Plinio Corrêa de Oliveira
Due ideali: il Diritto e la macchina
"Catolicismo", N° 42, Giugno 1954 (*) |
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Un aspetto impressionante del Colosseo. Il vecchio monumento, intensamente illuminato dai riflettori, fa vedere bellezze differenti da quelle che manifesta di giorno, con tutte le luminosità del glorioso sole di Roma. Un'atmosfera di tragedia e di catastrofe grava sull'ambiente.
Sopra, in secondo piano, si vedono le mura in rovina del Colosseo. In un primo piano, le colonne di un altro rudere si ergono verso un cielo buio, alcune sono spezzate ed altre sono intere, ma inutili, come una protesta muta, sopraffatta, ma ostinata contro gli oltraggi dei secoli. Questa impressione di persistenza nel sopravvivere, di conservazione secolare di uno spirito e di una tradizione già morta, e tutto questo in un ambiente completamente trasformato, si fa molto più pungente delle mura ancora in piedi. La luce dei riflettori, i lampioni per l'illuminazione pubblica, l'asfalto umido e segnato dagli pneumatici sono affermazioni del secolo ventesimo. Ma la massa armoniosa, imponente, seria, nel contempo leggera e monumentale del Colosseo, fa percepire in questo ambiente moderno tutta la nobiltà, la dignità, la forza dell’impero, tutta l’elevazione, la robustezza e la logica dello spirito romano che aveva come ideale il Diritto. Tutto si è disfatto. Di vivo, solo il Colosseo ha il sangue ancora caldo dei martiri. Tuttavia, in queste cose che sono rovine vi è un’attrazione che raggiunge i punti più estremi della terra, determinando l’affluenza di turisti dalle più lontane regioni. Perché è in queste pietre morte che risplende ancora un grande ideale di bellezza. * * *
“Tout passe, tout casse, tout lasse et tout se remplace” [Tutto passa, tutto si sgretola, tutto stanca e tutto viene rimpiazzato]. Di perenne nel mondo c'è soltanto la Chiesa. Il Colosseo crollò. Un giorno potrà crollare il Maracanã. Che impressione lasceranno i suoi resti, se ne rimarranno alcuni? Le parti di un tutto omogeneo non possono valere più dell’insieme. Mentre l'illuminazione notturna del Colosseo fa vedere tutta la sua grandezza, la fotografia aerea del Maracanã mette a nudo tutte le sue lacune. Si direbbe un pezzo di una macchina, banale, rude, senza anima, nel quale si accalcano migliaia di formiche: sono gli spettatori. È l'espressione di un mondo che ha fatto suo ideale, non il Diritto come Roma, né la filosofia come la Grecia e meno ancora la teologia del secolo XIII, bensì la macchina. La macchina, cioè, la materia. Anime materialiste, uomo materializzato, meccanizzato, ecco quel che si vede nel Maracanã come in tanti stadi congeneri. Verranno un giorno i popoli per vedere le sue rovine? Forse... ma lo faranno per capire meglio il modo come è crollata la nostra civiltà, per scuotere la testa e continuare il cammino pensando alla giustizia di Dio. (*) Traduzione del sito "Circolo Plinio Corrêa de Oliveira". |