Il doppio gioco del socialismo francese:

Nella strategia, gradualità – Nella meta, radicalità

 

Il socialismo autogestionario:

in vista del comunismo,

una barriera o una testa di ponte?

 

Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

Messaggio delle Società di Difesa della

Tradizione, Famiglia e Proprietà – TFP

dell’Argentina – Bolivia – Brasile – Canadà – Cile – Colombia – Equatore – Francia – Portogallo – Spagna – Stati Uniti – Uruguay - Venezuela

 

Meta socialista per la Francia

I. Il centro e la destra di fronte al socialismo francese: l’illusione ottimista, la portata della sconfitta e l’incrocio

1. L'illusione

2. Uno sguardo al PS reale

3. Il vero significato dell'ascesa del socialismo in Francia – L'astensione elettorale, grande fattore della sconfitta del centro e della destra

4. Posta la vittoria del PS, che cosa fare? — L'incrocio

5. La scelta della strategia: aspetti del socialismo francese

II. Dottrina e strategia nel progetto di socialismo per la Francia

1. "Libertà, uguaglianza, fraternità" nel "Progetto socialista"

2. Il PS, il centro e la destra

3. Il PS ed il comunismo — la strategia della gradualità

4. Autogestione nell'impresa: una minirivoluzione socio-economica

5. L'autogestione deve abbracciare tutta la società e l'uomo intero

6. Perché la riforma dell'impresa richiede la riforma dell'uomo

7. Società autogestionaria e famiglia

8. Il tempo libero

9. Il controllo dell' “ambiente di vita"

10. L'educazione

11. Il diritto di proprietà nel regime autogestionario

12. La proprietà rurale nel Progetto socialista

III. Il nocciolo dottrinario del Progetto socialista: laicità – “liberté, egalité, fraternité”

1. I diritti dell'Uomo nella società autogestionaria: informarsi, dialogare e votare

2. La Religione e le religioni nel Progetto

3. L'Episcopato francese di fronte al PS

IV. Un intervento negli affari interni della Francia?

Il glorioso avvenire della Francia secondo São Pio X

 

[Pubblicato sulla stampa di 55 paesi, con una tiratura complessiva di 33,5 milioni di copie; è uscito integralmente in Italia nelle pagine di] Il Giornale e Il Tempo (13 gennaio 1982), Cristianità (Anno X, N. 82-83, febbraio-marzo 1982)

   

 

IN FRANCIA:

la vittoria del Partito Socialista mette ad un incrocio

la maggioranza dell’elettorato di centro e di destra

 

IN OCCIDENTE:

la vittoria elettorale dà al Partito Socialista ampi mezzi

diplomatici e propagandistici per l’incremento della guerra

psicologica rivoluzionaria all’interno di tutte le nazioni

 

 

 

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Meta socialista per la Francia

• Conferma della laicità di Stato — il matrimonio equiparato alla libera unione — completa libertà sessuale — "riabilitazione" dell'omosessualità — accesso libero e gratuito agli anticon­cezionali — libertà di aborto sia per adulti che per minorenni — agonia e morte dell'insegnamento privato — educazione statale dai due anni d'età.

• Nazionalizzazione della grande e media impresa urbana — socializzazione progressiva della vita rurale — la via auto­gestionaria — l'assemblea operaia, arbitro finale di ogni impresa — il ruolo dei dirigenti e dei tecnici nelle imprese autogestionarie: ubbidienza — lotta di classe — partecipazione dei consumatori nella direzione dell'impresa.

• Il modello autogestionario per la famiglia: bambini autogestionari, lotta di classe contro i genitori — per la scuola: studenti autogestionari, lotta di classe contro gli insegnanti.

• La società autogestionaria modella un nuovo tipo d'uomo: agnostico — con una moralità anti-cristiana — con un tetto di progresso individuale molto limitato — soggetto in tutto alla maggioranza, in comitati nei quali è elettore — comitati che lo "aiutano" pianificando persino il suo tempo libero, i suoi divertimenti e l'arredamento della sua dimora.

• L'applicazione radicale della trilogia Liberté – Egalité – Fraternité — il livellamento delle classi sociali — la dissoluzione dello Stato — la galassia delle micro-comunità — l'intero rovesciamento della monarchia, solo quando non esisteranno più imprenditori in tutta la Francia.

• L'autogestione socialista: meta internazionale al cui servizio il Partito Socialista ha promesso di strumentalizzare il governo, la ricchezza, il prestigio ed il rayonnement mondiale della Francia.

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La Rivoluzione Francese alla fine del XVIII secolo, le agitazioni rivoluzionarie del 1848, la Comune di Parigi del 1871 e l'esplo­sione ideologica e impulsiva della Sorbona nel 1968 furono delle importanti pietre miliari non solo nella storia della Francia ma di tutta la storia del mondo occidentale.

Infatti questi movimenti, ciascuno a modo suo e con le specifiche proporzioni ad esso proprie, diedero un'espressione internazionale ad aspira­zioni e dottrine che sorsero in parte in Francia in parte altrove, ma che tutte quante fermentarono in quel paese con una capacità di propagazione del tutto unica. Gli eventi storici così generati in Francia incontrarono e misero in moto nello spirito dei paesi dell'Occidente, aspirazioni, tendenze ed ideologie, le quali, sviluppandosi, marcarono l'evoluzione psicologica, culturale, politica e socio-economica di tali paesi nei secoli susseguenti.

Lo stesso sta accadendo ora con la "rivoluzione" incruenta, ma non per questo meno profonda, che la vittoria elettorale del Partito Socialista del 10 maggio 1981, e la conseguente ascesa di Mitter­rand alla presidenza, ha messo in moto, con la sua catena relativa di cause ed effetti. Le crisi che col­piscono (in misura peraltro diversa) il regime comunista e quello capitalista stanno risvegliando in tutto il mondo delle tendenze e dei movimenti che si vantano d'esser particolarmente moderni, e che credono di trovare l'espressione chiara, con­cisa e vittoriosa di tutto o quasi tutto ciò che pen­sano e desiderano nel socialismo autogestionario ora in potere a Parigi. Il che, naturalmente, li mette in marcia verso la conquista di simili suc­cessi nei loro paesi, per il profitto e la gioia, sia notato, del comunismo internazionale, del quale il socialismo è solo un caudatario ed un compagno di viaggio.

Portando questo Messaggio a conoscenza dell'intelligente e colto pubblico d'Italia, l'UFFICIO TRADIZIONE, FAMIGLIA, PROPRIETÀ, con sede a Roma, è sicuro di aver toccato un argomento capace di incidere a fondo, nei prossimi anni, il futuro dell'Occidente, e quindi del Mondo.

Firmata dalle società — autonome e consorelle — che costituiscono la grande famiglia delle TFP in tredici paesi, questo Messaggio è stesura del Professore Plinio Corrêa de Oliveira, Presidente del Consiglio Nazionale della Società Brasiliana di Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà.

 

PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA è nato a São Paulo (Brasile), nel 1908. Laureato nella Facoltà di Legge dell'Università di São Paulo, si è distinto fin da giovane come oratore, conferenziere e giornalista cattolico. Tra le fondatori e le guide della Lega Elettorale Cattolica, è stato il deputato più votato di tutto il paese per l'Assemblea Costituente federale del 1932. Professore di Storia della Civiltà presso il Corso Universitario dell'Università di São Paulo, come pure di Storia Moderna e Contemporanea nelle Facoltà São Bento e Sedes Sapientiae della Pontificia Università Cattolica di São Paulo. Presidente della Giunta Arcidiocesana dell'Azione Cattolica di São Paulo. Collaboratore degli organi cattolici "Legionario" e poi "Catolicismo", e del quotidiano "Folha de S. Paulo". Principali opere: In difesa dell'Azione Cattolica, Rivoluzione e Contro­rivoluzione, Riforma Agraria — Questione di Coscien­za (in collaborazione con altri autori), Accordo con il regime comunista: per la Chiesa, una speranza o l'auto-demolizione?, Trasbordo ideologico inavvertito e dialogo, La Chiesa dinanzi alla scalata della minaccia comunista — Richiamo ai Vescovi silenziosi, Tribalismo Indigeno, ideale comunista-missionario per il Brasile nel secolo XXI e Sono Cattolico: posso essere contro la Riforma Agraria? — Nel 1960, ha fondato la SOCIEDADE BRASILEIRA DE DEFESA DA TRADIÇÃO, FAMILIA E PROPRIEDADE — TFP — e da allora è stato Presidente del Consiglio Nazionale di questa organizzazione. Ispirate a Rivoluzione e Contro­rivoluzione e ad altre opere del Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, si svilupparono ugualmente delle TFP ed altre associazioni consorelle in dodici paesi delle Americhe e dell'Europa.

 

 

I. Il centro e la destra di fronte al socialismo francese: l’illusione ottimista, la portata della sconfitta e l’incrocio

 

1. L'illusione

Per l'“uomo della strada” della maggior parte dei paesi occidentali, il Partito Socialista francese è, come tanti altri, il risultato di una combinazione di interessi e di vanità personali concentrati attorno ad un programma di partito che viene accettato con più o meno convinzione.

Questo si capisce. L'opinione pubblica mon­diale viene informata sul socialismo princi­palmente per mezzo della televisione, della radio e della stampa. E l'immagine del Partito Socialista (PS) presentata implicitamente che esplicitamente dai mezzi di comunicazione di solito è questa: a) un elettorato costituito in maggioranza da lavoratori manuali, imbevuti a vari livelli dalla mentalità del partito, ma che include pure molti elettori della borghesia, le cui tendenze conciliatorie socio-economiche convergono, su un punto o l'altro, con vaghe simpatie filosofiche per un socialismo "filan­tropico"; b) dei quadri dirigenti che sono formati, almeno ai livelli alti e medi, da uomini politici di professione, la cui preoccupazione principale è di conquistare il potere e di conseguenza abituati a tutte le flessibilità e a tutte le audacie, ma anche alla prudenza e ad ogni concessione necessarie per arrivare al successo.

Però questa visione globale del socialismo ha poco di oggettivo. Corrisponde alle illusioni ottimistiche di molti opponenti politici del PS; illusioni che hanno considerevolmente contri­buito alla recente vittoria di questo partito.

Queste illusioni mettono gli elettori francesi di centro e di destra ad un incrocio decisivo.

 

2. Uno sguardo al PS reale

Osservato senza illusioni né ottimismo, il PS lascia vedere un carattere ideologico monoliti­camente forte. Deduce sistematicamente tutto il suo programma politico, economico e sociale dai principi filosofici da esso accettati. E l'applicazione completa ed inesorabile di questo programma ad ogni individuo e ad ogni nazione — alla Francia quindi, come pure al resto del genere umano — è la meta finale dell'azione concreta preconizzata dal Partito.

Qual'è il mezzo per ottenere questo gigan­tesco obiettivo? La manipolazione graduale della cultura, della scienza, dell'uomo e della natura, facendo uso di tattiche sofisticate di dissimulazione. Ed anche la strumentalizza­zione, degli organi statali, nel caso che il Partito giunga al potere.

Secondo il PS, sebbene questo debba esser fatto con la gradualità lenta che quasi sempre viene richiesta dalle circostanze, deve essere accelerato sempre che possibile. Durante tutto questo processo, non si deve dire nean­che una parola, non si deve fare nessun passo che non abbia come meta suprema l'anarchia finale (nel senso etimologico della parola), il che è, inoltre, il fine desiderato dai teorici comunisti.

Questo carattere del PS traspare chiara­mente dai suoi documenti ufficiali, dai libri di autori che rappresentano il suo pensiero, e pure dagli scritti di circolazione interna intesi più che altro alla formazione dei suoi membri.

Tutto questo materiale, oltre ad esser assor­bito nelle file del PS, circola in altri ambienti: fra membri della sinistra di diverse grada­zioni, intellettuali e uomini politici all'infuori della sinistra, e così via, aumentando gra­dualmente il numero dei simpatizzanti del Partito. Ma l'”uomo della strada” poco sa, o niente, di questo materiale. (1)

 

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1. Questa caratterizzazione del Partito Socialista è sicuramente documentata.

Il Partito Socialista Francese quale è oggi sorse dal Congresso di Epinay del 1971. Da allora la nuova organizzazione politica ha pubblicato diversi documenti ufficiali, in mate­ria di dottrina e programmi. Tali pubblicazioni sono eseguite particolarmente durante i suoi congressi nazionali (tenuti ogni due anni) e durante le campagne elettorali. A queste si aggiunge un numero significativo di pubblica­zioni interne destinate alla formazione dei suoi aderenti o per diffondere le conclusioni dei diversi convegni e seminari del Partito.

Dal momento che è impossibile citare l'abbondanza del materiale prodotto in tal modo, daremo preferenza nelle nostre cita­zioni a tre documenti assolutamente fonda­mentali del PS.

a) Il Projet socialiste pour la France des années 80 (Progetto socialista per la Francia degli anni 80, Club Socialiste du Livre, Parigi,  maggio 1981, 380 pagine) presenta le ambizioni dei socialisti francesi per il prossimo decennio. Il Progetto ridefinisce le priorità socialiste ed annuncia in anticipo le principali iniziative per cui l'azione del PS sarà nota al popolo francese. Occorre far presente che non abroga i testi e programmi precedenti del Partito (a cui si farà riferimento qui sotto). Anzi, "esso li prolunga per allargare allo stesso tempo il loro campo di azione e la loro portata" (p. 7).

