Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

La fierezza di essere cattolico, apostolico, romano

 

 

 

 

Brani di una riunione per soci e volontari della TFP brasiliana, il 14 marzo 1981. Senza revisione dell'autore (*)

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Se mi ricordo delle mie prime battaglie spirituali e come si svolsero, come nacquero, come furono condotte attraverso altre battaglie, una dopo l'altra sino alle battaglie di oggi - perché non c'è vita che non sia una battaglia - se mi ricordo delle mie prime battaglie spirituali, mi rammento di alcuni principi che mi condussero all'ottimo. Tutti siamo concepiti nel peccato originale e tutti noi abbiamo per natura inclinazioni che non sono buone, alla pari di inclinazioni buone; e dobbiamo combattere sin dall'inizio. In che modo il desiderio dell'ottimo, storicamente e concretamente, si sviluppò in me?

Mi ricordo di due elementi fondamentali a questo proposito: in primo posto, certi trasporti d'animo verso determinate virtù, verso certe qualità essenzialmente e naturalmente riguardanti la Santa Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana riconosciuta in sé stessa, nella sua dottrina, nelle sue cerimonie, ecc., riconoscibile nella persona adorabile e divina di Nostro Signore Gesù Cristo, nella persona della Madonna, la Madre perfetta per eccellenza. Momenti in cui la santità e il bene, specialmente della Chiesa - che era ciò che mi veniva più in mente - mi apparivano in maniera talmente chiara e nitida, così salda, che rimanevo veramente entusiasta: questo punto, quell'altro, quell'altro ancora...

Però, c'era pure un'altra cosa: l'orrore a certi difetti, a determinati stati d'animo; l'idea che se io non facessi attenzione, sarei potuto incorrere in essi. Avevo una sensazione simile a quella delle vertigini per le altitudini, cioè la possibilità di scivolare completamente se non stessi attento. Donde quell'indietreggiare, con orrore, concentrandomi in questa idea (ed ecco "l'ottimo"): se non mi allontanerò, e molto, rotolerò in basso. O evito i mezzi termini, oppure cado nell'abisso in cui non voglio precipitare. Donde l'idea: o mi allontano interamente e sono l'opposto di ciò che non voglio essere, oppure diverrò quel che non voglio essere. Quindi, mi installo in quell'ottimo che se non fosse proprio l'orrore del pessimo, non lo sceglierei; o mi metto all'apice di questo ottimo oppure è al vortice opposto che mi consegno. Dunque, si tratta di due posizioni distinte: una, di entusiasmo per alcuni punti e l'altra, di orrore per certi altri.

Infine, un terzo principio che non tardò a formarsi nel mio spirito, grazie all'intercessione della Madonna, ed è questo: è una falsità immaginare di poter praticare bene soltanto una, due o tre virtù. Infatti, le virtù sono sorelle indissociabili: o le si praticano tutte o non si pratica nessuna; poiché le virtù sono tutte consorelle, e non si può, in una cerchia di sorelle, accarezzare una mentre si schiaffeggia l'altra. È necessario, se si ha buoni rapporti con una, averli con tutte.

Vi sono certe virtù verso le quali ci incamminiamo, non per terrore dell'abisso ma per il desiderio di acquisire il cielo. Infatti, non c'è bambino che non abbia pensato: "Come deve essere gradevole passeggiare in quell'azzurro; quanto sarebbe delizioso inoltrarsi in quell'azzurro". Ebbene, quando si contempla certe virtù è come voler passeggiare in quell'azzurro; è questo desiderio che costituisce il fascino mediante il quale, toccati dalla grazia, si desidera in tutti i modi avere certe qualità ed essere in un certo modo. A questo punto si desidera essere ottimi, con la migliore disposizione d'animo: è perché quella cosa è talmente bella e tanto buona che non ce ne saziamo e la si vuole possedere e possedere ancora, illimitatamente. 

Tra tutte le virtù, quale fu nella mia vita quella che più mi entusiasmò e che ho cercato di praticare con maggior ardore ed entusiasmo? Io intravidi la questione in una virtù per la quale avevo molto ardore ed entusiasmo, ma allo stesso tempo orrore al suo opposto (le due cose si completavano): era la purezza. Ma non tardai nel notare che la purezza era un gradino e che propriamente il mio entusiasmo ed ardore si avviava ad un insieme di virtù. Si trattava di una costellazione di virtù che erano atti intellettivi, atti volitivi, ma allo stesso tempo degli stati d'animo, un profilo d'anima e un modo di essere significati dalla parola che, grazie alla Madonna, non fui mai capace di pronunziare senza entusiasmarmi: cattolico! 

La musicalità della parola “cattolico”

Mi ricordo di me ancora piccolo, da solo, mentre pensavo: "È curioso... La parola Cattolico: che musica! Cat - to - li - co! Quattro note e che bellezza! Devo mettere l'accento sul ‘Ca’, così comincio con irruenza e proclamando. Poi viene la ‘o' che esclama e che sta al vertice. E in sèguito la ‘i' che finisce con delicatezza. Che parola di mio gusto!"

E quindi pensavo: "Ma io ho già sentito parlare di Cattolico Apostolico Romano. Vuol dire che tutto ciò forma una sola cosa. Ma che cos'è Apostolico Romano? Perché va insieme a Cattolico? Beh, siccome sono solo, non ho nessuno cui domandare... Allora analizzerò la musicalità delle parole, partendo dal presupposto che le parole a volte riflettono musicalmente il proprio significato".

Allora riflettevo: "Cattolico Apostolico”. Questo Apostolico sembra una riedizione di Cattolico, presentato sotto un altro profilo. Sembra una ghirlanda che scende, si allarga e poi risale. Bello! Va bene! E adesso Romano. Non sapevo bene che cosa fosse stata Roma, ma dicevo: Romano! Forte, serio, solido! Uno ha l'impressione di un fiume che scorre sotto un arco – benché non conoscessi il Tevere – ma un arco forte, sotto il quale le acque passano impetuose ed esso resiste. Romano! Che bello!". 

La prima volta che sentii poi parlare di Romano Pontefice non sapevo che cosa fosse un pontefice. Ma mi dissi: "Che bella parola: Pontefice. Senti che musica! Il Pontefice Romano, dall'alto è infallibile: comanda e gli altri obbediscono. Ah, essere cattolico è una cosa straordinaria. Non c’è uguale. È il massimo!"

Nostra Signora mi concesse la grazia di rendermi conto di com’era indispensabile, ammirevole, credere. Ma non bastava credere. Era necessario possedere continuamente un certo stato di spirito. Questo stato di spirito era interamente come lo desideravo. Io tendevo verso ciò e non volevo essere altro.

Era un misto di serietà, di lungimiranza, ma allo stesso tempo di una forza calma, compassata, positiva, capace di rimuovere qualunque ostacolo, poi superare qualsiasi distanza ed arrivare dove si deve arrivare. 

(*) Traduzione a cura del sito "Circolo Plinio Corrêa de Oliveira".


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