Plinio Corrêa de Oliveira

 

Riflessioni sulla morte del Re Luigi XVI

 

 

 

 

 

Rivista Tradizione Famiglia Proprietà, Roma, ottobre 2010

  Bookmark and Share

 

Su richiesta della TFP francese, in occasione del bicentenario della decapitazione del Re Luigi XVI (21 gennaio 1793), Plinio Corrêa de Oliveira scrisse una meditazione, della quale trascriviamo qualche brano. Essa indica, oltre ai fatti storici, lo stato d'animo con cui dobbiamo considerare l'episodio, e il suo significato in una corretta teologia della storia. Come parte dell'Accademia estiva 2010, abbiamo percorso i vari luoghi legati a questo tragico evento: dal posto dove sorgeva il palazzo delle Tuileries, dove il Re era sorvegliato a vista dopo il suo rapimento da Versailles, alla Convenzione, dove si era imprudentemente rifugiato, alla Conciergerie, dove è stato imprigionato e, finalmente, a Place de la Concorde dove è stato giustiziato.

Invocazione

O Maria, tenendo conto di tutto ciò che questo povero Re ha dovuto patire come conseguenza della sua mollezza nell’affrontare la Rivoluzione francese, Vi chiediamo la grazia di non essere mai condiscendenti di fronte alla Rivoluzione, la grazia di non perdere mai un’occasione di combatterla, e di farlo senza tregua. Ottenete per noi la grazia di poter impiegare tutti i mezzi legittimi necessari per arrestare l’assalto della Rivoluzione, per annientarla se possibile, e per far vincere in tutto la Santa Chiesa e la Civiltà cristiana. Ve lo chiediamo affinché, in questo modo, possiate vincere Voi, o Maria Regina del Cielo e della Terra, e con Voi il vostro Divin Figliolo.

O Maria, venga a noi il vostro Regno perché possa venire il Regno di Cristo. Fate sì che, quanto prima, si adempiano gli eventi da Voi previsti a Fatima, affinché questo regno della Rivoluzione satanica e ugualitaria, della quale l’esecuzione di Luigi XVI è stata un episodio archetipico, possa cessare al più presto possibile, e possa essere instaurato sulla terra il vostro Regno.

Questo Regno non sarà né dei pigri né dei cedevoli, di quelli cioè che si sono lasciati sopraffare dalla Rivoluzione, bensì il Regno degli eroi che hanno lottato come giganti, pur sapendo bene che, se vittoria c’è stata, è solo perché Voi e i vostri angeli siete intervenuti in loro favore. Saranno eroi perché la grazia e le virtù cristiane — particolarmente la purezza, la fortezza e l’umiltà — brilleranno sui loro capi come un’aureola. Saranno eroi perché avranno saputo essere terribili in battaglia, ma umili e modesti nella vittoria.

Le mani legati, come Nostro Signore

 Gli assistenti del boia Samson si avvicinarono a Luigi XVI per legargli le mani per l’esecuzione. 

“Legarmi le mani? Mai! — rispose sdegnato il monarca, respingendo con forza i carnefici — Mai acconsentirò a un tale oltraggio!”

Il sacerdote che lo accudiva, l’irlandese P. Edgeworth de Firmont, gli sussurrò all’orecchio: “Sire, in questo supremo oltraggio io non vedo altro che un ulteriore tratto di somiglianza fra Voi e Nostro Signore Gesù Cristo, che sarà la vostra ricompensa”.

Queste parole sublimi del sacerdote riscaldarono la pietà di re Luigi XVI. Presentandosi al boia che poco prima aveva respinto con violenza, egli sporse le mani e disse pieno di dignità: “Fate ciò che volete!”. Gli sbirri di Sanson, degni figli della Rivoluzione, legarono le mani del Re. E fu così che, con l’esplicita intenzione di assomigliare a Nostro Signore, le cui divine mani furono legate durante la Passione, Luigi XVI salì i gradini del patibolo con passo fermo, e andò deciso verso la ghigliottina.

