Plinio Corrêa de Oliveira
Berlinguer, Amendola e Soci
Folha de S. Paulo, 21 novembre 1971 (*) |
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Mi sembra degno di interesse esaminare oggi due notizie, riguardanti il PC italiano, riferite dalla stampa brasiliana senza il rilievo che, a mio avviso, meritano. Come è noto, il PC italiano è, per l'alto numero dei votanti, il più importante tra i partiti comunisti dell'Europa Occidentale. Per questa ragione, esso esercita discreta ma indiscutibile funzione di guida. La struttura interna di un partito comunista è molto diversa da quella abitualmente adottata nei partiti di ispirazione liberal-democratica. Mentre in questi ultimi la tendenza liberale porta a sottovalutare la disciplina di partito e quindi a una relativa impotenza degli organi direttivi, il carattere totalitario della dottrina comunista produce una disciplina ferrea e di conseguenza un potere ipertrofico di tali organi direttivi. Per tutte queste ragioni, una riunione del comitato centrale del PCI è qualcosa di molto serio, e produce abitualmente conseguenze apprezzabili sulla condotta del comunismo in Italia e anche - in certi casi – sulla condotta degli altri PC dell'Europa libera. In una di queste riunioni, il compagno Enrico Berlinguer, che ricopre l'importante carica di vice-segretario del PCI, ha fatto una proposta, che riassumo qui di seguito in alcuni punti: 1) che i partiti comunisti dell'Europa Occidentale accentuino la loro indipendenza da Mosca e da Pechino; 2) che il PCI e gli altri partiti comunisti dell'Europa libera adottino un neocomunismo, che si diversifichi dal comunismo classico per il seguente programma di governo: a) autentico pluripartitismo; b) autonomia dei sindacati dei lavoratori dagli organi governativi; c) sopravivenza di un ambito operativo (non definito, si noti bene) per l'impresa privata, nell'insieme dell'economia nazionale; d) libertà individuale, libertà religiosa, culturale, artistica e scientifica. L'importanza della proposta, fatta da un personaggio così qualificato, nel massimo organo del partito-guida del comunismo europeo, è incalcolabile. Infatti, se avrà una buona accoglienza, il comunismo avrà sofferto la maggiore «eresia» della sua storia, dal momento che il neocomunismo si differenzia da esso su punti di una evidente importanza. Ma, chiedo, questa «eresia» sarà autentica? Oppure costituisce soltanto una manovra? In altri termine, la proposta del compagno Berlinguer costituisce un gesto di rivolta contro il comitato centrale del PCI, oppure è un ballon d'essai lanciato di comune accordo con gli altri componenti il comitato stesso? Di norma, la proposta «eretica» ed esplosiva avrebbe dovuto essere accolta con indignazione da tutti i presenti. Essa avrebbe dovuto scuotere la base del partito e causare proteste in tutta l'Italia. Pechino e Mosca avrebbero dovuto «scomunicare» l'«eretico». E i vari PC europei, a loro volta, avrebbero dovuto dichiarare pubblicamente il loro rifiuto delle proposte di Berlinguer. Ma questo sarebbe logico soltanto se Berlinguer avesse agito di propria iniziativa, senza previo accordo con nessuno. Ora, assolutamente al contrario, i giornali non ci riferiscono una sola manifestazione di rifiuto - o almeno di sorpresa - da parte di alcun governo, partito o gruppo comunista. Quindi, sembra che tutti fossero d'accordo fin da prima con quello che Berlinguer avrebbe detto. Perciò il suo suggerimento indica una via che il comunismo internazionale desidera realmente vedere seguita dai PC dell'Europa libera. * * * Che cosa guadagnerebbe, con una manovra così sinuosa, la causa del comunismo? - obietterà qualche lettore. Per rispondere, è necessario considerare anzitutto l'analogia tra il piano suggerito da Berlinguer e la «rivoluzione nella libertà», che Allende ha bandito in Cile. Allende non ha fatto mistero dei motivi tattici che lo stanno portando a seguire la via di una relativa libertà nella instaurazione della rivoluzione cilena. Anche recentemente ha riconosciuto di «essere arrivato al governo, ma non al potere» in Cile (1). Questo ovviamente gli impone l'arduo compito di servirsi ora del governo per ottenere il potere. In questo processo, gli è impossibile agire con la forza, poiché questa è un corollario del potere, che non possiede ancora. Così, Allende è costretto a concedere all'avversario proprio quella percentuale minima di libertà senza la quale questi si rivolterebbe. In tal modo, il governo è impegnato in una lotta impari con l'opposizione, e le carte migliori sono dalla sua parte. Ciononostante, una lotta, anche se impari, può riservare delle sorprese per il più forte. Non si può escludere del tutto la possibilità che Allende sia sconfitto. In tale caso, lo ha già detto lui stesso, potrà soltanto «spegnere la luce e tornare a casa» (2). Anche in