Davanti alla strage

degli innocenti,

nell'ordine e nella legge:

santa indignazione

 

 

 

Lepanto, Roma, Anno II – n. 13-14, Aprile-Maggio 1983, pag. 7-8

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«Davanti alla strage degli innocenti, nell'ordine e nella legge: santa indignazione». E' questo il titolo di un ampio e vigoroso appello al mondo cattolico ed antiabortista della TFP spagnola, Covadonga, pubblicato sul maggior quotidiano ma­drileno, ABC, il 6 aprile 1983, per protestare contro l'introduzione dell'aborto in Spagna.

L'importante documento si apre registrando la tristezza per dei soci e cooperatori della Società Spagnola di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà-Covadonga, per la conferma delle pre­visioni formulate nella Carta abierta su «Il socialismo spagnolo e la dottrina tradizionale della Chiesa» apparsa alla vigilia delle elezioni (22.10.1982) sullo stesso ABC e diffusa in 150.000 copie in tutta la Spagna. Il messaggio si è rivelato dav­vero profetico, come hanno dimostrato i gravis­simi avvenimenti dei mesi successivi: la vittoria elettorale dei socialisti (PSOE) e la conseguente drammatica prospettiva dell'introduzione dell'a­borto nella legislazione spagnola.

Com'è stata possibile la vittoria socialista? La diagnosi di Covadonga rivela che sono stati de­terminanti due fattori. Il primo è consistito nel­l'abile tattica del PSOE, che prudentemente non ha presentato nel suo programma elettorale quel­le recenti risoluzioni del suo Congresso che pre­vedevano l'instaurazione del libero amore, dell'a­borto, della contraccezione e dell'omosessualità le­galizzata, e che anzi si è presentato all'opinione pubblica con un piano « riformista » e « modera­to », riservandosi di avanzare solo più tardi, dopo la sperata vittoria, le rivendicazioni più traumatiz­zanti del suo programma. Il secondo, quello deci­sivo, è consistito nell'incredibile atteggiamento dell'episcopato spagnolo, che, per bocca dei suoi rappresentanti più autorevoli (a cominciare dal card. Tarancón e dal Presidente della Conferen­za episcopale), ha ufficialmente ostentato una po­sizione di fiducia verso i socialisti, prendendo per buona la tattica proditoria del programma elettorale, ed anzi dichiarando che «con i governi meno cattolici la Chiesa vive meglio». Peccando di una irresponsabilità stupefacente, l'episcopato si è fatto ufficialmente garante, di fronte ai fedeli e agli spagnoli tutti, della buona fede del PSOE, so­stenendo la conciliabilità tra Chiesa e socialismo. Inutile dire che le astuzie del lupo socialista, fat­tosi forte della malleveria di tali falsi pastori, han­no ottenuto il risultato sperato: come tutti hanno ammesso, la vittoria del PSOE è stata resa pos­sibile solo dalla sprovvedutezza del voto cattolico, che in non piccola quantità ha dato la propria fiducia al programma socialista.

Una volta emersa la vittoria del PSOE, l'unica preoccupazione dei vescovi è stata quella di rassi­curare ulteriormente i fedeli preoccupati per il futuro, dichiarando anzi che il voto socialista era stato «un voto alla speranza» ed esortando gli spagnoli a collaborare col nuovo governo in un atteggiamento di dialogo fiducioso. In questo mo­do, il governo socialista ha potuto iniziare indi­sturbato il suo reale programma di scristianizza­zione della società, presentando un progetto di legge per la liberalizzazione dell'aborto, progetto che, avendo i socialisti la maggioranza parlamen­tare, minaccia di realizzarsi in breve tempo.

Eppure, perfino di fronte a tale gravissima si­tuazione, che rivela di quale irresponsabilità era nutrita la fiducia concessa dai cattolici al falso programma elettorale del PSOE, l'atteggiamento dei vescovi è restato sostanzialmente immutato: si reclama pazienza, fiducia e collaborazione verso i socialisti. Anzi si dichiara, ad esempio per bocca di mons. Iniesta, vescovo ausiliare di Madrid (cfr. El País, 18.1.1983), che i cattolici possono essere in comunione e in collaborazione con quelle orga­nizzazioni che si ispirano ad un'«etica laica» di sinistra ed al messaggio socialista, in quanto incar­nano le reali esigenze dell'uomo moderno; pertan­to i cattolici, in nome della libertà di coscienza e del pluralismo, non abbiano problemi di coscienza verso uno Stato abortista, così come non si ribel­larono all'instaurazione in Spagna del divorzio ci­vile. Insomma, la Chiesa, di fronte alla prospettiva dell'aborto legale, non approverà, ma nemmeno si ribellerà né solleverà questioni di coscienza; i nascituri innocenti possono benissimo venire im­molati sull'altare del «dialogo», lo stesso sul qua­le è già stata immolata l'indissolubilità civile del matrimonio, e sul quale in futuro verranno sacri­ficati chissà quanti altri valori cristiani.

L'unica voce autorevole che si leva, in questo panorama, a difesa della vita innocente è quella di Mons. Guerra Campos, vescovo di Cuenca, che coraggiosamente denuncia l'irresponsabilità della Conferenza episcopale la quale, con silenzi, neu­tralità, ed anzi spesso con orientamenti equivoci e con incitazioni all'ottimismo e alla collaborazione con la sovversione, ha condotto la Spagna cattolica sull'orlo dell'abisso. (cfr. El Alcazar, 26.2.1983). Ma oltre a questo, l'antiabortismo cattolico non riesce ad opporre alla sovversione socialista altro che qualche patetica sfilata di persone che, pro­grammaticamente, manifestano per le strade cam­minando melanconicamente in silenzio: una tattica come le altre per pilotare e svilire la sana reatti­vità della popolazione spagnola, temperamental­mente così estranea a simili forme di flemmatico moderatismo. Eppure, «la Fede ispira ardimenti ben differenti» da questo atteggiamento remis­sivo!

Di fronte a simile situazione, deve venire spon­tanea al cattolico quella santa indignazione che è «frutto nobile e bello dello zelo» per la casa di Dio. Mossa da questo imperativo morale, Cova­donga ha inteso lanciare quest'appello per «mettere all'erta i distratti, guidare i dubbiosi e per­suadere i dissidenti», affinché la Spagna cattolica si mobiliti finalmente senza illusioni e senza timo­ri per la buona battaglia, per una salutare e de­cisiva reazione che sola può far indietreggiare il governo socialista costringendolo a rinunciare ai suoi perversi disegni ponendolo sulla difensiva, mentre il clero deve «convocare il popolo per la grande e decisiva battaglia della preghiera, della penitenza e della azione»: preghiera per chiedere a Dio lumi e forza nella lotta, penitenza per espia­re le colpe che hanno meritato simile castigo ed azione per ristabilire i santi diritti di Dio sulla nazione spagnola. Secondo questo spirito, che fu quello della epopea cristiana del Campeador, la Spagna potrà vincere la vile tentazione della po­litica arrendista che ha il suo archetipo nella figura del vescovo Opas, responsabile della sconfitta su­bita anticamente per opera dei musulmani, e po­trà vincere la nuova «Reconquista» contro un invasore che oggi non è esterno, ma interno, nello scenario di una Spagna non assediata, ma occu­pata.

(*) Per leggere il documento integrale ed in spagnolo, basta cliccare qua.


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