Nel convegno nazionale del Partito tenuto ad Alfortville il 13 gennaio 1980, il Progetto fu approvato dal 96% dei voti. Il posteriore Manifesto di Créteil del 24 gennaio 1981, come pure le 110 Propositions pour la France (110 Proposte per la Francia), che apparvero con­temporaneamente, trassero ispirazione dal Progetto. Sulla base di questi due documenti, approvati all'unanimità al Congresso di Cré­teil, il Partito Socialista lanciò la campagna presidenziale di Mitterrand (vedi "Le Poing et la Rose" n. 91, febbraio 1981).

b) Nel 1972 il PS e il PC iniziarono trattative per fissare un accordo di governo dal quale è risultato il Programme commun de gouvernement de la gauche (Programma co­mune di governo della Sinistra), che ebbe validità per cinque anni. Nel 1977, dal momento che i due partiti non avevano rag­giunto un'intesa per il rinnovo dell'accordo, il Partito Socialista aggiornò di proprio conto questo Programma comune. Ai primi del 1978, durante la campagna elettorale, il Partito Socialista pubblicò il programma aggiornato per poter dare all'opinione pubblica “la possibilità di giudicare in base a documenti” che cosa farebbe il Partito se vincesse le elezioni, come pure per permettere "ad ognuno di seguire la sua applicazione" (vedi Le Pro­gramme commun de gouvernement de la gauche — Propositions socialistes pour l'actualisation — Flammarion, Parigi, 1978, 128 pagine, con prefazione di FRANÇOIS MITTER­RAND, p. 3).

c) Finalmente, le Quinze thèses sur l'auto­gestion (Quindici tesi sull'autogestione), adot­tate dal Convegno Nazionale del Partito Socialista il 21 e 22 giugno 1975 (vedi "Le Poing et la Rose", supplemento al n. 45, 15 novembre 1975, 32 pagine) sono di particolare interesse dal momento che i socialisti francesi presentano in esse la prospettiva di una società autogestionaria in qualità di "contributo proprio del Partito Socialista, per ora sul piano teorico, alla storia del movimento dei lavoratori" (vedi "Documentation Socialiste", Club Socialiste du Livre, supple­mento al n. 2, senza data, pp. 42-43) e pretendono di aver conferito un nuovo con­tenuto all'idea dell'autogestione (vedi "Documentation Socialiste", n. 5, senza data, p. 58).

Con questi documenti il Partito Socialista ha pensato di dare al lettore ordinario un gruppo di nozioni sufficientemente ampio per potersi accattivare il suo appoggio razionale e il suo voto. Essi perciò formano, tanto per dire, l'autoritratto del PS, un ritratto la cui fedeltà non può essere messa in dubbio dal momento che bisogna presumere che un movi­mento che ha appena conquistato una tale abile vittoria strategica sia capace di definire sé stesso. Inoltre, i socialisti assumono decisa­mente la responsabilità per ciò che essi pubbli­cano. Si legge nel Projet socialiste: "Noi siamo gli unici a prenderci il rischio di spiegare le nostre tesi con nero su bianco, ed a farlo mediante l'irriducibilità della stampa. ...  Noi ci mostriamo tali e quali siamo" (op. cit., p. 11).

Una volta entrato in carica, il Primo Minis­tro socialista Pierre Mauroy presentò una Déclaration de politique générale du Gouvernement durante la sessione dell'As­semblea Nazionale dell'8 luglio. In questa Dichiarazione e nel dibattito parlamentare che fece seguito, il Primo Ministro confermò la direttiva generale del Projet socialiste, dando in tal modo un contributo importante alla definizione del Partito Socialista dal punto di vista della sua ideologia e del suo programma (vedi "Journal Officiel — Débats Parlementaires", 9 e 10/7/81). Peraltro, il Primo Minis­tro affermò espressamente in quella occasione di aver ottenuto dal "consiglio dei ministri l'autorizzazione a vincolare ufficialmente il governo a questa dichiarazione di politica generale, secondo l'articolo 49 della Costitu­zione" ("Journal Officiel", 9/7/81, p. 55).

* Il riferimento a questi documenti nel pre­sente lavoro sarà fatto nella forma delle abbre­viazioni: "Progetto", "Programma Comune — Proposte di aggiornamento", "Quindici Tesi", e "Dichiarazioni di politica generale" rispettivamente. La sottolineatura in neretto delle citazioni è nostra.

* Il Le pubblicazioni del Partito Socialista usano l'espressione Progetto socialista sia per designare particolarmente il documento Projet socialiste pour la France des années 80, come pure per riferirsi più genericamente al nuovo progetto di società che essi propongono per la Francia e per il mondo, e che essi chiamano Projet autogestionnaire. In questo caso, le espressioni "Progetto socialista" e "Progetto autogestionario" sono sinonimi. Nel testo del presente lavoro si mantiene lo stesso uso ambivalente dell'espressione (a volte par­ticolare, a volte generale). Il lettore noterà con facilità il senso che viene impiegato, tanto più che le citazioni delle fonti socialiste adoperate in questo lavoro non danno adito a confusione.

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3. Il vero significato dell'ascesa del socialismo in Francia – L'astensione elettorale, grande fattore della sconfitta del centro e della destra

Osservatori ed analisti delle recenti elezioni presidenziali francesi sono convinti che il candidato vittorioso della sinistra è stato aiutato da voti provenienti da settori di considerevole importanza sia del centro che della destra. Siccome il margine di Mitterrand sul suo oppositore è stato di 1.065.956 voti (3,51% dei suffrages exprimés — cioè il numero netto di voti, scontando quelli in bianco e quelli nulli) nel secondo turno delle elezioni, questo spostamento di voti del centro e della destra al candidate socialista è stato un fattore considerevole — forse decisivo — nella gara elettorale. A ciò basti considerare che lo spostamento della metà di questa differenza avrebbe avuto per risultato l'uguaglianza dei voti (vedi Quadro I — Come 500 mila voti decisero le elezioni presidenziali francesi).

Questa fuga di voti sorprende. Vent'anni fa un qualsiasi membro del centro o della destra che fosse cosciente della sua autenticità avrebbe considerato un tradimento l'appoggio ad un candidato del PS, specialmente se questi si fosse presentato in coalizione aperta con il Partito Comunista (PC). (2) Nel 1981 questa coerenza ai propri principi non agì in molte persone del centro e della destra di età diverse (3), che con una tranquillità, a volte indo­lente, a volte sconsiderata, queste votarono per Mitterrand. Come questo è stato possibile?

 

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2. Sebbene esista un'alleanza aperta tra il Partito Socialista e il Partito Comunista, il suo beneficiario deve essere ancora legger­mente dissimulato. Ciò significa che i socialisti debbono essere coloro che emergono:

"E’ necessario che il Partito Comunista accetti questa evidenza della politica francese: la maggioranza dei francesi non affiderà il proprio governo alla sinistra a meno che non abbia la certezza che il socialismo instaurerà la libertà per il nostro tempo.

"Sia che vogliano o no, per conseguirlo, è necessario che il Partito Socialista appaia come la forza animatrice dell'alleanza. Ciò non detrae alcunché dal ruolo che il Partito Comunista vi dovrebbe recitare" (Progetto, p. 366).

Da parte loro, i comunisti hanno compreso bene il proprio ruolo. Secondo il Segretario Generale del PS, Lionel Jospin, un milione e mezzo di votanti comunisti (un quarto del Partito) hanno votato per Mitterrand già nel primo turno delle elezioni presidenziali (vedi "Le Poing et la Rose", n. 83, 30/5/81, p. 1).

 

3. I riferimenti del presente lavoro fatti sulla destra non comprendono la destra fran­cese tradizionalista che ha spesso una ispira­zione cattolica e la cui azione presumibile nelle elezioni del 1974, 1978 e 1981 è difficile da discernere ed è perciò di difficile valutazione.

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Ma i falli del centro e della destra non finirono lì. Le loro apatiche campagne elet­torali non ebbero il dinamismo e la force de frappe che è indispensabile per attirare l'ap­poggio popolare. E queste qualità non man­carono dal lato socialista-comunista.

Questa mancanza di impegno, che naturalmente si fece notare ancor più nelle elezioni legislative, ebbe pure un'altra conse­guenza: l'aumento delle astensioni in un'ele­zione così importante per il futuro della Francia e del mondo, dove niente meno che 10.783.694 elettori (ben 29,67% dell'elet­torato) si astennero nel primo turno. È signifi­cativo che il numero delle astensioni fu allora maggiore del numero dei voti ottenuto dal PS (9.432.537).

La grande perdita nel conteggio finale fu quella sofferta da parte del centro-destra, la cui votazione totale cadde da 14.316.724 nel primo turno delle elezioni presidenziali (26 aprile) a 10.892.968 nel primo turno delle elezioni legislative (14 giugno) — una perdita di 3.423.756 voti in un periodo così breve di tempo. Siccome il numero di astensioni aumentò di 3.900.917 tra un'elezione e l'altra, e siccome il voto della sinistra aumentò solo di poco (vedi Quadro II — Astensioni e disper­sione del centro e della destra hanno favorito la sinistra nelle ultime elezioni legislative fran­cesi), tutto fa credere che la maggior parte di coloro che si erano astenuti appartenevano alle schiere del centro e della destra. Tra questi, normalmente saranno stati più numerosi coloro che decisero di non votare sia a causa di querele di partito, sia perché preferirono semplicemente passare la domenica delle elezioni nel modo che sembrò loro più comodo e divertente.

Questo fatto — decisivo ad un momento cruciale — può venir chiarito in larga misura dall'illusione che non avrebbe avuto delle conseguenze drammatiche la vittoria di un partito, senza dubbio di sinistra ma tollerante.

Un'altra conseguenza di questa visione ottimistica fu che delle piccole circostanze personali, regionali ed altre, come pure il fascino che aveva la vittoria dì Mitterrand, furono abbastanza forti da far sì che molti del centro e della destra votassero per il PS, contribuendo così a colamenti simili a quelli occorsi nelle elezioni presidenziali.

Insomma, tutto porta a credere che il numero maggiore, sia di astensioni come il trasferimento di voti da un partito all'altro, sia occorso nei partiti organizzati meno rigida­mente. A meno di non immaginarsi un PS od un PC in via di rammollimento disciplinare o cercando di entrare in gara astensionista con gli avversari di centro e di destra...

Cosicché il PS dunque vinse, ma la sua vittoria non significa un aumento dell'elet­torato socialista, come la propaganda di sini­stra diffonde abilmente in tutto il mondo.

Comparando le elezioni legislative del 1978 a quelle che si sono tenute ultimamente, troviamo che il voto di sinistra è rimasto praticamente lo stesso: 14.169.440 nel 1978 e 14.026.385 nel 1981 (in ambedue casi queste sono cifre del primo turno, perché, data la particolarità del sistema elettorale francese, questo è l'unico turno in cui è possibile fare comparazioni). Siccome in questo periodo il numero di elettori è aumentato di 1.138.675, il fatto che il voto totale della sinistra sia rimasto stazionario indica in effetti una diminuzione percentuale effettiva in relazione all'insieme del corpo elettorale. Quindi la sinistra, che nel 1978 riuscì ad avere l'appoggio del 40,25% dell'elettorato totale, ora riportò solo il 38,59% — una cifra che è ben lontana dal rappresentare la maggioranza dell'elettorato (vedi Quadro III — Ristagno dell'elettorato di sinistra nelle elezioni legisla­tive dal 1978 al 1981).

Quindi la recente vittoria del PS si deve meno ad un rafforzamento reale della sinistra e più a un desinteressamento ed a una dispersione nel centro e nella destra. Come vedremo più avanti, questa dispersione fu dovuta in parte al disorientamento ed alla frammentazione di una porzione consi­derevole dell'elettorato cattolico.

Se la vittoria del socialismo fosse dovuta a un aumento di elettori specificamente di sinistra, il fenomeno forse sarebbe diffi­cilmente reversibile. Ma siccome la sconfitta è stata causata dal disorientamento del centro e della destra, tutto il terreno perduto può esser ancora riguadagnato, ed alla vittoria socialista del 1981 potrà seguire la sconfitta della sinistra nelle elezioni future.

Che queste considerazioni servano d'in­coraggiamento a quelli che immaginano che l'avanzamento del socialismo sia definitivo e che, invece di far uso delle loro libertà politiche per organizzare immediatamente un'opposizione ordinata ma briosa, inflessibile e fertile, corrono invece dai vincitori per dar loro la mano e collaborare con loro. In questo modo essi rinunciano alla lotta per arrestare la scivolata del loro paese per la rampa del socialismo (che essi stessi chiamano sfug­gente) verso il comunismo (che riconoscono come mortale). La loro spiegazione: la vittoria socialista è un fatto consumato — come se veramente ci fossero fatti consumati nel mondo instabile di oggi.

 

4. Posta la vittoria del PS, che cosa fare? — L'incrocio

Ma, per ora, i fatti sono li... Il PS ha oggi il Potere Esecutivo. E persino senza l'appoggio dei 44 deputati del Partito Comunista e di altri 20 deputati di piccoli partiti di sinistra, ha una maggioranza assoluta nella Camera dei Depu­tati, con 265 dei 491 seggi. Per riguadagnare tutto ciò che hanno appena finito di perdere, i francesi di centro e di destra debbono optare per la migliore strategia in relazione al PS. Ma per fare questo c'è bisogno di aver chiaro cos'è il PS; debbono scegliere fra la versione piut­tosto fittizia di un PS opportunistico e conci­liatore, e la realtà di un PS propulsore efficiente della marcia graduale ma decisa verso il collettivismo totale.