Le ultime parole

Allora successe un fatto inatteso. Il Re fece un gesto di autorità e i tamburi smisero di suonare. Impressionati, gli stessi boia si fecero da parte. Il Re avanzando fino al bordo del patibolo e, con una voce che si udiva in tutta l’enorme piazza, lanciò un proclama: “Figli di Francia! Io muoio innocente! Perdono gli autori della mia morte, e chiedo a Dio che il sangue oggi versato non ricada mai sulla Francia. Quanto a voi, o popolo sfortunato...”

Il Re ovviamente voleva proseguire, ma il generale Santerre, comandante della truppa schierata sulla piazza, levò la spada e ordinò di riprendere il rullio per coprire la voce del monarca. “Se quel Capeto avesse continuato non so cosa sarebbe successo in quella piazza!”, dichiarerà egli più tardi. In quel momento supremo, col Re sotto la ghigliottina e la Rivoluzione in sostanza trionfante, i rivoluzionari avevano ancora paura dell’effetto delle parole del Re sulla folla!

I carnefici portarono il Re sulla piattaforma. La lama della ghigliottina ricadde pesantemente sul collo del Re, la sua testa mozzata rotolò via sul pavimento. Sanson la prese per i capelli e, ancora gocciolante sangue da tutte le parti, la mostrò al popolo stranamente silenzioso. Il sole risplenderà ancora per Luigi XVI solo il giorno della risurrezione.

Nel momento in cui il Re stava per ricevere il colpo fatale, secondo quanto raccontano vari testimoni, Padre Edgeworth de Firmont esclamò ad alta voce: “Vola in Cielo, figlio di S. Luigi!”.

La fedeltà di un sacerdote

Curiosamente, e nonostante diverse persone attestino l’autenticità dell’episodio, il sacerdote irlandese negherà sempre di aver pronunciato queste parole. Può darsi che egli abbia fatto questa esclamazione mosso da un’ispirazione divina, e l’abbia in seguito dimenticata.

Dopo aver compiuto il suo ministero sacerdotale, P. Edgeworth de Firmont — che non aveva giurato la Costituzione civile del Clero ed era, quindi, un prete “refrattario” — cominciò a scendere dal patibolo, dove la sua presenza non era più necessaria. Arrivato in mezzo alla folla, per un attimo pensò che sarebbe stato trucidato dalla furia rivoluzionaria per ciò che aveva appena fatto. Ma, per un sublime mistero — questa vita è così piena di misteri! — il sacerdote riuscì a passare incolume in mezzo alla folla fino a dileguarsi.

Sarebbe rimasto nascosto, con una taglia sulla sua testa, in attesa di potersi mettere al servizio di Mme. Elisabeth, la sorella più piccola del Re. Appresa, però, la notizia della sua esecuzione, prese il cammino dell’esilio, dove servì successivamente il Conte di Provenza, futuro Luigi XVIII, e il Conte d’Artois, futuro Carlo X. Morì nel 1807, avendo accompagnato la Reale Famiglia in tutte le vicissitudini.

Dal Cielo, Luigi XVI veglia sulla Francia

Chi può davvero dubitare che, dopo una morte consumata in queste circostanze, le porte del Cielo non si siano spalancate per accogliere l’anima di questo figlio di San Luigi? Lo stesso Papa Pio VI, qualche mese dopo, parlerà di “martirio” inflitto in odio alla religione cattolica.

“Oh giorno trionfale per Luigi! — scrisse il Papa nell’enciclica Quare lacrymae — Dio gli ha dato la pazienza nella persecuzione, la vittoria nel supplizio! Noi abbiamo la ferma fiducia che tu hai felicemente cambiato una caduca corona regale e i gigli, che in breve sfioriscono, con un’altra corona perenne, intessuta dagli Angeli con gigli immortali”.

