sorti altri, spesso in polemica con i primi, i quali pensano che una coesistenza con il comunismo (nel senso spiegato sopra) sia possibile e si debba eventualmente accettare come minor male, per evitare, cioè, la tragedia cosmica di una guerra nucleare o una persecuzione sterminatrice. Tra questi due gruppi opposti sta la turba immensa di coloro che si pongono il problema, ma non sanno risolverlo. Questa confusione creata tra i cattolici, afferma l’A., è molto pericolosa per i destini di tutta l’umanità (p. 6).
Per questo egli cerca, da parte sua, di dare una soluzione al problema. È lodevole il suo metodo di voler determinare, come primo passo, quella che potrebbe essere l’unica base di accordo per la coesistenza che, secondo lui, si riduce a questo: La Chiesa predichi pure la sua dottrina, ma si astenga: 1) dal confutare la filosofia marxista; 2) dall’esporre come vera l’etica sociale cristiana (specialmente per quanto riguarda la famiglia e la proprietà), anche se fosse disposta ad aggiungere che tale dottrina, pur essendo vera, è irrealizzabile nelle circostanze concrete, in cui i cattolici devono sottoporsi docilmente al regime comunista.
L’A. basandosi su ragioni dogmatiche e morali che ci sembrano valide dice che la Chiesa non potrebbe accettare queste condizioni di accordo senza tradire la sua missione; dovrebbe quindi trasgredire tali ordini: « Or, en agissant ainsi, l’Eglise détruira la possibilité de coexistence. Et cependant, à ce qu’il nous semble, Elle ne pourrait agir différemment pour respecter l’impératif de sa mission sublime » (p. 12).
D’altra parte un regime comunista non potrebbe concedere alla Chiesa niente di più senza votarsi all’autodistruzione (p. 8). Né di fatto, sembra voglia dire l’A., i regimi comunisti « concilianti » hanno mai concesso o tollerato di più anche se « sont venus à admettre une liberté de culte plus large et à concéder un traitement sans violence, et à certains points de vue presque correct, à la religion ou aux religions les plus importantes dans les territoires respectifs » (p. 3). Tutte agevolazioni di cui la Chiesa non solo poteva, ma doveva approfittare; ma ciò è ben lungi dal costituire un « accordo » per la coesistenza.
Qualcuno, nota l’A., dirà che la Chiesa in regime comunista potrebbe accettare, senza tradire la sua missione, di tacere su certi argomenti (come quelli che riguardano la proprietà e la famiglia) in quanto si può pensare che queste verità di diritto naturale, profondamente radicate negli animi e nelle tradizioni, possano sopravvivere intatte o quasi anche sotto l’urto della propaganda contraria e senza la difesa che verrebbe dall’insegnamento della Chiesa, in attesa della inevitabile caduta del comunismo. L’A. risponde, giustamente a nostro parere: « En réalité, sans l’action directe et surnaturelle de l’Eglise préparant ses enfants longtemps d’avance et les assistant dans la lutte, il est peu probable que des fidèles de n’importe quel pays et de n’importe quelle condition sociale résistent à l’épreuve » (p. 13); « A la deuxième ou à la troisième génération formée dans une telle coexistence, qu’y aurait-il encore de catholique dans le peuple ? » (p. 15); né c’è da sperare in una rapida caduta del comunismo; la storia ci offre esempi di regimi non meno contro natura di quello comunista che sono durati indefinitamente.
La conclusione dell’A. è netta: la coesistenza pacifica tra regime comunista e Chiesa cattolica risulta impossibile per ragioni dottrinali e sarebbe illecito accettarla.
G. PERINI, C. M.