Le ripercussioni della vittoria del PS e dell'instaurazione del regime socialista in Francia aumenterà il dinamismo dei movi­menti sinistrorsi negli altri paesi. Questo, oltre all'intenzione annunciata dal governo attuale francese di interferire in quei paesi, propone un'analoga questione di strategia per i loro centri e per le loro destre. La vittoria del socialismo francese ha già incominciato a risvegliare negli uomini politici europei ed americani di sinistra l'impressione che la bandiera socialista abbia improvvisamente acquistato un nuovo potere nell'attrarre moltitudini in tutto l'Occidente. Questi si immaginano che il potere elettorale dimo­strato dal socialismo in Francia sia molto più grande di quello che realmente non sia di fatto, e scintille di entusiasmo socialista auto­gestionario stanno cominciando ad accendersi in varie nazioni. Se l'immagine conciliatrice del PS è reale, questo fatto non è una minaccia importante. Ma se, invece, il socialismo fran­cese mira precisamente a raggiungere le stesse mete che si ripropone il comunismo, allora diventa necessario schiarire e mettere all'erta l'opinione pubblica. Tanto più che nessuno sa fino a dove possa arrivare, ai nostri giorni, la strumentalizzazione di qualsiasi tendenza sinistrorsa nell'opinione pubblica mondiale, essendo essa manipolata con un tale successo in tutto il mondo dall'attuale guerra psicologica rivoluzionaria di Mosca.

 

5. La scelta della strategia: aspetti del socialismo francese

Senza dubbio quanto più l'immagine che il pubblico si forma ora del PS sarà fedele ed obiettiva, tanto più rapida ed appropriata potrà essere la sua scelta di strategia. Sebbene sia impossibile esaurire un tema così vasto in questo sommario globale, sembra che sia giunto il momento di esporre vari tratti caratteristici della dottrina e delle tattiche del PS francese e di far cadere le illusioni otti­mistiche che possono rallentare ed indebolire la lotta contro un pericolo così grave.

 

 

II. Dottrina e strategia nel progetto di socialismo per la Francia

 

1. "Libertà, uguaglianza, fraternità" nel "Progetto socialista"

È proprio di un motto l'essere sostanzioso e preciso.

Ciò non è applicabile alla trilogia “liberté, egalité, fraternité" della Rivoluzione Fran­cese. Tra le molteplici interpretazioni e modi d'applicazione cui ha dato occasione, alcuni hanno lasciato nella Storia delle marche d'empietà, pazzia e sangue che giammai potranno essere cancellate. (4)

 

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4. Nella Lettera Apostolica del 25 agosto 1910, dal titolo Notre Charge Apostolique, che condanna il movimento francese Le Sillon, di Marc Sangnier, San Pio X analizza la famosa trilogia nel modo seguente:

"Il Sillon è nobilmente premuroso della dignità umana. Però intende questa dignità alla maniera di certi filosofi di cui la Chiesa non si sente affatto orgogliosa. Il primo elemento di questa dignità è la libertà, intesa nel senso che, eccetto in fatto di religione, ogni uomo ha la propria autonomia. Da questo principio fondamentale trae le seguenti con­clusioni: oggi il popolo si trova sotto tutela di una autorità che è distinta da sé stesso; esso dovrebbe liberarsene: emancipazione politica. Esso dipende da datori di lavoro che lo tengono come strumento di lavoro, lo sfrut­tano, lo opprimono e degradano; esso dovrebbe scuotersi dal giogo: emancipazione economica. Ed infine, esso è spadroneggiato da una casta, chiamatala casta direttiva, acuti lo sviluppo intellettuale dà una indebita pre­ponderanza nella direzione degli affari; esso deve sfuggire al loro dominio: emancipazione intellettuale. Il livellarsi delle condizioni da questo triplo punto di vista instaurerà l'uguaglianza tra gli uomini e questa u­guaglianza è la vera giustizia umana. Una organizzazione politica e sociale fondata su questa duplice base, libertà ed uguaglianza (a cui si aggiungerà subito la fraternità) — questo è ciò che essi chiamano democrazia. ...

"Prima di tutto, in politica il Sillon non abolisce l'autorità; al contrario, esso la consi­dera necessaria; però esso desidera dividerla, o piuttosto moltiplicarla in modo tale che ogni cittadino diventerà una specie di re. ...

"Sempre conservando le proporzioni, sarà lo stesso nell'ordine economico. Asportata da una classe particolare, la maestria sarà moltiplicata cosi bene che ogni lavoratore diverrà una specie di padrone. ... 

"Veniamo ora all'elemento principale, l'elemento morale. ...  Strappato alle stret­toie degli interessi privati ed innalzato agli interessi della professione e, anche più alto, a quelli dell'intera nazione, anzi, perfino più in alto ancora, a quelli dell'umanità (in quanto l'orizzonte del Sillon non è delimitato dalle frontiere della nazione, ma esso si estende a tutti gli uomini, perfino ai limiti estremi del mondo), il cuore umano, ingrandito dall'a­more del benessere comune, abbraccerebbe tutti i colleghi della stessa professione, tutti i compatrioti, tutti gli uomini. Ecco la gran­dezza e la nobiltà umana, l'ideale realizzato dalla famosa trilogia, libertà, uguaglianza, fraternità. …

"Questa, in breve, è la teoria — noi potremmo dire il sogno — del Sillon" (Acta Apostolicae Sedis, Typis Poliglottis Vaticanis, Roma, 1910, Vol. II, pp. 613-615).

Dunque, San Pio X segue le orme dei suoi predecessori, i quali, a partire da Pio VI, avevano condannato gli errori suggeriti dal motto della Rivoluzione Francese.

Nella sua Lettera-Decreto del 10 marzo 1791 rivolta al Cardinale de la Rochefoucauld ed all'Arcivescovo di Aix-en-Provence sui principi della Costituzione Civile del Clero, Pio VI dichiara:

"Essa [l'Assemblea Nazionale Francese] ha stabilito, come diritto dell'uomo nella società, questa libertà assoluta che non gli assicura solo il diritto di non venire distur­bato nella propria opinione religiosa, ma anche il diritto di pensare, parlare, scrivere e perfino pubblicare qualsiasi cosa gli possa colpire la fantasia in fatto di Religione. Ed è proclamato che queste mostruosità derivano ed emanano dalla uguaglianza degli uomini tra di loro e dalla libertà della natura. Ma cosa si potrebbe pensare di più pazzesco che di stabilire tale uguaglianza e libertà fra tutti, trascurando così la ragione con la quale la natura ha particolarmente dotato la razza umana e che la distingue dagli altri animali? Per caso quando Iddio creò l'uomo e lo collocò nel Paradiso delle delizie, non lo minacciò allo stesso tempo con la pena di morte se egli avesse mangiato dall'albero del sapere del bene e del male? Forse Iddio non gli limitò la libertà proprio dal principio, mediante il suo primo precetto? E quando egli divenne colpevole a causa della propria disub­bidienza, non gli impose Dio degli ulteriori precetti per mezzo di Mosè? E sebbene Iddio 'facesse dipendere tutto dal suo libero arbi­trio' in modo che potesse meritare il bene o il male, ciononostante Egli gli dette comanda­menti e precetti in modo che, se li volesse obbedire, questi lo salvassero' (Eccli. XV, 15-16).

"Dov'è allora questa libertà di pensiero e di azione che l'Assemblea Nazionale attribuisce all'uomo nella società come un immutabile diritto di natura? ... Posto che l'uomo, a partire dalla propria infanzia, è obbligato ad essere soggetto a persone più anziane per essere guidato e illuminato da esse, e per poter ordinare la propria vita secondo le norme della ragione, dell'umanità e della Religione, allora è certo che questa uguaglianza e questa libertà tanto strombettate tra gli uomini sono nulle e inesistenti dal momento della nascita. 'È necessario che siate soggetti' (Rom. XIII, 5). Di conseguenza, per poter permettere agli uomini di progredire nella società civile, fu necessario instaurare una forma di governo in cui i diritti della libertà fossero circoscritti dalle leggi e dal potere supremo di coloro che governano. Da cui segue ciò che Sant'Agostino insegna con le seguenti parole: 'La società umana è quindi un accordo generale di obbedire ai suoi Re' (Confessioni, libro III, cap. VIII, op. ed. Maurin, p. 84). Ecco il motivo per cui l'origine di questo potere deve essere cercato meno in un contratto sociale che in Dio stesso, autore di ciò che è retto e giusto" (Pii VI Pont. Max. Acta, Typis S. Congreg. de Propa­ganda Fide, Roma, 1871, Vol. I, pp. 70-71).

Pio VI ha ripetutamente condannato il falso concetto della libertà e dell'uguaglianza. Nel Concistoro Segreto del 17 giugno 1793, confermando le parole dell'Enciclica Inscruta­bile Divinae Sapientiae, del 25 dicembre 1775, egli dichiarò:

"E questi filosofi sciagurati aspirano anche a questo: che gli uomini sciolgano tutti quei legami dai quali sono uniti fra di loro e ai loro superiori, e sono vincolati al loro dovere; essi vanno gridando e imprecando, fino alla nausea che l'uomo nasce libero, e non è soggetto a nessuno; e che quindi la società è una folla di uomini inetti, che stupidamente si pro­sternano dinanzi ai sacerdoti dai quali sono ingannati e dinanzi ai re, dai quali sono oppressi, tanto è vero che l'accordo fra i sacerdoti e i monarchi non è altro che una gigantesca cospirazione a danno della libera natura dell'uomo". E Pio VI continua: "Questi protettori vanagloriosi dell'umanità hanno allacciato questa falsa e mendace parola Libertà con un'altra parola ugualmente fal­lace, Uguaglianza. Cioè a dire, come se non ci fosse tra gli uomini riuniti in società civile, a causa del fatto che essi sono soggetti a vari stati di mente e che si muovono in modi diversi e incerti, ciascuno secondo l'impulso del proprio desiderio, qualcuno che potrebbe prevalere sia con l'autorità che con la forza come pure obbligare e governare ed altresì chiamare al dovere coloro la cui condotta è disordinata, in modo che la società stessa non cada sotto l'impeto precipitoso e contraddicente di innu­merevoli passioni, nell'anarchia e così si sciolga completamente. E come l'armonia, composta della consonanza di molti suoni e che, se non costituita di un consono concento di accordi e di voci, si scioglie in rumori disor­dinati e completamente dissonanti" (Pii VI Pont. Max. Acta, Typis S. Congreg. de Propa­ganda Fide, Roma, 1871, Vol. II, 26-27).

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Una delle interpretazioni più radicali della trilogia può essere enunciata come segue: la giustizia ordina che ci sia assoluta uguaglianza fra gli uomini. La sola uguaglianza, soppri­mendo ogni autorità, realizza completamente la libertà e la fraternità. La libertà solo può avere un limite: l'indispensabile per impedire agli uomini dotati di formare, a beneficio proprio, una qualsiasi superiorità di comando, prestigio o beni. La vera fraternità decorre dalle relazioni fra uomini del tutto liberi ed uguali.

Dal 1789 al 1794 i successivi capi rivolu­zionari, ispirandosi alle interpretazioni della famosa trilogia, si avvicinarono sempre più a questa enunciazione radicale. Durante la sua agonia, la Rivoluzione Francese, così ostenta­tamente moderata ai suoi inizi, ebbe degli spasmi di significato chiaramente comunista. Come ripetendo al rallentatore questo pro­cesso rivoluzionario, il mondo democratico ha portato — o sta finendo di portare — alle sue ultime conseguenze il livellamento politico delle classi, pur continuando a preservare nella sua cultura e nel suo regime socio­economico degli aspetti gerarchici.

Si possono discutere i fatti, i luoghi e le date che, nel diciannovesimo secolo, hanno con­trassegnato l'inizio dei movimenti principali a favore del livellamento culturale e socio­economico. Ma è certo che già a metà secolo questi movimenti si erano estesi a molti paesi, e si erano fermamente impiantati in parecchi di questi. Questi movimenti arrivarono al punto di ispirare la Rivoluzione del 1848 e la Comune di Parigi del 1871 in Francia. Inoltre, nel nostro secolo questi furono chiaramente presenti fra le cause profonde della Rivoluzione Russa del 1917, e della propagazione conseguente del regime comunista nei paesi dietro alla cortina di ferro ed a quella di bambù, come pure in altri paesi. (5) Senza parlare di tutte le rivoluzioni ed agitazioni comuniste che hanno scosso varie parti del mondo, come l'esplosione della Sorbona nel maggio 1968.

 

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5. Oltre alle cortine di ferro e di bambù, il comunismo si è radicato anche in: Corea del Nord (1945), Vietnam del Nord (1945), Guinea (1958), Cuba (1959), Yemen Meridionale (1967), Congo (1968), Guiana (1968); Etiopia (1974), Guinea-Bissau (1974), Benin (1974), Cambogia (1975), Vietnam del Sud (1975), Le Isole del Capo Verde (1975), San Tome e le Isole dei Principi (1975), Mozambico (1975), Laos (1975), Angola (1975), Granata (1979) e Nicaragua (1979).

Il governo di sinistra che è al potere in Afganistan dal 1978 ha permesso alle truppe russe di invadere la loro nazione l'anno seguente. Nonostante ciò i guerriglieri anti­comunisti controllano la maggior parte della nazione.

