Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

Sul fulmine e la lucciola: finale

 

 

 

 

 

Folha de S. Paulo, 6 gennaio 1980 (*)

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Concludo oggi il mio precedente commento sulla corrispondenza tra mons. Luciano Duarte, mons. Ivo Lorscheiter e mons. Luciano Mendes de Almeida.

Già da molto tempo un fitto mistero inquina l’atmosfera del Brasile cattolico: da undici anni a questa parte esplode di quando in quando una protesta contro la infiltrazione comunista negli ambienti cattolici. Al tuono fa seguito un mormorio. E poi silenzio. Perché questa inerzia? Ricordiamo i fatti.

1) 1968 (luglio-agosto) - Raccolta di firme promossa dalla TFP, nella quale 1.600.368 cattolici chiedono provvedimenti contro la infiltrazione comunista nella Chiesa a Paolo VI, allora presente a Medellin. Mormorio. Silenzio come risposta.

2) 1969 (febbraio) - La TFP pubblica sui giornali un comunicato intitolato L’Arcivescovo rosso apre le porte dell’America e del mondo al comunismo. Mormorio. Silenzio.

3) 1969 (luglio-agosto) - Edizione speciale del mensile Catolicismo (di cui la TFP diffonde in tutto il paese 165 mila copie), che denuncia l’IDOC e i “gruppi profetici”, organismi internazionali semiclandestini di promozione del comunismo e del progressismo nella Chiesa. Mormorio. Silenzio.

4) 1969 (novembre) - Esplode l’affaire Marighela. La TFP diffonde ampiamente un comunicato nel quale manifesta la sua costernazione di fronte alla partecipazione di sacerdoti domenicani alla cospirazione terroristica guidata da Carlos Marighela.

5) 1972 (novembre) - Il vescovo di Campos, mons. Antonio de Castro Mayer, concede una clamorosa intervista alla Folha de S . Paulo a proposito della sua lettera pastorale sui Cursilhos de Cristiandade, nella quale mette in guardia l’opinione pubblica cattolica relativamente alle tendenze di sinistra presenti in certi circoli cursiglisti. In 120 giorni la TFP ha venduto 93 mila esemplari di questa pastorale in 1238 centri abitati. Molto mormorio. Silenzio.

6) 1975 (novembre) - La TFP diffonde attraverso i giornali un messaggio al cardinale Arns, intitolato Non si illuda, Eminenza, in cui mette in guardia la gerarchia ecclesiastica a proposito del vuoto che si sta facendo intorno a essa, nella misura in cui favorisce la sovversione comunista in Brasile. Mormorio. Silenzio.

7) 1976 (luglio) - Pubblico il volume A Igreja ante a escalada da ameaça comunista. Apelo aos Bispos silenciosos, nel quale faccio la storia dei quarant’anni della crisi progressista e del cattolicesimo di sinistra in Brasile. Di questo libro si esauriscono 51 mila esemplari. Alcuni comunicati ecclesiastici esacerbati contro il libro, privi di argomenti. Chiedo pubblicamente spiegazioni. Silenzio.

8) 1977 (febbraio-maggio) - Mons. Geraldo de Proença Sigaud, arcivescovo di Diamantina, e mons. José Pedro Costa, allora arcivescovo coadiutore di Uberaba, denunciano la diffusione del comunismo tra i cattolici brasiliani. Mormorio. La Santa Sede apre una inchiesta della quale incarica mons. José Freire Falcão, arcivescovo di Teresina. L’inchiesta, a quanto pare, è morta nel silenzio.

9) 1977 (agosto) - Sul Correio Braziliense mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, propone la pubblicazione di una pastorale collettiva dell’episcopato brasiliano contro il comunismo. Il patriottico suggerimento urta contro un muro di silenzio, e cade in dimenticanza.