questa ipotesi, la causa comunista avrà tratto molti vantaggi dal passaggio di Allende alla carica suprema. Infatti egli sta facendo una serie di riforme di struttura, che impongono al Cile una configurazione sempre più consonante con il marxismo. Il Cile del dopo-Allende sarà incomparabilmente più preparato per un nuovo attacco comunista del Cile nello stadio ante-Allende. Sia che duri, sia che non duri, il governo marxista avrà prestato, con la «rivoluzione nella libertà», un inestimabile servizio alla causa comunista in Cile. * * * La «rivoluzione nella libertà» costituisce, dunque, una mossa scaltra. Non meraviglia che Mosca e Pechino la vogliano ora ripetere nell'Europa libera. Infatti, come in Cile, anche nell'Europa Occidentale nessun PC è mai riuscito a ottenere un'autentica maggioranza elettorale. Il suo unico modo per andare al potere è una coalizione sul tipo della Unidad Popular che ha portato Allende al governo, formata cioè da marxisti, socialisti, democristiani e radicali. Ora, si dà il caso che, nell'Europa libera, le sinistre non comuniste si siano sempre mostrate riluttanti nell'accettare un collegamento con il comunismo. Impressionate da quanto è successo in Cecoslovacchia e in altri luoghi, esse temono che il PC, una volta al potere, instauri una dittatura e le espella dal governo. In queste condizioni, o il comunismo finge di cambiare volto e mentalità, presentandosi alla cilena e proponendo alle sinistre una vasta coalizione per fare la «rivoluzione nella libertà», o è destinato a rimanere stazionario. Questa contingenza tattica spiega il new look comunista lanciato da Enrico Berlinguer con il tacito assenso - ma assai significativo e autorevole - di Mosca, di Pechino e di tutto il comunismo europeo occidentale. * * * Tutto questo, così chiaro sul piano di una analisi ideologico-politica, ha già ottenuto una eloquente conferma anche sul piano dei fatti. In una riunione poco posteriore del comitato centrale, il compagno Giorgio Amendola ha proposto una convergenza elettorale tra quelle che chiama le «tre grandi forze politiche» dell'Europa Occidentale, cioè il comunismo, il socialismo e la democrazia cristiana. Secondo Amendola, questa convergenza avrebbe come scopo il conseguimento della vittoria delle sinistre, alleate o collegate, nelle importantissime elezioni che si terranno nel 1973 in Italia, in Francia, nella Germania Occidentale e in Inghilterra. Amendola spera, allora, che l'Europa Occidentale, diretta dai governi sorti da queste elezioni, possa affrettare di molto la formazione degli Stati Uniti d'Europa e inaugurare un sistema di sicurezza collettivo, che vada aldilà della cortina di ferro. Questo implicherebbe – commento io - l'espulsione dei nordamericani dall'Europa, la fine della cortina di ferro e la fusione delle forze dell'Europa Occidentale e Orientale in un tutto unico. In altre parole, il fine cui mira Giorgio Amendola è una Europa Occidentale diretta da altrettanti Allende, politicamente e militarmente integrata in un blocco nel quale la potenza maggiore sarebbe la Russia! * * * Come si può vedere, vale ampiamente la pena, per il comunismo, di lanciare nell'Europa Occidentale la formula cilena. Ma, a questo scopo, come abbiamo già visto, è necessario che il comunismo cambi volto. Ecco la ragione del neocomunismo pieno di lusinghe lanciato da Enrico Berlinguer. In altre parole, il piano di Amendola spiega la proposta di Berlinguer. L'uno e l'altra insieme spiegano a loro volta la connivenza muta, generale, impressionante, del comunismo internazionale a tutti i livelli... Ma, obietterà qualche lettore, niente di tutto questo è realizzabile. In Cile, la lotta contro l'iniziativa privata e la proprietà privata sta già producendo la miseria. E questa finirà per abbattere Allende. La stessa cosa succederà in Europa... Che la miseria provochi sempre e necessariamente la caduta di un governo, è tesi discutibile. Se fosse sempre vera, come spiegare il fatto che, in tutti i paesi nei quali il comunismo prende piede, si introduce la miseria e il regime comunista non cade? In Cile, Allende cadrà soltanto se la miseria giungerà al massimo prima che coloro che sono al governo siano riusciti a impadronirsi del potere. Il gioco di Allende consiste nell'arrivare, nella corsa al potere, prima che la povertà sia diventata insopportabile. Ottenuto questo, potrà mantenervisi con la forza bruta. Lo stesso principio, mutatis mutandis, vale in qualsiasi parte del mondo. Compresa l'Europa Occidentale... A questo scopo lavorano Berlinguer, Amendola e soci. Note: (*) Cfr. "Il crepuscolo artificiale del Cile cattolico", PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA E TFP CILENA, Cristianità, Piacenza 1973, pp. 143-147. – I grassetti sono di questo sito. (1) Cfr. O Estado de S. Paulo, 5-11-1971. (2) Ibidem, 7-11-1971. |