Occorre anche fare attenzione ai governi marxisti più o meno dissimulati che sono vigenti in varie parti del mondo.

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Il Projet Socialiste pour la France de années 80 (Progetto Socialista per la Francia degli anni 80) — basato sul quale il PS ha concorso alle ultime elezioni (cfr. nota 1) — si inserisce esplicitamente e perfino con fierezza in questo movimento generale. (6) Leggendolo si può verificare chiaramente che il suo obiettivo finale è l'uguaglianza completa, dalla quale si suppone che nascano la libertà e la Fraternità complete. (7) Secondo questo progetto, la princi­pale ragione d'essere del potere è di impedire che la libertà produca disuguaglianze. (8) Anche se qualifica di utopia la totale soppressione dell'autorità, dice implicitamente che quest'u­topia non è un vuoto oltre al quale si precipita nel caos dell'anarchismo. Anzi, è un orizzonte che si deve cercare sempre, valendosi di ogni mezzo per arrivare il più vicino (o il meno lontano) possibile all'irrealizzabile, cioè, alla soppressione di questo male necessario ma tanto spiacevole: l'autorità. (9)

 

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6. "Si sono verificati momenti privile­giati nella nostra storia che rimangono incisi nella memoria collettiva: [le rivoluzioni del] 1789, 1848, la Comune di Parigi, e più recente­mente il Fronte Popolare, la Liberazione e il maggio del 1968" (Progetto, p. 157).

"Esso [il Partito Socialista] ha raccolto una buona parte dell'energia e delle aspirazioni positive dall'esplosione del maggio 1968" (Pro­getto, p. 23).

"Questa diffusa estrema sinistra (che apparve agli occhi dell'opinione pubblica par­ticolarmente dopo il maggio 1968) ha il merito di presentare alcuni quesiti imbarazzanti a tutto il mondo, il che è utile" ("Documentation Socialiste", N. 5, senza data, p. 36).

"Così una nuova sensibilità proprio nel seno della Sinistra fu rilevata nella 'Rivolu­zione Culturale' che insorse in California durante gli anni 60, la cui versione francese è una certa ideologia sorta nel maggio 1968: l'avvento di una 'critica di Sinistra del Progresso' "(Progetto, pp. 30-31).

 

7. "... 'l'uguaglianza stessa, una delle più importanti esigenze del movimento dei lavoratori" (Progetto, p. 127).

"L'idea dell'uguaglianza continua ad essere un'idea nuova e potente" (Progetto, pp. 113-114).

"Non è solo l'ispirazione del socialismo francese, ma anche quella di Marx, che invoca la presa del potere da parte dei produttori immediati e la cancellazione della distinzione tra il lavoro di coloro che dirigono e coloro che eseguono, tra il lavoro manuale e quello intellettuale… e [che], dopo la Comune di Parigi, invoca il deperimento dello Stato" (Quinze Thèses, p. 6).

"La rimessa in discussione del sistema di scale diverse di pagamento deve essere logicamente accompagnata da una rivalutazione del lavoro manuale e da uno sviluppo del sistema di avvicendamento del lavoro" (Quinze thèses, p. 10).

"I teorici socialisti hanno mostrato il modo in cui le disuguaglianze che le classi dirigenti presentano come naturali, potrebbero essere superate progressivamente" (Quinze thèses, p. 10).

"L'attuale divisione del lavoro si troverà progressivamente messa in discussione insieme a tutto ciò che essa implica dal punto di vista dello sfruttamento e dell'alienazione... I valori gerarchici instaurati dalla società capitalista riguardano tutti i settori della vita sociale; come pure le relazioni tra gli uomini e le donne, giovani e adulti, coloro che insegnano e coloro che apprendono, i lavoratori e coloro che vivono di sussidio pubblico, ecc." (Quinze thèses, p. 10).

"I pregiudizi verranno eliminati: facciamo in modo che le barriere e le gerarchie tra le attività fisiche, ludiche, e sportive ... e le altre attività cosiddette intellettuali — siano abolite" (Progetto, p. 302).

 

8. "A prima vista le società dell'Est possono rivendicare delle caratteristiche che le apparentano al 'profilo socialista tradi­zionale'...

— l'appropriazione legale dei mezzi essen­ziali di produzione da parte della collettività;

— economia pianificata;

"Però, in senso contrario, quante carat­teristiche rendono chiaro che le società orien­tali non hanno niente in comune con il socialismo.

"Queste società continuano ad essere inegualitarie ... La divisione sociale del lavoro ha assunto firme che non sono sostan­zialmente diverse da quelle che esistono nelle nazioni capitaliste. …

"Nel nome del proletariato, i governanti esercitano la dittatura ... sul proletariato… Si è verificato che non solo lo Stato non è deperito, ma è diventato una macchina straordinariamente efficiente di controllo sociale e di  polizia. …

“Questo è il motivo per cui, anche se i valori affermati da queste società sono quelli del socialismo (e ciò, tra parentesi, è importante), noi non possiamo considerare le società orien­tali come 'socialiste'.

"L'esistenza di classi sociali differenti e il mantenimento di un apparato statale coer­citivo ... sono insiti proprio nelle relazioni della produzione" (Progetto, pp. 67-69, 71).

 

9. "Alcuni potrebbero dirmi: voi parlate di autogestione però mancate di definire chiaramente come essa possa funzionare; voi la evocate come una meta astratta, un cam­mino chimerico verso un paradiso terrestre vago. Ciò è vero. Però esiste un motivo per questo. Noi non desideriamo erigere una nuova utopia tanto perfetta sulla carta quanto impossibile da realizzare. L'autogestione è un opera permanente e mai ultimata. ... Nell’affermare ciò noi rimaniamo fedeli allo spirito del marxismo: Marx non ha mai dato ad intendere che la fine del capitalismo por­terebbe ipso facto all'instaurazione di un regime eternamente perfetto" (PIERRE MAUROY, Héritiers de l'Avenir, Stock, Parigi, 1977, pp. 278-279).

"La crisi dell'autorità è una delle più importanti dimensioni della crisi del capita­lismo avanzato. Il maggio 1968 in Francia è stato la più brillante rivelazione di questo: il maestro, il datore di lavoro, il padre, la madre, il capo, il più grande come il più piccolo, sia che esso abbia o voglia acquistare uno stato storico, ecco i nemici d'ora in poi. Ogni potere è risentito sempre più come manipolazione. ... Chiunque abbia la mi­nima autorità è per lo stesso motivo con­testato, se non già discreditato. Agli occhi del Partito Socialista l'esistenza di questa crisi è un fatto positivo ... sempre che essa percorra tutto il cammino fino al compimento finale: l'avvento di una nuova democrazia" (Progetto, pp. 123-124).

"Una cosa è certa: noi non indietreg­geremo, le forme tradizionali di autorità non saranno ripristinate. E ciò, particolar­mente nella famiglia: la rivoluzione anticon­cezionale, per esempio, ha creato condizioni per un nuovo equilibrio della coppia" (Pro­getto, p. 125).

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2. Il PS, il centro e la destra

In questa prospettiva globale è la chiave con cui si può capire tutto il Progetto. (10)

 

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10. "Il Progetto socialista è un progetto globale e radicale per la riorganizzazione società, anche se essa deve essere graduale" (Progetto, p. 121).

"Qualsiasi campo si consideri, l'applica­zione dell'autogestione non ha significato se non entro una prospettiva globale" (Progetto, p. 234).

"Il Progetto socialista è fondamentalmente un progetto culturale. Due postulati debbono essere presi in considerazione … : a) la cultura è globale: essa ... è relativa a tutti i settori dell'attività umana" (Progetto, p. 280).

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Il Progetto accetta, e si assume intera­mente, l'eredità politica radicalmente egualitaria accumulata in Francia a partire dal 1789. Considera come utili le varie leggi che finora sono state usate per ridurre le inegua­glianze socio-economiche. Inoltre vuole met­tere la Francia d'oggi su una rotta decisiva verso l'applicazione più radicale della discussa trilogia. (11)

 

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11. "Dichiariamo immediatamente che consideriamo come nostro, secondo il diritto dell'eredità, il retaggio della democrazia politica inaugurato dal borghese in toga all'e­poca del Re Luigi XVI" (Progetto, p. 15).

"La prospettiva autogestionaria dà signifi­cato alte lotte degli operai per controllare il proprio lavoro ... : a volte lotte confuse, che si sono moltiplicate dopo il maggio 1968, ma che echeggiano una lunga tradizione, un requisito morale e materiale che fu una volta realizzato nella Comune. Finalmente, su di essa sorge la tradizione particolarmente francese dell'accumulata responsabilità dei cittadini, una responsabilità di cui furono portatori i rivolu­zionari del 1789-1793 e del 1848. Il progetto autogestionario, come è concepito dal PS, è inseparabile dallo sviluppo completo delle libertà individuali e collettive" ("Documenta­tion Socialiste", supplemento al n. 2, p. 43).

"Attraverso tutte le proprie azioni la Fran­cia si riallaccerà ad una storia che in gran parte spiega il suo uditorio mondiale. ... L'influenza della Francia non può essere scissa dalla sua cultura e dal suo passato. All'estero, la Francia è prima di tutto quella della rivoluzione del 1789, quella dell'audacia. ...  Noi vogliamo che la nostra nazione, riprendendo la sua tradizione, porti in alto e lontano i valori dei diritti dell'uomo, della fratellanza. ..." (Déclaration de politi­que generale, "Journal Officiel", 9/7/81, p. 55).

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La frontiera fra il PS da un lato, ed il centro e la destra dall'altro, sta nel fatto che questi ultimi due — almeno nella maggioranza — accettano la trilogia ma non le danno l'in­terpretazione radicale che il PS le attribuisce. Cosicché, invece di esprimere il desiderio di raggiungere la meta egualitaria ultima, questi dicono o ci lasciano capire che desiderano fermarsi ad una  distanza indefinita da quella. (12)

 

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12. I nostri riferimenti generali alla destra non comprendono la destra francese tradizionalista, che va molto oltre nel respingere la trilogia.

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3. Il PS ed il comunismo — la strategia della gradualità

Vi è una frontiera definita fra il PS ed il comunismo quanto alla strategia verso la meta ultima di uguaglianza totale? Si: a) il PS teme che un adempimento immediato dell'ugua­glianza totale risvegli delle reazioni tanto grandi che conviene di più evitarle; b) per questa ragione, che è puramente di circo­stanze, opportunità e strategia, il PS ritiene che l'applicazione dei principi comunisti debba essere graduale e che le tappe di questa gradualità debbano essere misurate in modo tale da evitare delle scosse eccessive. (13)

 

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13. "I socialisti non ritengono né le soluzioni volontaristiche dell'estrema sinistra né la politica dei piccoli passi dei riformisti, né il mito dell'unione del populismo. ...  Il sinistrismo radicale è quella particolare forma di volontarismo chiamata massima­lismo che consiste nel desiderare di saltare gli stadi intermedi per raggiungere il massimo d'un sol colpo. Il massimalismo disdegna e respinge le misure transitorie e salta a piè pari nel socialismo completo. Esso confonde l'obiettivo finale con le 'riforme intermedie" ("Documentation Socialiste", n. 5, senza data, pp. 32-33).

"Io rifiuto di entrare nel dibattito riforma o rivoluzione. Questa è una discussione puramente formale. Poiché si è riforma­tori dal momento in cui si accettano miglioramenti temporanei nella condizione dei lavoratori, e si è rivoluzionari dal momento in cui si ritiene necessario un mutamento fondamentale della società. I sindacati francesi ed i grandi partiti dei lavoratori francesi hanno sempre ammesso questo [principio]; ne fanno la base della loro politica quotidiana. Essi non fanno il gioco irresponsabile del 'tutto o niente' (PIERRE MAUROY, Héritiers de l'Avenir, Stock, Parigi, 1977, p. 274).

"Il vero significato del maggio 1968 ... è che la trasformazione della società richiede un programma che mira a ciò che è effettivamente realizzabile. Cambiare la società ... vuol dire respingere l'illusione di una rivolu­zione che sarebbe uno sconvolgimento istan­taneo. Non esiste nessuno sconvolgimento istantaneo, non vi è una soluzione rapida e definitiva. E’ necessario operare su una base a lunga scadenza, seguendo una direttiva che io chiamerei di 'riformismo duro'.

"Per noi, la rivoluzione è il graduale cambiamento delle strutture del sistema esistente" (idem, ibid, pp. 295-296).

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Una certa moderazione iniziale dei socialisti francesi durante la transizione verso l'u­guaglianza totale non si deve a simpatia, compassione od indulgenza per un avversario che è stato sconfitto. È la trasposizione all'azione di un calcolo strettamente utilitario, e fatto molto prima della loro vittoria.

Conviene comunque mettere in rilievo che, nel suo egualitarismo radicale, il PS francese cerca di trarre beneficio dall'esperienza socio­economica — che sappiamo essere dura e deludente — di tutti i paesi in cui il comunismo è od è stato messo in pratica. Per questo il PS evita in gran misura le statalizzazioni tanto caratteristiche del comunismo di foggia antica, e cerca di inculcare, in tutte o quasi tutte le imprese finora private, un'altra forma di egualitarismo democratico e radicale, quello, cioè, dell'autogestione. (14)

 

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14. "Il concetto dell'autogestione è il punto di convergenza tra il socialismo scienti­fico ed il socialismo utopico (per cui Marx e Engels avevano più che rispetto, nonostante il fatto che essi lo criticarono)" ("Documentation Socialiste", supplemento al n. 2, p. 42).