10) 1977 (novembre) - Pubblico il volume Tribalismo indigena, ideai comuno-missionário para o Brasil no século XX, nel quale denuncio la neo-missionologia comunista e strutturalista. Ne sono vendute sette edizioni, per un totale di 76 mila esemplari. Mormorio. Silenzio.

Di fronte a tutte queste grida di allarme - e per brevità faccio riferimento solamente a quelle che sono partite dal Brasile - è un fatto storico che la parte interessata ha reagito soltanto o quasi soltanto con mormorii. E la Santa Sede con il silenzio.

In questo senso - bisogna insistere - in Brasile il discorso di Giovanni Paolo II a Puebla è stato, fino a poco tempo fa, assolutamente inefficace. Lo possono attestare tutti coloro che hanno assistito costernati all’appoggio dato da vescovi e da sacerdoti alle diverse forme di agitazione e di contestazione, di cui il Brasile è stato teatro nel 1979.

All’interno di questo lugubre panorama brilla all’improvviso la lettera di mons. Luciano Duarte. Opportuna. Coraggiosa. Essa va un poco oltre la critica delle prefazioni falsificatrici preposte alle edizioni del documento di Puebla. Denuncia tutta una “interarticolazione” di portata americana e di risonanza mondiale, messa in moto dagli adepti della “teologia della liberazione” per diffamare la figura rispettabile di mons. Lopez Trujillo, presidente della CELAM, che, con mons. Luciano Duarte, si viene opponendo a questa scuola.

Ma si presenta a questo punto la nostra prima domanda. Quei due studi introduttivi al documento di Puebla sono due punti sull’orizzonte della sovversione ecclesiastica in America Latina. Certamente punti importantissimi. Ma in essi non si esaurisce tutto l’orizzonte. Mons. Luciano Duarte intende lottare soltanto per la neutralizzazione di questi due punti? Farà astrazione da tutta la galassia di iniziative sovversive che la nuova teologia sta moltiplicando nel continente? Ignorerà che la “interarticolazione” da lui così sagacemente individuata, non inonda di calunnie solamente le nobili personalità di mons. Lopez Trujillo e la sua, ma quella di tanti altri combattenti della buona causa? Di fronte a questo, lui (e anche mons. Lopez Trujillo) fino a che punto condurranno la lotta meritoriamente iniziata? Riporranno la spada nel fodero dopo il volo di lucciola della piccola replica della CNBB? Continueranno fino a che le prefazioni censurabili siano ritirate dalla circolazione? In questo caso, si ritireranno poi nella convinzione (o nella illusione) di avere fatto uno sforzo completamente riuscito? O possiamo sperare che la lettera dell’arcivescovo di Aracaju sia stato un primo passo per scatenare tutte le forze cristianamente valide nella realizzazione di tutto un programma per sanare definitivamente l’orizzonte dottrinale inquinato, nel quale vivono i cattolici ibero-americani?

In realtà, soltanto l’ultima ipotesi corrisponde alle necessità della situazione.

Se non è così, e se restiamo misteriosamente nella inerzia dell’orizzonte nel quale i tuoni esplodono inutilmente, e smuovono solamente, di quando in quando, qualche lucciola dalla luce smorta e dal volo indeciso, ripeto: la situazione sarà soltanto peggiorata, perché la inutilità anche di questa mossa avrà aumentato il mistero, il malessere e lo sconcerto.

Se deve succedere così - e Dio ce ne liberi - è meglio che volgiamo subito le nostre speranze alla visita che Giovanni Paolo II, con la sua figura robusta, viva e vivace, ci farà alla metà del 1980. E la cui condotta di fronte agli errori di p. Pohier, di don Kung e di p. Schillebeeckx - e forse di p. Leonardo Boff - va suscitando da queste parti non poche speranze.

(*) Titolo originale: “Sobre raio e vaga-lume: final”. Traduzione di “Cristianità”, Piacenza, N. 59, marzo 1980, pag.  10.


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