Plinio Corrêa de Oliveira
"Ahorita, ahorita"
Folha de S. Paulo, 18 novembre 1978 |
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Da un amico di Kansas City ho ricevuto una vignetta in tre quadri, comparsa sul Lawrence Journal-World del 13 ottobre scorso (pag. 4). Nel primo, un uomo, abbastanza corpulento e di una certa età, seduto su di una poltrona, assiste, alla televisione, a una partita di calcio. La sua espressione indica attenzione, ma il suo corpo è confortevolmente disteso. Nel secondo quadro l’apparecchio sembra emettere vibrazioni straordinarie, e ne escono voci che annunciano l’avvenuto scoppio della terza guerra mondiale. L’uomo rimane assolutamente nella stessa posizione. Nel terzo quadro, la emittente televisiva ritorna a presentare il gioco, e l’uomo resta ancora nella stessa posizione.
In questo modo ha fatto irruzione, nella serata tranquilla di questo immaginario telespettatore, un avvenimento tale da coinvolgerlo improvvisamente in una tragedia atomica, da mandare in rovina il suo paese e da cambiare per secoli l’indirizzo della umanità. Di più, tale da allontanare per sempre - o da imporre per sempre - la prospettiva della dominazione comunista sul mondo intero. Nulla di tutto questo tocca, “ahorita, ahorita” (adesso, proprio adesso, n.d.t.) come dicono i miei amici dell’Ecuador, della Colombia e del Venezuela, la serata tranquilla dello spettatore; e per questa ragione non si muove. Sia ben chiaro che una tale mentalità non è propria soltanto del Kansas e neppure solamente degli Stati Uniti, ma si estende a larghe fasce della popolazione di tutto il mondo. Abbraccia anche ampie zone di San Paolo; e in San Paolo abbraccia non piccoli settori di Higienopolis, il quartiere dove vivo, e forse non scivola in me a causa della cura meticolosa che pongo nel preservare la mia mentalità dalla infiltrazione di stati d’animo di questo tipo. Un esempio tipico di questa mentalità è costituito dall’atteggiamento di una grande parte dell’opinione pubblica di fronte alla situazione in cui improvvisamente i giornali ci hanno descritto l’Iran. Questo paese era universalmente considerato come una delle grandi barriere sostenute dall’occidente contro la espansione del comunismo in Asia. Non solo barriera solida, ma posta, inoltre, in una posizione altamente strategica. Infatti il litorale iraniano occupa una posizione tale da influire su tutto quanto riguarda la navigazione nel Golfo Persico e nel Mare di Oman, verso Suez o verso il capo di Buona Speranza. Insomma, la distribuzione del petrolio è in buona parte nelle mani dell’Iran. E si trattasse soltanto della distribuzione! L’Iran non è solamente una barriera sulla terra, e un importante signore di rotte essenziali sul mare. Esso è anche un forziere che custodisce il tesoro di ricchissimi giacimenti di petrolio. Sono, inoltre, alla sua portata altri giacimenti, quelli delle zone petrolifere del Golfo Persico. Insomma, l’Iran possiede i più diversi titoli per essere influente nel gioco internazionale di questo nostro mondo giugulato dal petrolio. Ma l’occidentale dormiva tranquillo, pensando che tutto questo fosse ben conservato nelle forti e abili mani dello scià Reza Pahlevi. E che cosa sarebbe successo se, improvvisamente, queste mani avessero ricevuto un colpo dal comunismo, pericolosamente instaurato nella vicina Russia? Numerosi occidentali del mio paese e di altri, ai quali da tempo andavo ponendo la domanda, si spaventavano per il suo carattere importuno. E mi rispondevano con un tranquillo tono magisteriale che questo non poteva accadere. Ma perché? chiedevo. Se in questo mondo la Russia sferra colpi assolutamente contro chi vuole, perché sarà esente da questa aggressione lo scià, e lui solo? La risposta era sempre la stessa, e cioè che no, non poteva accadere. Neppure dopo il golpe che ha portato i comunisti al potere nel vicino Afghanistan, nell’aprile di quest’anno, questo atteggiamento dei miei interlocutori è mutato. Improvvisamente, ecco che la mano dello scià riceve il colpo temuto, e si mette a tremare. La terra sotto i suoi piedi comincia a muoversi. E l’atmosfera intorno a lui, che avevamo immaginato millenariamente limpida e diafana, comincia a diventare torbida per la enorme confusione. Una inattesa e capziosa coalizione di musulmani ultraconservatori e di comunisti mette a soqquadro