"Oggi ... è sempre più difficile edificare il socialismo su un modello centralizzato. Esso deve prefiggersi altri obiettivi. A partire dalla proprietà collettiva dei mezzi principali della produzione e dalla pianificazione, il progetto autogestionario è l'inversione della logica che ha caratterizzato fino ad oggi l'evoluzione delle società industriali" (Quinze thèses, p. 6).

"Questo progetto autogestionario conferisce un nuovo contenuto al concetto dell'uti­lità sociale. Slegandosi da una considerazione eccessivamente `economica' del socialismo, esso non è limitato al campo della produzione. Esso si accinge a trattare gli immensi pro­blemi socio-culturali. ... Il progetto auto­gestionario collega il proprio obiettivo ugualitario … all'intervento di mec­canismi democratici che permetteranno ancora una volta di chiamare in questione la divisione sociale del lavoro" (Quinze thèses, p. 11).

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4. Autogestione nell'impresa: una minirivoluzione socio-economica

L'autogestione è l'impianto, in miniatura, dei principi e della forma di governo della Rivoluzione del 1789 nell'impresa. (15)

 

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15. "La [attuale] democrazia francese è in gran parte manipolata. E’ anche attenta­mente limitata. Essa si arresta sulla soglia dell'impresa" (Progetto, p. 231).

"Noi siamo determinati a promuovere un progresso decisivo della democrazia economica e sociale. I francesi, cittadini nelle proprie comunità, debbono esserlo anche nei propri posti di lavoro. I datori di lavoro non debbono temere od opporsi a questa evoluzione desiderabile e necessaria" (Déclaration de politique generale, "Journal Officiel", 9/7/81, p. 49).

"Nelle nostre società occidentali, la democrazia è più o meno tollerata dapper­tutto, eccetto nel mondo dell'impresa. Nel caso che il datore di lavoro sia un industriale indipendente oppure un funzionario go­vernativo di alto rango, egli possiede i poteri essenziali, a detrimento di tutti. ...  L'im­presa è una monarchia a struttura pirami­dale. Ad ogni livello il rappresentante della gerarchia ha poteri supremi: le sue decisioni non hanno appello. Il semplice lavoratore diventa un uomo impotente che non ha diritto alla parola né all'iniziativa" (PIERRE MAUROY, Héritiers de l'Avenir, Stock, Parigi, 1977, p. 276).

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Tutto il Progetto sembra vedere, nelle rela­zioni fra datore di lavoro ed impiegato, un'im­magine residua delle relazioni fra re e popolo. Vuole "detronizzare" il "re", eliminare la sua "sovranità" nell'impresa, e trasferire tutto il potere al livello della "plebe" dell'impresa, cioè, degli impiegati, e in modo speciale ai lavoratori manuali. La Rivoluzione ha usato diverse misure per evitare che vari tipi di aristocrazia si rialzassero nella sfera politica. Analogamente il Progetto si impegna ad osta­colare ai dirigenti ed ai tecnici corporativi di sopravvivere come aristocrazia nelle impre­se "repubblicanizzate". Nelle imprese "grandi" il proprietario individuale sparisce subito. Il proprio concetto tradizionale di impresa viene allargato. Partecipano di un diritto reale su di essa e su ciò che vi viene prodotto, non solo coloro che vi lavorano, ma pure delegati di organizzazioni che rappresentano utenti, approvvigionatori, e così via. Ossia tutta la società, rappresentata da dele­gati di organizzazioni o da gruppi connessi più da vicino con l'impresa (vedi Quadro IV — L'impresa autogestionaria ideale proposta dai socialisti).

 

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Quadro IV

 

LA IMPRESA AUTOGESTIONARIA IDEALE PROPOSTA DAI SOCIALISTI

 

I. Lineamenti del progetto autogestionario

• Il progetto autogestionario mira a che:

a. « i lavoratori organizzino essi stessi il controllo della pro­duzione e la ripartizione dei frutti del loro lavoro »;

b. « e, più in generale, a che i cittadini decidano in tutti i campi tutto quanto riguarda la loro vita » (Documentation Socialiste, n. 5, p. 57).

• Il progetto autogestionario si basa su questi tre punti:

a. « socializzazione dei principali mezzi di produzione »;

b. « la pianificazione democratica »;

c. « la trasformazione dello Stato » (Quinze thèses, p. 11).

 

II. Socializzazione dei mezzi di produzione

• Il Projet socialiste prevede la « nazionalizzazione » di de­terminate categorie di imprese, che saranno allora poste pro­gressivamente in regime autogestionario.

• A questo scopo, « sono concepibili molte opzioni »:

a. gestione tripartita: « rappresentanti eletti dai lavoratori, rappresentanti dello Stato (o delle regioni), rappresentanti di certe categorie di utenti »;

b. « un consiglio di gestione eletto completamente dai la­voratori della impresa »;

c. « la coesistenza di un consiglio di gestione eletto dai la­voratori e di un consiglio di sorveglianza nel quale siederebbe­ro i rappresentanti dello Stato [...] e di determinate catego­rie di utenti » (Quinze thèses, p. 12).

• Il Partito Socialista pretende che la « nazionalizzazione » così concepita non è sinonimo di « statalizzazione » (cfr. Quinze thèse, p. 12), né si risolve in « collettivismo » che schiacci la libertà umana, perché « lavoratori e utenti sono [...] chiamati a sedere nel consiglio delle imprese nazionalizzate », di modo che « le società nazionali [...] disporranno di tutta l'autono­mia di gestione di cui avranno bisogno » (PIERRE MAUROY, Di­battiti sulla Déclaration de politique générale, in Journal Officiel, 10-7-1981, p. 81).

 

III. Pianificazione democratica

• Secondo la concezione del Partito Socialista, la società autogestionaria non comporta la coazione della libertà — piuttosto il contrario —, perché postula la partecipazione di tutti alla elaborazione della pianificazione, in tutte le sfere della vita sociale:

— « Ciò che rende compatibile la pianificazione con l'au­togestione è un procedimento di elaborazione democratica e decentralizzata, che suppone una vasta partecipazione popola­re prima della scelta definitiva delle istanze politiche elette a suffragio universale » (Quinze thèses, p. 16).

— « La nuova società avrà valore solamente per il rigore del suo principio: tendiamo a realizzare la unanimità: non pretendiamo di partire da essa... » (Projet, p. 139).

• La finalità della impresa non sarà più il profitto, né i « riflessi egoisti » dei lavoratori, ma gli « obiettivi sociali » fissati dalla « pianificazione democratica »:

— « La ricerca del profitto non deve più decidere sovrana­mente circa l'investimento né dei beni. Deve cedere il passo alla razionalità dei cittadini che affermano democraticamente i loro bisogni, attraverso la pianificazione e il mercato » (Projet, p. 172).

— « L'autogestione non è [...] un semplice metodo di ge­stione destinato a sostituire il lavoro al capitale come agente di direzione delle imprese e a utilizzare i riflessi egoisti delle unità di base e dei loro lavoratori, perpetuando i meccanismi e i moventi economici del capitalismo. Le unità di produzio­ne devono tenere conto degli obiettivi sociali fissati dai piani nazionali, regionali e locali» (Quinze thèses, p. 15).

• Attraverso la « pianificazione democratica » i lavoratori determineranno il modello di sviluppo: come, perché e per chi produrre:

— « Produrre, lavorare, sì! ma per chi? perché e come? Dal tipo di risposta che i lavoratori riceveranno a queste domande, o piuttosto che daranno a esse, dipende il successo della impresa. Prima di ogni altra cosa, il modello di sviluppo deve divenire il problema degli stessi lavoratori » (Projet, p. 176).

• Anche i consumatori diranno la loro e manifesteranno le loro esigenze:

— « L'adattamento della produzione ai desideri dei con­sumatori [...] si farà [...] a partire da un dialogo organizzato e costante tra i produttori, che indicano le loro limitazioni tecniche e finanziarie, e i consumatori, che manifestano le loro esigenze di qualità e di prezzo » (Projet, p. 177).

• Il Piano che risulta da questo ampio dialogo democratico è così il grande regolatore della economia:

— « I socialisti [...] sottolineano che investimenti che sono regolati sui prezzi e sui profitti a un determinato momento amplificano le ripercussioni congiunturali e sono inopportune per la preparazione dell'avvenire. Deve dunque decidere il piano, in funzione dell'interesse generale e delle previsioni a termine, l'orientamento dei grandi investimenti. [...] Lasciando al mercato l'aggiustamento puntuale tra l'offerta e la do­manda, il piano è agli occhi dei socialisti il regolatore globale dell'economia » (Projet, pp. 185-186).

• Cosa resta, dunque, di libertà alla impresa? Il Projet risponde:

— « In breve, si pianificano gli orientamenti, ma non il dettaglio della esecuzione. Dove si arresta l'intervento del piano, la iniziativa degli operatori economici industriali, lo spi­rito imprenditoriale riprendono i loro diritti, il ruolo del mer­cato la sua utilità» (Projet, p. 188).

 

IV. La trasformazione dello Stato

• Il mito marxista della scomparsa dello Stato ritorna nel progetto autogestionario e si manifesta nella speranza che « compaiano nuove forme di potere », e che così « siano trasformate la funzione e la natura di questo Stato » (Quinze thèses, p. 19).

• A questo scopo si prevede « la riduzione delle competenze del potere centrale »:

— « Certi settori che oggi dipendono direttamente dal governo [...] dovranno essere trasferiti a servizi o a uffici na­zionali autonomi. Ma il massimo di responsabilità dovrà ri­tornare alte collettività locali, dipartimentali e regionali » (Quinze thèses, p. 22).

• Persino gli « organismi di quartiere » riceveranno parti del potere dello Stato, che così si sbriciola (cfr. Quinze thè­ses, p. 22).

 

V. Funzionamento anarchico

• Nella impresa autogestionaria non vi saranno gerarchia né vera autorità:

— « Deve essere ben chiaro che la nuova legittimità è fon­data su un potere delegato e responsabile dei suoi atti davanti ai lavoratori »;

— « Il rapporto mandanti-mandatari può ricreare, almeno parzialmente, il rapporto dirigenti-diretti. Gli jugoslavi lo hanno apertamente constatato dopo più di 20 anni di esperienza. [...] Perciò il controllo deve esercitarsi in un modo autonomo attraverso i comitati di impresa » (Quinze thèses, p. 13).

• Per evitare il ristabilimento di gerarchie sono proposte alcune misure pratiche:

— « rotazione delle funzioni »;

— « revocabilità dei responsabili eletti in carica» (Quinze thèses, p. 10).

• Nella impresa autogestionaria tutto è deciso da tutti e portato a conoscenza di tutti:

« Per la prima volta un dibattito sulla politica generale della impresa, i suoi investimenti, la sua organizzazione, la sua condotta sociale, dibattito sanzionato dalla designazione di rappresentanti che hanno il potere di decisione, si svolgerà davanti a tutti i salariati» (Projet, p. 239).

— « Si deve porre il principio del libero accesso di rappre­sentanti dei lavoratori e degli esperti da cui potrebbero farsi assistere, a tutte le fonti di informazione esistenti nella impre­sa. [...] Il muro del segreto in verità non è altro che il ba­stione del potere. Deve essere abbattuto » (Projet, pp. 241-242).

• Come si può constatare, queste proposte stabiliscono una completa subordinazione degli specialisti e dei tecnici ad as­semblee e a organismi nei quali le maggioranze che decidono sono moralmente costituite da membri del corpo sociale di minore sviluppo intellettuale.

 

VI. Gradualismo strategico

• Tuttavia la instaurazione della società autogestionaria non si farà da un momento all'altro. Il Partito Socialista adotterà una strategia gradualistica:

— « Per condurre a buon fine questo compito tremendo e grandioso [di trasformare la società], esso [il Partito Sociali­sta] non dovrà prestare ascolto a quanti [...] preconizzano la liberazione selvaggia di tutti i desideri: "tutto, subito, sem­pre e ovunque: la esaltazione permanente e generalizzata" e ancora meno, bene inteso, a quanti blandiscono questi im­pulsi solamente per distogliere meglio le energie e le volontà dagli obiettivi della trasformazione sociale » (Pro jet, p. 33).

— « Spetta a noi andare verso l'ideale e capire il reale » (Déclaration de politique générale, in Journal Officiel, 9-7-1981, p. 46).

— « Il rigore richiede certamente la prudenza. Queste ri­forme saranno lente, ma la nostra determinazione è grande » (ibid., p. 48).

 

VII. Periodo di transizione al socialismo

• La strategia gradualistica presuppone un « periodo ini­ziale di transizione al socialismo » (Quinze thèses, p. 14), du­rante il quale i lavoratori verranno a poco a poco impadro­nendosi delle imprese, che restano ancora nella sfera privata.

• Questo accadrà attraverso un aumento graduale del po­tere e della importanza dei « comitati di impresa ».

— « I comitati [...] saranno obbligatoriamente consultati prima di ogni misura relativa alla assunzione, al licenziamen­to, alla destinazione ai posti di lavoro, agli spostamenti, alla classificazione dei lavoratori, alla determinazione dei ritmi di lavoro, e, più in generale, all'insieme delle condizioni di la­voro » (Programme commun. Propositions pour l'actualisa­tion, p. 53).

— « I comitati di impresa [...] riceveranno una informazio­ne completa sui principali aspetti e sui risultati della gestione delle imprese » (ibid., p. 53).

