Capitolo VI

 

 

10. La denuncia del “dialogo” modernista

 

 

 

 

 

 

 

 

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Mentre sull'onda dell’enciclica Ecclesiam Suam, la parola "dialogo" passava di bocca in bocca, nel dicembre 1965 Plinio Corrêa de Oliveira pubblicò un suo nuovo importante studio: “Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo”. L’autore vi denunciava l'uso del termine “dialogo” all’interno di una tecnica di persuasione che occupa nella strategia di conquista del potere marxista un posto non inferiore a quello classico della violenza.

Così Silvio Vitale, nella sua prefazione all’edizione italiana del saggio, sintetizzava l’analisi svolta dal dottor Plinio: «Il comunismo coglie, col dialogo, l’opportunità di indurre l'interlocutore cattolico a porsi su un piano di relativismo hegeliano: il colloquio si svolge tra persone che, nel confronto tra tesi e antitesi, mirano implicitamente a una sintesi che comprenda e superi le prime. Tale posizione è pienamente coerente col comunismo. (...) Viceversa è esiziale per il cattolico, perché egli, accettando tale tipo di colloquio, viene a contraddire l’esistenza della verità e del bene come assoluti, immutabili, trascendenti. (...) L'interlocutore malaccorto parte convinto che si possa pervenire alla verità e quindi all'unità attraverso il proprio impegno a persuadere l'avversario. Poi comincia a considerare come fine supremo della conversazione non la verità ma l'unità. Successivamente giunge a ritenere che non esistano verità ed errore obiettivi, per cui non è necessario convincere per raggiungere l’unità. Infatti si convince che solo in funzione di ‘verità relative' e contingenti l'unità può effettivamente affermarsi e progredire. A questo punto, caduto completamente in balia dell'utopia irenistica, non è dominato da altro scopo che quello della coesistenza a qualsiasi costo con l’avversario» (94).

 Poche analisi della dialettica hegeliana eguagliano l’opera del pensatore brasiliano, in cui la profondità metafisica si accompagna ad una grande capacità di analisi psicologica e linguistica. Egli ricorda come, secondo san Tommaso, uno dei motivi per cui Dio permette l’errore e il male è affinché, per contrasto, risalti maggiormente lo splendore della verità e del bene”.

Ora, come far valere questo contrasto, se non attraverso la denunzia, aperta e categorica, di tutto quanto l’errore contiene di falso e il male di censurabile? Con questa denuncia, imposta dall’evangelico «si. si; no. no», si produce un salutare conflitto nell'anima di chi ascolta, eliminando equivoci e incertezze e spingendo alla adesione alla verità integrale.

Contro ogni tendenza irenistica, Plinio Corrêa de Oliveira pone una assoluta incompatibilità: “Il comunismo non può accettare la coesistenza con chi, contrariamente a quanto esso sostiene, professa una filosofia basata sul riconoscimento della verità e del bene come valori assoluti, immutabili, trascendenti, esistenti in maniera perfetta nell'essenza divina” (96). 


Note:

93) Cfr. P. CORRÊA DE OLIVEIRA, Baldeação ideológica inadvertida e dialogo, Editora Vera Cruz, São Paulo 1965, tr. it. Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo, Edizione de L’Alfiere, Napoli 1970.

94) SILVIO VITALE, Prefazione a P. CORRÊA DE OLIVEIRA, tr. it. Trasbordo ideologico, cit., pp. 6-7.

95) S. TOMMASO D’AQUINO, Contra Gentes, III. 71.

96) P. CORRÊA DE OLIVEIRA, Trasbordo ideologico, cit., p. 103.


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