Avvolto nella penombra, un Certosino sfoglia
un libro di preghiere.
Vestito di un semplice e povero saio, con
una lunga barba, questo Religioso sembra personificare tutti gli elementi
che impregnano l’ambiente che lo circonda: estrema serietà, virile
determinazione di vivere solo per ciò che è infinito, veritiero, eterno;
nobile semplicità, spirito di rinuncia a tutto quanto appartiene alla
terra.
Insomma, povertà materiale illuminata dagli
splendori soprannaturali della ricchezza spirituale.
Lungo l'immensa, navata centrale della
basilica di San Pietro, procede in modo maestoso il corteo papale.
Nella fotografia se ne vede soltanto una
parte: alcuni dignitari ecclesiastici e laici che precedono la sedia
gestatoria. Su quest’ultima siede il Sommo Pontefice, fiancheggiato dai
famosi "flabelli" e seguito dalla Guardia Nobile.
A destra,
fuori campo, si erge l'altare della Confessione con le sue elegantissime
colonne e il suo splendido baldacchino. In fondo della Basilica, la
celebre Gloria del Bernini. Le alte pareti di S. Pietro sono ricoperte da
marmi meravigliosi, impreziositi da bassorilievi; gli archi sono, nello
stesso tempo, leggeri e immensi. Insomma, a S. Pietro tutto si riveste di
quella grandezza e di quella ricchezza che sono esattamente il culmine di
ciò che sulla terra vi può essere di più bello.
È la pompa
più solenne di cui l'uomo sia capace, esaltata dalla magnificenza
dell'arte e dallo splendore naturale proprio dei marmi.
* * *
Ciò che in un quadro è austero raccoglimento,
nell'altro è invece gloria radiosa. Ciò che in uno è povertà, nell'altro è
fasto. Ciò che in uno è semplicità, nell'altro è raffinatezza. Ciò che in
uno è rinuncia alle creature, nell'altro è invece uso sovrabbondante delle
più splendide tra loro.
Contraddizione? È quello che molti direbbero:
pertanto, è possibile amare nello stesso tempo la ricchezza e la povertà,
la semplicità e la pompa, l'ostentazione e il raccoglimento? Si può lodare
nel contempo l'abbandono di tutte le cose della terra e il loro utilizzo
per la realizzazione di un'opera in cui risplendano i più alti valori
terreni?
Tra l'uno e l'altro ordine di valori non
esiste contraddizione, se non nella mente degli egualitari, seguaci della
Rivoluzione. Al contrario, la Chiesa si mostra Santa precisamente perché,
con uguale perfezione e soprannaturale genialità, riesce a organizzare e
favorire la pratica delle virtù, sia di quelle che risplendono nella vita
nascosta del frate, sia di quelle che brillano nel sublime cerimoniale
papale. Ma c'è di più. Quasi potremmo dire — nel senso buono della parola
— che un estremo compensa l'altro e si conciliano a vicenda.
La base dottrinale su cui questi due santi
estremi s'incontrano è molto evidente. Dio Nostro Signore ci diede le
creature affinché, attraverso queste, potessimo arrivare a Lui. Per questo
è necessario che la cultura e l'arte, ispirate dalla Fede, mostrino tutte
le bellezze materiali del creato, nonché gli splendori dei talenti e delle
virtù dell'anima umana. È proprio a tutto questo che si attribuisce il
nome di cultura e civiltà cristiana. Con essa gli uomini si sono formati
nella verità e nella bellezza; nell'amore per il sublime, per la gerarchia
e per l'ordine che, nell'universo, rispecchiano la perfezione di Colui che
lo creò. Infatti, le creature servono sia per la nostra salvezza che per
la gloria divina; però, da un altro lato, esse sono contingenti e
passeggere. Solo Dio è assoluto ed eterno. È doveroso ricordarlo. Proprio
per questo è cosa buona distaccarsi dagli esseri creati, affinché,
avendoli tutti in disprezzo, si pensi solamente al Signore. Col primo
esempio, pensando a tutto ciò che le creature sono, si sale sino a Dio,
mentre con il secondo esempio si va fino a Lui pensando a tutto ciò che
esse non sono. La Chiesa invita i suoi figli a percorrere simultaneamente
l'una e l'altra via, sia attraverso lo spettacolo sublime delle sue pompe,
che attraverso la considerazione delle ammirabili rinunzie che solo Lei sa
ispirare e far effettivamente compiere.
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