— « I comitati di impresa saranno informati preventiva­mente e consultati su tutti i progetti economici e finanziari, sui programmi di investimento e di finanziamento, sui piani della impresa, sulla politica di remunerazione, di formazione e di promozione del personale » (ibid., p. 53).

— « Per sottoporre le informazioni alla discussione di tutti i lavoratori, i comitati di impresa [...] in particolare potranno riunire il personale sul luogo di lavoro [...] un'ora al mese, ricavata dal tempo di lavoro» (ibid., p. 53).

• In questo « periodo di transizione al socialismo », l'inter­vento dello Stato consisterà specialmente nell'assicurare la continuità del processo per mezzo di leggi:

— « Per i socialisti questa è una responsabilità essenziale dello Stato: intervenire attraverso la legge per combattere tutto ciò che, nei rapporti giuridici di lavoro, indebolisce la sicurezza del posto di lavoro individuale così come la orga­nizzazione collettiva dei lavoratori nella impresa » (Projet, p. 227).

• L'intervento dello Stato, già in questa fase del processo, imporrà una serie di misure presuntivamente a favore dei la­voratori, come per esempio:

— « Contratto a durata indeterminata come base di rap­porti normali di lavoro » (Projet, p. 227).

— Proibizione « delle imprese di lavoro a tempo » (Projet, p. 227).

— « Unità della collettività di lavoro [...] di fronte ai de­tentori del capitale» (Projet, p. 227).

— Proibizione di « ogni chiusura parziale o totale di una impresa da parte dell'imprenditore come mezzo di pressione o di sanzione » (Programme commun. Propositions pour l'actualisation, pp. 52-53).

— Proibizione di « registrare, in uno schedario, [...] informazioni, dati o valutazioni, di carattere non professionale, suscettibili di nuocere al lavoratore » (ibid., p. 53).

— Diritto di veto sulle « decisioni di assunzione e di licen­ziamento, su quelle relative alla organizzazione del lavoro, al piano di formazione della impresa» (Projet, p. 242).

— Diritto di « controllo su tutti i carichi della impresa legati ai salari, ai contributi previdenziali, al bilancio per la formazione dei lavoratori, ai sussidi per la casa,. ecc. » (Projet, p. 242).

— Le innovazioni tecnologiche non devono comportare il licenziamento del lavoratore, ma la riduzione della giornata lavorativa: « Il progresso tecnico si imporrà in Francia so­lamente con i lavoratori e non contro i lavoratori. Essi ne dovranno essere i beneficiari e non le vittime » (Projet, p. 174).

— « Il licenziamento cesserà di esser un diritto a discre­zione dell'imprenditore. A questo proposito, la legge ristabi­rà la necessità della domanda di autorizzazione preventiva all'ispettore del lavoro in tutti i casi, sotto pena di sanzioni penali e civili» (Programme commun. Propositions pour l'ac­tualisation, p. 51).

 

VIII. Obiettivo finale: libertà, uguaglianza, fraternità

• La società autogestionaria è una realizzazione esacerbata del motto della Rivoluzione francese: « liberté, egalité, fraternité »:

— « Non vi è altra libertà che quella del socialismo » (Projet, p. 10).

— « L'autogestione estesa a tutta la società significa la fine dello sfruttamento, la scomparsa delle classi antagoniste, la realizzazione della democrazia» (Documentation Socialiste, n. 5, p. 57).

— « L'autogestione è la democrazia generalizzata a tutti i livelli, è la democrazia realizzata attraverso e nel sociali­smo » (ibid., p. 57).

• Chiediamo a ogni proprietario, a ogni autorità alta, media o piccola all'interno di una impresa, se trova che essa possa funzionare in queste condizioni. La stessa domanda rivolgiamo a ogni operaio di buon senso e con esperienza.

• Per dare una risposta a questa domanda immagini la impresa della quale è proprietario o in cui lavora, organiz­zata domani secondo questo schema. Potrà funzionare? Certamente no!...

 

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Come in una repubblica democratica, ogni impresa, dominata in ultima istanza dal suffra­gio universale dei suoi lavoratori, terrà delle assemblee di lavoratori per informarli su tutti gli affari dell'impresa. Terrà delle elezioni di "rappresentanti", ossia "deputati"; per for­mare il comitato direttivo (più o meno un soviet). Gli impiegati-dirigenti saranno meri esecutori del volere del comitato direttivo.

Questo regime si definisce come autogestionario e si afferma come il logico sviluppo socio-economico della sovranità popolare nella sfera politica. Secondo questo concetto una repubblica sarebbe una nazione politicamente autogestionaria. Un regime autogestionario comporterebbe la "repubblicanizzazione" della struttura socio-economica. (16) In altre parole, è l'impianto di un regime di impresa nel quale l'orientamento dato da specialisti e tecnici è soggetto ad assemblee ed organi in cui hanno preponderanza i membri del corpo sociale con uno sviluppo intellettuale infe­riore.

 

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16. "La democrazia economica e la democrazia politica sono indissociabili; loro sviluppo comune richiede che ogni lavoratore, ogni cittadino abbia, a tutti i livelli, la possibilità ed i mezzi di prendere parte attiva nella elaborazione delle deci­sioni, nello scegliere i mezzi, nel controllarne l'applicazione ed i risultati" (Programme commun – Propositions pour l'actualisation, p. 50).

"La democrazia economica e la demo­crazia sociale fanno una sola cosa con la democrazia politica" ("Documentation Socialiste", supplemento al n. 2, aprile 1981, p. 145).

"I socialisti vogliono che i francesi smet­tano di essere sotto tutela. Il decentramento si troverà al nocciolo dell'esperienza del governo della sinistra che, durante i primi tre mesi del suo avvento al potere intraprenderà la riforma più significativa di questi tempi incerti mediante la restituzione del potere ai cittadini. Finalmente la Repubblica sarà liberata dalla monarchia" (PIERRE MAUROY, Héritiers de l'Avenir, Stock, Parigi, 1977, p. 295).

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5. L'autogestione deve abbracciare tutta la società e l'uomo intero

Questa "repubblicanizzazione" deve abbracciare l'intera struttura sociale e non solo l'impresa. Realmente, secondo il Pro­getto, l'adempimento completo dell'autogestione presuppone una profonda trasformazione nell'uomo e l'impianto delle conseguenze più radicali della trilogia libertà, uguaglianza, fraternità in tutti i settori dell'attività, imprese incluse, facenti parte della società: la famiglia, la cultura, l'insegna­mento, e perfino il tempo libero. (17)

 

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17. "Perché l'uomo sia liberato dalle alienazioni che il capitalismo gli impone, perché egli cessi di essere un oggetto. … è necessario che si innalzi a [posizioni di] responsabilità nelle imprese, nelle università, come pure nelle comunità a tutti i livelli" (Statuti del Partito — Dichiarazione dei Principi, in "Documentation Socialiste", sup­plemento al n. 2, p. 48).

"Una strategia globale e decentrata di azione educativa e culturale ... è una dimen­sione decisiva della lotta per l'autogestione. Essa è una delle prime condizioni per rendere possibile il cambiamento delle mentalità. … [L'autogestione] apporterà un mutamento delle attuali concezioni della famiglia e del ruolo delle donne" (Quinze thèses, p. 21).

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6. Perché la riforma dell'impresa richiede la riforma dell'uomo

Quando si parla di riformare l'uomo, il Progetto urta con le stesse difficoltà del comu­nismo statalista.

I principi economici vigenti in Occidente, anche se abbiano potuto dare occasione ad abusi, emanano dalla stessa natura umana. In breve, questi principi possono essere caratte­rizzati dall'affermazione della legittimità della proprietà individuale, come pur dell'iniziativa e del profitto privati.

Tuttavia i socialisti si propongono di impian­tare un altro sistema economico, orientato verso altri fini e stimolato da altri incentivi (cfr. Progetto, p. 173). Quel che loro chiamano profitto per solo alcuni deve venir rimpiazzato gradualmente dai criteri dell'utilità sociale, determinata dal volere sovrano del popolo. In altre parole i socialisti, come i comunisti, ritengono che l'individuo esista per la società e debba produrre non per sé stesso, ma diretta­mente per il bene della comunità di cui fa parte.

A questo modo il migliore incentivo per lavorare sparisce, la produzione diminuisce necessariamente, e l'indolenza e la miseria si generalizzano per tutta la società.

Difatti ognuno cerca, sia seguendo la luce della ragione, sia per un continuo movimento istintivo potente e fruttuoso, di provvedere prima di tutto ai suoi bisogni personali ed a quelli della sua famiglia. Quando si tratta della propria conservazione, l'intelligenza umana lotta più facilmente contro le sue limitazioni e cresce sia in acume che in agilità. La volontà vince la pigrizia più facilmente ed affronta gli ostacoli e le battaglie con maggior vigore. Insomma, il lavoratore raggiunge un livello di produttività quantitativa e qualitativa corris­pondente alle necessità e convenienze reali della società. È da questo impulso iniziale, carico di legittimo amore per sè e per i suoi, che l'amore dell'uomo verso il suo prossimo si dilata come onde concentriche che in ultima istanza abbracciano il corpo sociale nel suo insieme. A questo modo, lungi dal beneficiare solamente il suo piccolo gruppo familiare, la sua attività assume uno scopo proporzionato alla società.

Il socialismo scoraggia tutti i lavoratori abolendo questo incentivo iniziale potente e naturale che uno ha di lavorare, e rimpiazzan­dolo con un sistema salariale sempre più egualitario, che viene meno nel compensare quelli che sono più capaci proporzionalmente al lavoro che essi fanno.

Cosicché la sorgente della forza lavorativa di una nazione cala, s'indebolisce e diventa insufficiente, come succede in modo così evidente in Russia e nei suoi paesi satelliti. Come accade pure, sebbene meno ovviamente, in Jugoslavia. Ed è in modo analogo ciò che succederà nella Francia autogestionaria. (18)

 

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18. Questo effetto psicologico negativo è insito nell'autogestione. Però, ciò non vuol dire che esso debba portare all'insuccesso in ogni e in tutte le imprese autogestionarie. In qualche caso concreto, questo effetto dell'autogestione può essere controbilanciato o attenuato da fattori psicologici o da altri fattori di circostanza. Però tali eccezioni sporadiche non sono affatto sufficienti a formare un fondamento stabile per tutte le imprese di un'intera nazione.

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Qui importa accentuare la forza d'incentivo della disuguaglianza e l'effetto depressivo sia dell'uguaglianza generale sia dell'ine­guaglianza microscopica.

In una società egualitaria è inevitabile che il guadagno del lavoratore abbia un tetto uguale per tutti, o ben poco disuguale, come si può verificare in modo palese comparandolo con i tetti salariali del regime socio-economico dell'Occidente.

Conviene notare che, per la natura stessa delle cose, la capacità di lavoro varia immensa­mente da uomo ad uomo. La produttività globale di una nazione presuppone lo stimolo pieno di tutte le sue capacità, e specialmente di quelle di coloro che sono capaci in modo estremo.

Le ambizioni legittime di coloro che sono estremamente capaci possono essere quasi illimitate nel regime socio-economico dell'Oc­cidente. Quando esse sono messe in moto stimolano, passo per passo, tutta la gerarchia delle capacità necessariamente minori che pure esse hanno di fronte a sé delle possibilità di successo proporzionali. Limitato lo sviluppo degli estremamente capaci o dei capaci, lo slancio di produzione lavorativa diminuisce. Inoltre, quando gli estremamente capaci lavorano al di sotto delle loro capacità, i capaci a loro volta si scoraggiano, ed il livello produttivo cala.

Così l'egualitarismo conduce di necessità ad una produzione inferiore alla somma delle capacità di lavoro di un paese. Quanto più radicale questo egualitarismo, tanto minore sarà la produttività.

Ora, non sembra che il tetto concesso dal Progetto faccia di più che non servire le modeste aspirazioni dei lavoratori medi.

 

7. Società autogestionaria e famiglia

Il Progetto, da quel che si è visto, immagina che la famiglia, quale oggetto immediato dell'amore dell'uomo e gradino intermediario fra lui e la società, smorzi il dinamismo del suo amore per l'intero corpo sociale invece di moltiplicarlo. Perciò, senza proibire la fami­glia (il che, naturalmente, sarebbe una cosa urtante e non del tutto gradualista), il Progetto dichiara velatamente che essa non è necessa­ria al bene comune e la mette allo stesso livello dell'amore libero e delle unioni di omoses­suali. (19) Il Progetto separa la funzione procreativa intrinseca alla famiglia dalla sua finalità naturale e la considera una mera realizzazione individuale. La sterilità di questa funzione è permessa e facilitata in tutti i modi. (20) L'uguaglianza fra donne ed uomini deve essere il più completa possibile sia riguardo all'accesso alle professioni più va­riate come nell'adempimento dei lavori domestici. (21)

 

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19. "Se il Partito Socialista considera che la famiglia reciti un ruolo molto impor­tante nelle possibilità di espansione della vita personale, riconosce certamente l'esistenza di altre forme di vita privata (celibato, libera unione, paternità o maternità celibatarie o in comunità). Finalmente, esso prende posi­zione contro la repressione o le discrimina­zioni che colpiscono gli omosessuali. I loro diritti e la loro dignità debbono essere rispet­tati.

"Non è compito suo [del Partito Socialista] di legiferare sul modo in cui ciascuno deve improntare la propria vita" (Progetto, pp. 151-152).