il paese. Nelle mani del sovrano lo scettro vacilla. E con lo scettro vacilla la muraglia, vacillano le rotte, si schiude a ogni specie di assalto il prezioso forziere del petrolio. Insomma, il dominio del mondo è in questione. E a seconda del corso - a medio termine, se non in un tempo più breve - esploda una terza guerra mondiale. Mentre si svolgono questi fatti, che cosa fanno milioni e milioni di nostri contemporanei? Si comportano, appunto, con la indolenza supina della figura della vignetta del Kansas. Cioè dedicano un poco del loro tempo alla lettura molto sommaria di quanto accade di decisivo per il mondo sulla scena iraniana, e subito passano oltre, fissando lo sguardo sulle molteplici notizie - diverse con titoli di grande rilievo, che alla crisi iraniana non sono stati generalmente dati - su ogni tipo di disastri, tensioni, attentati e vergogne di cui è piena la realtà contemporanea. Poi chiudono il giornale, concludendo, non so bene come, che non c’è niente di nuovo, e che il mondo può stare tranquillo. Tuttavia, i giornali dello stesso giorno danno una notizia che tranquillizza questi tranquilli. Mi spiego. Il fenomeno psicologico sta esattamente in questi termini. Si tratta di tranquilli che avevano dimenticato il caso iraniano, e che, vedendo che esso cambia volto con la instaurazione di una dittatura militare, dicono immediatamente di essersi tranquillizzati. Come è possibile che si siano tranquillizzati, se erano già tranquilli? È meglio non rivolgere loro questa domanda, perché nessun tipo di gente è più irritabile dei maniaci della tranquillità, quando si appioppa loro una domanda assolutamente puntuale. Se ora si sono tranquillizzati, la loro precedente mancanza di preoccupazione era soltanto apparente? E per quale ragione esibire una apparenza non reale? Inoltre, perché si sono tranquillizzati? Perché i militari ridurranno al silenzio tutti, e manterranno sotto la influenza dell’occidente, rigida la barriera, serene e aperte le rotte, e perfettamente a portata il petrolio? La risposta è un‘altra. “Ahorita, ahorita”, tutto va bene. E questo basta... Scrivo di sera. Non so che cosa riporteranno i giornali di domani. Ma quelli di questa mattina presto dicono che lo scià può contare su sé stesso e solo su sé stesso. Senza il sia pure minimo appoggio nella opinione pubblica, lo scià è ridotto a essere una figura decorativa. Ma, in ultima analisi, questa figura deve essere in qualche modo necessaria per la psicologia iraniana, diversamente nessuno lo lascerebbe comodamente seduto sul millenario Trono del Pavone. Pertanto, in questo consiste la sua popolarità. E i militari che ora lo hanno spinto da parte? Se è vero che non hanno nessun appoggio nella opinione pubblica, e che questa continuerà a essere manipolata in larga misura dal comunismo, capace perfino di questa mossa straordinaria, consistente nel fare schierare al proprio fianco la fazione maomettana più reazionaria, quanto tempo dureranno al potere? Domanda piena di incertezze in questa epoca, nella quale, in certe occasioni, la guerra rivoluzionaria psicologica può più di mitragliatrici, carri armati e cannoni. L’Iran rimane, così, immerso nella incertezza e nella confusione. La muraglia non è crollata. Ma, mentre prima era di pietra, è diventata di plastica. Il forziere che custodisce i giacimenti inestimabili, mentre prima era di ferro, è diventato di latta. Lungo le rotte marittime domina la incertezza... Ma per milioni e milioni di nostri contemporanei tutto procede bene, dal momento che in questo istante, in questo minuto, nel secondo che passa – “ahorita, ahorita” - tutto è a posto. E tanti mezzi di comunicazione sociale, che ora si riflettono sul pubblico, ora ne ricevono il riflesso, continuano a dare alla molto irritante stupidità contemporanea più importanza che alla pericolosa confusione iraniana. Le cose vanno così. Prima di concludere, rifletto. Devo rettificare qualcosa che ho detto. Ho qualificato mossa straordinaria il fatto che l’abilità manovriera comunista sia riuscita a farsi alleati musulmani reazionari, nella lotta contro lo scià. Mi rendo conto che questo è niente di fronte all’altra mossa, questa veramente straordinaria, e mille volte più tragica. Quella di essere riuscita a infiltrare tanto ampiamente, tanto spaventosamente, la santa Chiesa di Dio... Che tristezza! |