Dal Cielo, Luigi XVI contempla — con quell’affabilità che egli avrebbe dovuto tante volte completare con la forza — la Francia di oggi. E, dal momento che nel Cielo non si soffrono i tormenti del pentimento, perché tutti i peccati sono stati già rimessi, egli non deve più chiedere perdono a nessuno. E guarda la Francia, questa amata Francia, la grande Francia, una Francia che la Madonna non smette di amare e di favorire e che, tuttavia, come la maggior parte delle nazioni moderne, non smette di offenderLa e di rinnegarLa. Di fronte a questo rifiuto, Luigi XVI certamente prega la Vergine Madre per la Francia, affinché Ella la scuota con vigore ed essa possa scrollarsi di dosso il giogo della Rivoluzione.

Tale è il perdono del Re Cattolico, del figlio di San Luigi!

La Regina

Intanto, nella prigione della Torre del Tempio, la Regina Maria Antonietta sentiva il rullio dei tamburi provenire da Piazza della Rivoluzione. Sotto le sue finestre, le guardie cominciarono a urlare: “Vive la République! A mort les tyrans!”

Ella capì tutto... schiacciata e annientata dal dolore. Il piccolo Delfino si sciolse in lacrime, mentre la figlia, Madame Royale, singhiozzava disperatamente. Lei stessa, stremata dalla prigionia, ebbe un crollo e si accasciò sul letto, il suo corpo, percorso da piccole convulsioni.

Improvvisamente riprese animo, si alzò e, con gesto deciso, si inginocchiò davanti al figlio baciandogli le mani. Era lui il nuovo Re di Francia!

Luigi XVII, il successore di Luigi XVI, sarebbe scomparso misteriosamente dalla prigione del Tempio. Alcuni storici dicono che sia stato ucciso dai rivoluzionari. Altri invece che abbia sofferto tali torture da restarne menomato. La sua sorte è tema di discussione ancora oggi.

La Regina sarebbe stata processata e condannata alla ghigliottina qualche mese dopo. Stesso destino sarebbe toccato a Mme. Elisabeth, sorella più piccola del Re.

Dopo tre anni di prigionia solitaria nel Tempio, Madame Royale, figlia degli sfortunati monarchi francesi, sarebbe finalmente stata rilasciata, scambiata per alcuni rivoluzionari catturati dagli austriaci.

Simboli che non muoiono

È finita questa storia? Se c’è una storia che non è finita è proprio questa. Perché la memoria di Luigi XVI e di Maria Antonietta è ancora viva. Si tratta di simboli che non muoiono nel ricordo di tanti cuori, francesi e non. Sia perché sono amati come meritano, sia perché sono odiati come non meritano. In qualche modo, incarnano la lotta tra il bene e il male, tra la Rivoluzione e la Contro‑Rivoluzione.

Saranno sempre ricordati con profondo rispetto e dolore da tutti coloro che hanno almeno una scintilla di Contro‑Rivoluzione nell’anima. E saranno rigettati con odio estremo da tutti coloro che portano lo spirito di Satana, che odia ogni disuguaglianza. Odiando ogni gerarchia, i rivoluzionari hanno odiato anche questo Re, il cui grande difetto era proprio un’eccessiva mansuetudine.

Dobbiamo rivolgerci a loro con fiducia, pregandoli di ottenere per noi da Dio forza, forza, forza! Forza in favore della giustizia, forza per fare sempre il bene, forza per portare avanti la Contro‑Rivoluzione. Forza per lottare per Voi, o Maria Santissima, e per tuo Divin Figliolo, nostro Salvatore e Redentore. Forza, infine, o Madre, per lottare per la Santa Chiesa e per la civiltà cristiana.

Fateci forti affinché, amandoVi con l’amore dei forti, sappiamo servirVi con la dedizione e l’efficacia dei forti. Vogliamo che venga, quanto prima, il Vostro Regno sulla Terra, o Maria, o Gesù!


Bookmark and Share