L'attuale governo socialista afferma, in modo implicito ma urtante, un'equivalenza radicale tra il matrimonio ed altre forme di relazioni sessuali. Ancor prima che iniziasse la sessione legislativa, esso aveva già cominciato ad adempiere alle proprie promesse fatte durante la campagna elettorale a gruppi omosessuali da cui ricevette sostenimento:

a) Il Ministro della Sanità ha deciso che la Francia non applicherà più la classifica di omosessualità, dell'Organizzazione Sanitaria Mondiale, come malattia mentale (vedi "Le Monde", 28 e 29/6/81).

b) A richiesta degli omosessuali, il Ministro degli Interni dette ordine di eliminare il ramo della Polizia di Parigi denominato "gruppi di repressione" degli omosessuali, (formato da ispettori incaricati di controllare stabilimenti di omosessuali, e specialmente di accertarsi che essi rispettassero gli orari di chiusura) come pure gli archivi degli omosessuali (l'esi­stenza dei quali, tra parentesi, il Corpo di Polizia nega decisamente — vedi "Le Monde", 28 e 29/6/81).

 

20. "La scarsa diffusione dei metodi anticoncezionali, le condizioni che limitano l'interruzione volontaria della gravidanza e la cattiva applicazione della Legge Veil [sull'a­borto] sono tali che la maggioranza delle donne non è padrona della propria sessualità, né della propria maternità. ...  Il mettere fine a questa situazione vuol dire instaurare l'educa­zione sessuale già dalla scuola e l'accesso libero all'anticoncezione come pure la sua gratuità" (Progetto, p. 247).

 

21. Citando un discorso di Mitterrand a Marsiglia nel maggio del 1979, il Progetto afferma: "Non si può essere ... socialisti senza essere femministi" (p. 45).

Ma il femminismo del Progetto è opposto al riconoscimento e lode delle qualità delle donne come tali; per ciò esso considererebbe "il vecchio concetto della ‘femminilità’, celato sotto un discorso modernista e falsamente liberale ... che ritorna sempre sulle attitudini particolari delle donne, sulla forza del loro istinto, la ricchezza del loro mondo interiore. ... In breve, si trova qui l'idea di una 'natura femminile' diversa da quella dell'uomo, che è sempre servita a giustificare la marginalizzazione e dominio delle donne" (pp. 50-51). Una differenza tanto naturale come quella tra gli uomini e le donne è precisamente ciò che il Partito Socialista sta contestando. ...

Per questo motivo, secondo il Partito Socialista, "la scuola deve incoraggiare i due sessi a nutrire le stesse ambizioni per quanto riguarda i loro studi e le loro carriere pro­fessionali. Un insegnamento veramente misto è necessario per eliminare i corsi di arte pratica in cui le ragazze sono relegate al cucito o a corsi per segretaria mentre i ragazzi si trovano nella maggioranza delle classi tecniche, industriali e commerciali. La meta deve essere quella in cui tutte le possibilità di scelta sono promiscue" (Progetto, p. 249).

Finalmente, il Progetto afferma che la partecipazione alle faccende domestiche "deve aver inizio molto presto dal momento che il bambino comprende molto presto queste fac­cende e vi può partecipare. Una volta che si realizzi questa partecipazione quando sono ancora giovani, la parte dei ragazzi non deve diminuire e quella delle ragazze non deve aumentare quando essi raggiungono l'età adulta. E molto naturalmente questa parteci­pazione sarà mantenuta nell'anzianità" (Pro­getto, p. 307).

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Nel socialismo autogestionario, la famiglia, instabile e sterile, naturalmente perderà la sua identità e si confonderà con qualsiasi altra unione. Si sgretolerà così una delle mura su cui poggia la personalità di ogni individuo. E come si vedrà, la missione dell'educazione, così naturalmente propria alla famiglia, il Progetto mira a consegnarla fin dai primi anni di vita del bambino, a un sistema scolastico preferi­bilmente monopolistico, socialista e laico.

E così, avulso, svincolato dai lacci familiari, l'uomo rimane con un solo ambiente, quello dell'impresa autogestionaria, che in tal modo ottiene le condizioni più favorevoli per assor­birlo completamente, proprio alla maniera socialista.

 

8. Il tempo libero

Per questo assorbimento, il PS — tanto totalitario in favore dell'impresa auto­gestionaria come il comunismo lo è in favore del Partito — si impegna anch'esso nell'organizzare e strumentalizzare il tempo libero dell'uomo.

Infatti il Progetto entra anche in questo campo, che, se lasciato senza regole, sarebbe l'ultimo rifugio di libertà umana in un mondo autogestionario; perché nel suo tempo libero l'uomo trova delle peculiari possibilità di conoscere sé stesso, di esprimersi e di farsi amici e relazioni.

Sempre gradualista, il PS afferma che riconosce il diritto che l'uomo ha di avere tempo libero. A questo modo dà al lettore medio un'impressione favorevole e costui non si rende conto che il PS — organizzante ed esigente di massima là dove si tratta di lavoro — professa una concezione nuova del tempo libero... che elimina le frontiere fra questo e il lavoro, assoggettandoli ambedue a pianifica­zione. Il PS non ha simpatia per il tempo libero individuale e personalizzante. Esso desidera lo svago collettivo e pianifica persino il tempo libero nelle proprie dimore dell'uomo per meglio manipolarlo e prepararlo allo sfac­chinare rozzo e sterile della vita autogestiona­ria. (22)

 

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22. "Il lavoro non è il solo scopo della vita.

"La creazione del Ministero del Tempo Libero è una grande ambizione: quella di fare in modo che il tempo libero diventi il tempo per vivere, il tempo liberato. La società del tempo libero deve essere una società di cultura. ...

"L'espansione culturale sarà uno dei com­piti delle comunità locali" (PIERRE MAUROY, Dibattiti sulla Déclaration de politique générale, "Journal Officiel", 10/7/81, pp. 82-­83).

"La separazione attuale tra lavoro e tempo libero verrà essa stessa messa in ques­tione. ...  L'impresa socialista si evolverà così in forme di vita più e più comunitarie sia nella loro essenza ... sia alla loro periferia (servizi sociali, svago, cultura, formazione, ecc.)" (Progetto, p. 158).

"Citiamo per esempio la possibilità dell'uso comune di arnesi e apparecchi domestici e di certi attrezzi per attività di svago. ...  Parimenti, sarà fatto uno sforzo sistematico per trasformare ed animare l'ambiente urbano in modo da renderlo più comunitario e per migliorare le condizioni dell'alloggio colle­ttivo. Uno sforzo considerevole sarà fatto per rendere questo ultimo tanto attraente quanto le case singole, che sono grandi consumatrici di spazio e di energia” (Progetto, p. 177).

"Il movimento associativo sarà il sostegno privilegiato della nuova cittadinanza, partico­larmente per dare valore al tempo libero. ...  Sarà nostro compito particolare di cancellare le segregazioni sociali nel regno del tempo libero. Noi intraprenderemo ... lo sviluppo di forme sociali di svago e di turismo" (Déclaration de politique générale, "Journal Officiel", 9/7/81, p. 51).

"Dunque, vivere ‘altramente’ è:

— Prima di tutto modificare seriamente il contenuto del lavoro in modo che, alla fin fine, la distinzione tra il lavoro e lo svago non abbia più lo stesso significato che ha oggi. Però, mentre è vero che questo obiettivo solo può essere conseguito, prima e anzitutto, attraverso la trasformazione del lavoro, i socialisti debbono proporre anche una trasfor­mazione parallela dello svago;...

"Però è necessario penetrare più a fondo negli altri concetti dello svago:

     lo svago dopo una giornata di lavoro, vicino alla propria dimora o nella dimora stessa, permetterà la creazione progressiva di nuovi ritmi vitali ed il cambiamento della vita quotidiana. Ciò necessiterà, per esempio, lo sviluppo di attrezzature leggere collettive per vari usi. Tale svago è uno dei mezzi per godere una vita familiare, culturale e militante;

— svago del fine di settimana...

— svago dopo il ritiro...

"Senza dubbio il contenuto del tempo libero sarà profondamente modificato dalle proposte avanzate altrove per la scuola, per l'educazione continuativa, per la famiglia, il decentramento, la vita di associazione, lo sport, i mezzi pubblicitari, la salute e il consumo. Esse permetteranno progressiva­mente di rendere questo tempo libero un tempo autogestito. Ad ogni buon conto, vi deve essere posto nel Progetto socialista per tempo libero concepito come quello che sfugge ai costringimenti e permette a tutti di espandersi sia mediante uno sforzo individuale che mediante la partecipazione in attività collet­tive" (Progetto, pp. 307-309).

"... un concetto globale della vita sociale in cui il tempo per l'educazione, il tempo per il lavoro e il tempo per lo svago non siano più considerati momenti isolati dell'esistenza individuale e collettiva ma come elementi di un insieme coerente" (Progetto, p. 289). La "coerenza", beninteso, non sarà quella del povero lavoratore "autogestionario' ma piut­tosto quella del PS.

Questo è il "paradiso" della libertà e della democrazia del regime socialista auto­gestionario.

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9. Il controllo dell' “ambiente di vita"

In una società autogestionaria l'impresa organizza il lavoro-svago in modo totalitario. Chi organizzerà lo svago lavorativo? In questo campo diventa necessario stabilire delle rigide organizzazioni regolatorie proprio perché il PS mira all'indebolimento e in fine alla distru­zione della famiglia, che è per eccellenza l'ambiente naturale per il vero tempo libero. Per questa ragione il PS incoraggia la crea­zione di organizzazioni rionali e di altre, dalle quali sembra aspettarsi un'azione decisiva nella distribuzione delle dimore e nella ridistribuzione non-segregazionista dei rioni già esis­tenti o in fase di pianificazione. Ed inoltre si darà persino da fare per l'arredamento delle dimore.

Così, organizzazioni correlate all'impresa favoriranno il progetto socialista assorbendo i momenti ed i rimasugli di energia e di vita che le attività dell'impresa lasciano liberi.

La vittima di tanto assorbimento è l'indivi­duo, irreggimentato ed "inquadrato" negli "ambienti di vita" (cadres de vie) auto­gestionari ed interamente assorbito dal blocco impresa-associazioni parallele. (23)

 

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23. "Il ‘cadre de vie’ (ambiente di vita) è parte di quei nuovi concetti che apparvero negli anni 60, erompendo a maggio del 1968. ...  Questo vasto concetto, che abbraccia tante cose, dall'habitat e trasporto all'urbanistica e architettura e perfino al tempo libero troppo frequentemente dimenticato, non è mai stato completamente definito. ...

"L'ambiente di vita non può essere isolato e avulso dalle realtà economiche e sociali. Quale ambiente per quale vita? Si comprende bene che la risposta sarà politica e globale: è mediante il cambiamento della vita, spe­cialmente sul posto di lavoro, che si cambia l'ambiente vitale" (FRANÇOIS MITTERRAND, prefazione del libro di JEAN GLAVANY e PHILIPPE MARTIN, Changer le cadre de vie, Club Socialiste du Livre, Parigi, 1981, p. VII).

"E’ necessario metter fine ad una delle segregazioni più inammissibili: le città .. stanno diventando sempre più città dei veri ricchi mentre i quartieri periferici stanno diventando quartieri dei molto poveri. Bisogna fare in modo che la città diventi, in modo esemplare, un luogo preciso in cui i diversi ambienti sociali saranno affiancati l'uno all'altro" (PIERRE MAUROY, dibattiti sulla Déclaration de politique générale, "Jour­nal Officiel", 10/7/81, p. 81).

"Per rendere i francesi ancora una volta padroni della propria vita quotidiana vuol dire anche interessarli alla costruzione e direzione del proprio ambiente di vita. ...  Le comunità locali domineranno i mercati immo­biliari, il che vuol dire la fine della specula­zione, e saranno in grado di condurre una pianificazione urbana volontaria. ...  Noi daremo agli abitanti pieni poteri sull'am­biente di vita. ...  L'habitat e l'ambiente di vita saranno la terra promessa della nuova cittadinanza" (Déclaration de politique générale, "Journal Officiel", 9/7/81, p. 51).

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Lo schema degli argomenti con cui il PS cerca di giustificare questo assorbimento gigantesco è sempre lo stesso: a) la proclama­zione di un diritto individuale; b) l'afferma­zione della funzione sociale di questo diritto; c) pianificazione dirigista dell'esercizio di questo diritto allegando la necessità di svolgere la sua funzione sociale; d) il conseguente assorbi­mento di questo diritto per mezzo di legge pianificatrice.

 

10. L'educazione

Resta ancora trattare della formazione socialista e autogestionaria dei bambini e dei giovani.

L'educazione autogestionaria, secondo il Progetto, comincia al più tardi ai due anni, quando è assolutamente desiderabile che il bambino sia consegnato ad una scuola preelementare o materna. Ma la società deve essere pronta a ricevere in modo completamente naturale dalle mamme quei bimbi che esse preferiscano consegnare all'educazione socialista in qualsiasi momento, persino quando siano appena nati. (24)

 

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24. "Il governo prenderà i provvedi­menti necessari per fare in modo che tutti i bambini dall'età di 2 anni fino a 6 abbiano accesso alle scuole materne. ...

"Esso sperimenterà con l'organizzazione di centri-asili nido che accettano i bimbi dalla nascita fino ai sei anni di età" (Programme commun — Propositions pour l’actualisation, p. 30).

