Il contrasto tra
l'abbigliamento, l'atteggiamento, il portamento di questi due uomini -
un re di Francia prima della Rivoluzione e un presidente degli Stati
Uniti nel XX secolo - è così immenso da rendere impossibile qualsiasi
confronto. E infatti non intendiamo stabilire qui un parallelo tra un
uomo e l'altro, che sarebbe perfettamente privo di interesse per questa
rubrica, che non studia gli uomini considerati personalmente, ma solo le
società umane, i costumi, gli ambienti e le civiltà.
Per definire con precisione il punto di vista in cui ci
collochiamo in questo commento - poiché si tratta più di un commento che
di un confronto - dobbiamo innanzitutto ricordare un principio di
carattere generico. Ogni gruppo umano produce, attraverso un processo di
lenta elaborazione psicologica, e si potrebbe quasi dire di
distillazione, alcuni tipi che incarnano in modo particolare le qualità
e le caratteristiche del gruppo. Così, ci sono pugili con i tratti
fisionomici più vari, ma esiste un classico tipo ideale di pugile, al
quale alcuni si avvicinano e altri meno, ma che, in un certo senso,
ognuno realizza in se stesso. Lo stesso si potrebbe dire degli
annunciatori radiofonici.
Tra loro
c'è naturalmente la massima varietà fisionomica e persino tecnica. Il
modo in cui si rivolgono al pubblico, il modo in cui presentano l'argomento,
il timbro e l'inflessione della voce variano quasi all'infinito.
Tuttavia, lo stesso si potrebbe dire di tutte le professioni, dalle più
alte alle più modeste, dalle più antiche alle più moderne. Ora, ogni
gruppo umano sente una particolare inclinazione verso i tipi che lo
esprimono in modo caratteristico. È un riflesso molto esplicito dell'amore
che il gruppo nutre per i propri ideali, la propria mentalità e il
proprio modo di essere. Da qui la popolarità, non solo di certi uomini,
ma anche di certi tipi letterari che non sono mai esistiti veramente, e
persino di certe figure caricaturali e di vignette, come Juca Pato, che
rappresentava il piccolo borghese sensibile, attento e allo stesso tempo
un po' ingenuo, e Jeca Tatu, la caratterizzazione pittoresca, anche se
molto esagerata, del buzzurro brasiliano.
Sentendo
la forza della popolarità derivante da questo principio generico, i re e
i capi di Stato hanno sempre cercato di incarnare l'anima nazionale.
Questo scopo può essere stato solo istintivo in alcuni, più chiaro in
altri, del tutto esplicito e intenzionale in pochi, ma in un modo o nell'altro
- tutto sommato - tutti i capi di Stato, in ogni tempo, hanno cercato di
circondarsi di elementi esterni vicini o lontani che tendessero a
rispecchiare un certo ideale sociale collettivo, costituendosi così come
bersaglio dell'apprezzamento e della simpatia generale.
Il primo
cliché è un dettagliatissimo dipinto ufficiale di Rigaud [Hyacinthe
Rigaud: Ritratto di Luigi XV, 1727-1729, Versailles, Musée National
du Château] che raffigura Luigi XV con tutte le insegne reali. Che il
pittore fosse Rigaud e il modello Luigi XV, poco importa ai fini del
nostro studio, perché questo abito e queste insegne si perdono, per così
dire, nella notte dei tempi, avendo servito anche gli antenati del re.
Ciò che conta è che si tratta di un dipinto ufficiale, in cui l'atteggiamento,
il portamento, l'espressione, l'abbigliamento del modello e, quindi, in
una certa misura, la stessa tecnica del pittore, obbediscono a canoni
già stabiliti in grado di suscitare un'impressione favorevole e "generare
popolarità".
Un'atmosfera
di maestosità pervade il quadro, accentuata dal grande mantello viola
foderato, ricamato con gigli in oro e dallo splendore delle insegne
reali. Difensore della Chiesa, primo signore del suo Regno, unendo
esponenzialmente nella sua persona tutta la distinzione e la
raffinatezza di una nobiltà che a sua volta è esponente della nazione
stessa, un Re di Francia incarnava così tutti gli ideali di una società
in cui la Fede, la tradizione, la distillazione dei valori attraverso un
processo formativo di tipo familiare, portato avanti per secoli da
famiglie d'elezione, erano tra gli elementi più essenziali delle
Istituzioni, generalmente accettati e custoditi dalla psicologia
collettiva. Più alto, potente e raffinato è il re, più risulta esaltato
in dignità il popolo.
* * *
Proprio
all'epoca di Luigi XV, questa mentalità iniziò a cambiare, minando la
società e preparando la Rivoluzione francese da cui è uscito tutto il
mondo contemporaneo.
Essenzialmente egualitaria,
la Rivoluzione francese ha cambiato i criteri di popolarità. I gruppi
umani non si sentivano più incarnati e rappresentati dalle loro figure
apicali, poiché la figura esponenziale è il prodotto di una selezione e
ogni selezione è anti egualitaria. La popolarità ha smesso di convergere
sugli uomini eccezionali, superiori, e si è concentrata sugli uomini di
massa. Da qui il fatto che i quadri ufficiali che rappresentano i capi
di Stato con tutte le loro decorazioni hanno perso quasi del tutto la
loro capacità di generare popolarità. Per essere popolare, il Capo dello
Stato non deve dimostrare di essere più degli altri. Al contrario, deve
dimostrare di non essere più di nessuno, di essere come tutti gli altri.
Per questo motivo i dipinti ufficiali sono stati lasciati alle pareti
dei grandi saloni nobiliari, che vivono vuoti e chiusi, tranne che nelle
rare giornate di gala. E i capi di Stato hanno cominciato a farsi vedere
dal pubblico, soprattutto su giornali e riviste, fotografati negli
atteggiamenti ordinari della vita quotidiana.
Cercano di far dimenticare all'opinione pubblica che sono capi di Stato,
per apparire come semplici borghesi nell'epoca della borghesia...
Ecco quindi il Presidente Truman, in una foto a tutta pagina di una
rivista americana, che suona borghesemente il suo pianoforte. Va
sottolineato che questo non può essere considerato tipicamente nord
americano. Questi venti soffiano in tutto il mondo e nella stessa Europa
ci sono molti Presidenti e persino Re che seguono la stessa influenza.
Insistiamo: qui non stiamo commentando un uomo, tanto meno un Paese, ma
un'ideologia e un'epoca.
* * *
Ecosì soffiano i
venti. E in quale direzione soffiano? Verrà il giorno in cui i capi di
Stato avranno paura di presentarsi come borghesi e preferiranno la
giacchetta proletaria di Stalin? Ed i diplomatici adotteranno i modi "forti"
della politica comunista rumena Anna Pauker?
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