"I centri-asili nido ... saranno pietre fondamentali del sistema iniziale. Questo è lo stadio in cui hanno inizio la lotta contro le ineguaglianze e la segregazione sociale" (Progetto, p. 287).

"La lotta per l'uguaglianza comincia nella scuola materna" (Progetto, p. 311).

"Ma come può il senso democratico, oggi anestetizzato, essere risvegliato? Prima attraverso la scuola, concepita come il luogo per eccellenza per l’apprendistato dell'auto­gestione" (Progetto, p. 132).

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Come si adatta tutto bene alla sterilità pianificata della famiglia autogestionaria!

Alcune scuole potranno ancora rimanere in mani particolari per un periodo di transizione "gradualista". Ma anche queste saranno con­nesse con la macchina d'insegnamento statale, che abbraccerà tutti i livelli, dalla scuola preelementare fino all'università ed allo stu­dio post-universitario. I direttori, insegnanti e funzionari avranno un ruolo, in scuole sia pubbliche che private, molto simile, se non del tutto identico, a quello dei dirigenti e dei tecnici nelle ditte autogestionarie. Secondo il principio di "pianificazione democratica", ne parteciperanno pure padri e madri, come altri che si interessino al processo educativo. La "plebe" scolastica, cioè, il corpo studentesco, avrà nel regime dell'autogestione — in ogni misura immaginabile, e persino in quelle non immaginabili — dei diritti analoghi a quelli dei lavoratori nell'impresa autogestionaria. (25)

 

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25. "La gestione tripartita (genitori e figli, personale e collettività pubbliche) deve liberare le iniziative e permettere, dopo la libera discussione, la definizione e la valuta­zione in comune degli obiettivi e responsabilità che essa comporta per ognuno di essi... Lo spirito di responsabilità esige ... la scom­parsa del controllo gerarchico precedente" (Progetto, p. 286).

"Le libertà elementari nelle scuole e nelle università, come pure nell'esercito, fanno ugualmente parte dei requisiti del Progetto socialista: libertà di espressione e di convegno nelle scuole medie, licei e università; dimore socio-educative rette direttamente da studenti di scuola media e liceale; partecipazione effettiva degli studenti nella vita e nella gestione della propria scuola; diritto dei rappresentanti di classe a partecipare in ogni loro consiglio di classe e degli studenti a frequentarli; diritto degli studenti a parteci­pare nell'amministrazione della propria scuola media o liceale; ... controllo da parte degli studenti dell'organizzazione del­l'università e del curriculum ... ; la crea­zione di un vero statuto degli studenti" (Progetto, p. 314).

"Noi intraprenderemo una trasformazione profonda del nostro sistema di educazione. Tutti debbono parteciparvi: prima gli insegnanti, poi i genitori, i rappresentanti di classe, le associazioni ed i rappresentanti degli impiegati e dei datori di lavoro....

"L'unificazione del sistema educativo pub­blico sarà il risultato di accordo e trattative generali" (Déclaration de politique générale, "Journal Officiel", 9/7/81, p. 51).

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Ma c'è di più. A scuola come in famiglia, "plebei" infantili o adolescenti riceveranno motivazione ed incoraggiamento per intra­prendere la loro lotta di classe sistematica contro le autorità scolastiche o domestiche ed avranno le loro assemblee, tribunali, corti d'appello e così via. (26)

 

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26. "Il Progetto socialista riconosce l'ampia posizione del bambino nella società: uguaglianza, libertà e responsabilità non sono riservate agli adulti. I diritti all'espressione, all'attività creativa e la presa di decisioni debbono essere riconosciute a cominciare dai giorni di scuola di una persona" (Progetto, p. 311).

"I giovani hanno anche un posto particolare: [nella società moderna] essi sono sotto tutela. ...  Indipendentemente dalla classe sociale alla quale essi appartengono, i giovani non hanno alcuna vera responsabilità di qualsiasi genere e poco controllo sulla propria vita. Vi è una differenza considerevole tra le loro possibilità e ciò che viene loro permesso di fare nella società" (Progetto, pp. 311-312).

"Niente è più importante oggi che il riconoscimento del diritto della gioventù ad essere sé stessa.

"Nel seno della famiglia, il diritto dei giovani ad essere sé stessi significa: la possibilità di un giovane di ricorrere in appello per una decisione che lo riguarda (relativa alla sua scelta di un corso o profes­sione, il modo in cui vive ...); la democratizza­zione e lo sviluppo di dimore di accoglienza per giovani che sono in conflitto con le proprie famiglie: ... il rendere l’affitto degli appartamenti più facile per i giovani; ... il libero diritto all'impiego di metodi anticon­cezionali e l'eliminazione del consenso dei genitori per l'interruzione volontaria da parte dei minorenni della propria gravidanza, uno sviluppo considerevole dell'educazione sessuale nelle scuole ed una revisione degli atteggiamenti sistematicamente repressivi riguardo alla sessualità dei minorenni" (Progetto, pp. 313-314).

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Nelle scuole statizzate o autogestionarie, il curriculum, l'intero corpo docente, e la formazione laica e socialista dell'intelletto saranno soggetti allo Stato. (27)

 

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27.    “... concetto generoso ed ag­gressivo dei socialisti in vista di un grande servizio pubblico, unificato e laicista di insegnamento, amministrato democratica­mente" (Progetto, p. 284).

"Il governo stabilirà l'obiettivo di formare un corpo unico di insegnanti per tutte le discipline che abbracciano tutta l'educazione scolastica dalla scuola materna fino all'ele­mentare, secondaria e professionale" (Pro­gramme commun — Propositions pour l'actualisation, p. 35).

"Tutti i genitori potranno avere impartita ai propri figli l'educazione religiosa o filoso­fica di loro scelta fuori dalle scuole e senza l'ausilio di sovvenzioni pubbliche" (ibidem, p. 32).

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Il Progetto non è del tutto chiaro su quali scuole potranno sopravvivere... o morire, in mani private, nel grado permesso dalla strate­gia gradualista. Ciò nonostante non è difficile congetturare che esse solo riusciranno a sottrarsi a quest'influenza e potere in misura dubbia e minima, se mai... (28)

 

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28. "Tutti i settori dell'insegnamento iniziale ed una parte importante dell'educa­zione continuativa saranno raggruppati in un unico servizio pubblico nazionale e laicista, controllato solo dal Ministero dell'Istruzione Nazionale.

"La creazione di un servizio pubblico di istruzione nazionale verrà trattata a partire dalla prima sessione della legislatura. ... Come regola generale, le scuole private che ricevono sovvenzioni pubbliche saranno nazionalizzate sia quando padronali, sia quando siano organizzate per profitto o per fini religiosi. ...

"I necessari trasferimenti dei locali esclu­deranno qualsiasi spoliazione,

"Le situazioni dei locali o dei personali delle scuole private che non ricevono sovven­zioni pubbliche potranno essere l'oggetto, a loro richiesta, di una disamina tendente alla loro eventuale integrazione" (Programme commun — Propositions pour l'actualisation, pp. 31-32).

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Una tale rete educativa non sarà totalitaria? Il Progetto cerca di evitare questa domanda imbarazzante citando il piano educativo, da esser preparato democraticamente, in modo da dare a ciascuno la possibilità di esprimere la sua opinione. Così, un tale piano rappresen­terebbe la volontà di tutti.

I socialisti usano questo sofisma per affer­mare che il sistema d'insegnamento unificato non è un monopolio. Come si può, chiedono loro, etichettare come monopolio un sistema che di fatto è unico, ma in cui tutti sono invitati a partecipare?

Ben si vede che il Progetto realizza a modo suo la trilogia "liberté, egalité, fraternité". Al momento della decisione collettiva tutti sono uguali: il potere della decisione appartiene alla maggioranza. Spetta alla maggioranza il decidere tutto riguardo agli affari educativi. E la minoranza deve ubbidire. Quando, allora, si realizza la libertà individuale? Al momento di votare: perché ognuno può liberamente discu­tere e votare come gli pare. Ma solo in quel momento...

 

11. Il diritto di proprietà nel regime autogestionario

Tutto ciò che è stato esposto finora mette in chiaro il senso socialista globale (e non solo l'applicazione all'impresa, come molti si imma­ginano) del regime autogestionario. Mette pure in evidenza il carattere gradualistico della strategia del PS.

Ora passiamo ad analizzare l'impresa auto­gestionaria con più dettaglio.

Il lettore abituato alle imprese attuali può forse credere che l'applicazione degli standard della democrazia politica alla vita economica e sociale delle imprese auto­gestionarie abbia uno scopo più letterario e demagogico che reale. Questo è un inganno.

Com'è già stato detto, il Potere sovrano che decide tutte le questioni importanti dell'im­presa autogestionaria è in verità l'assemblea dei suoi lavoratori. Quest'assemblea deter­minerà, per mezzo di voto, l'organizzazione dei corpi direttivi ed eleggerà i loro membri (un dettaglio importante: il Progetto non parla di voto segreto…). Affinché questo "suffra­gio universale" faccia le giuste scelte, il Progetto prevede delle riunioni in ogni impresa, nelle quali i corpi direttivi, a quanto pare, forniranno delle informazioni riguardo all'impresa, da discutersi fra i presenti. Si direbbe che ogni assemblea dei lavoratori cercherà di riprodurre in qualche modo la democrazia diretta delle antiche città greche...

Beninteso, per alcune questioni, queste deliberazioni dovranno essere fatte in comune con gli utenti o clienti, e con i rappresentanti della comunità (vedi Quadro IV — L'impresa autogestionaria ideale proposta dai socialisti).

La proprietà privata sopravvivrà nel regime concepito dal Progetto? Che il lettore se ne avveda. Dal linguaggio del Progetto si vede che se facesse delle domande ad un socialista francese avrebbe delle risposte molto rassicuranti... e allo stesso tempo prive di senso.

Nel linguaggio corrente, la proprietà di stato è opposta a quella privata. (29) Da un certo punto di vista, allora, l'impresa autogestiona­ria può essere chiamata privata, in quanto la sua situazione dinanzi allo Stato è distinta da quella di un'impresa nazionalizzata.

 

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29. Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, il diritto di proprietà deriva dall'ordine naturale creato da Dio. Gli animali, i vegetali ed i minerali esistono per l'uso degli uomini. Perciò ogni uomo ha, per virtù della condizione umana stessa, il diritto di assoggettare qualsiasi di questi beni al proprio dominio. Questa è l'appropriazione. L'appropriazione è caratterizzata da qualcosa di esclusivo nel senso che un bene che è stato appropriato non può essere usato da altri all'infuori del proprio proprietario. Riguardo a questo, dice Pio XI, nell'Enciclica Quadragesimo Anno, del 15 maggio 1931: "Che la proprietà poi originariamente si acquisti o con l'occupazione di una cosa senza padrone (res nullius) o con l'in­dustria e il lavoro, ossia con la specificazione come si suol dire, è chiaramente attestato sia dalla tradizione di tutti i tempi, sia dall'in­segnamento del Pontefice Leone XIII Nostro Predecessore. Non si reca infatti torto a nessuno, checché alcuni dicano, in contrario, quando si prende possesso di una cosa che è in balia del pubblico, ossia non è di nessuno; l'industria poi che da un uomo si eserciti in proprio nome e con la quale si aggiunga una nuova forma o un aumento di valore, basta da sola perché questi frutti si aggiungano a chi vi ha lavorato attorno" (Acta Apostolicae Sedis, Typis Poliglottis Vaticanis, Roma, 1931, Vol. XXIII, p. 194).

La proprietà nasce anche dal lavoro. Essendo per natura padrone di sé stesso, l'uomo è anche padrone del proprio lavoro. Di conseguenza, gli spetta il diritto di far pagare le sue prestazioni. Così, ciò che egli acquisisce con il proprio lavoro gli appartiene a titolo individuale. Tale è l'insegnamento di Leone XIII nell'Enciclica Rerum Novarum del 15 maggio 1891: "Ed in vero non è difficile a capire che lo scopo del lavoro, il fine prossimo che si propone l'artigiano, è la proprietà privata. Imperocché se egli impiega le sue forze, la sua industria a vantaggio altrui, lo fa per procacciare il necessario alla vita: e però col suo lavoro acquista vero e perfetto diritto non pur di esigere ma d'investir come vuole la dovuta mercede. Se dunque con le sue economie venne a far dei risparmi e, per meglio assi­curarli, li investi in un terreno, questo terreno non è infine altra cosa che la mercede mede­sima travestita di forma, e conseguentemente proprietà sua, né più né meno che la stessa mercede. Ora in questo appunto come sa ognuno, consiste la proprietà, sia mobile, sia stabile. Con la conversione della proprietà particolare in quella collettiva, i socialisti, togliendo all'operaio la libertà di reinvestire le proprie mercedi, gli rapiscono il diritto e la speranza di vantaggiare il patrimonio do­mestico e di migliorare il proprio stato, e ne rendono perciò più infelice la condizione" (Acta Sanctae Sedie, Tpogaphia Polyglotta S.C. de Propaganda Fide, Roma, 1890-1891, Vol. XXIII, p. 642).

Finalmente, la proprietà può anche essere acquistata mediante successione. I figli, i quali sono la continuazione dei propri genitori, ereditano naturalmente i loro beni. Su questo carattere familiare della proprietà, afferma Leone XIII nell'Enciclica Rerum Novarum: "Onde quello che dicemmo in ordine al diritto di proprietà inerente all'individuo, va applicato all'uomo come capo di famiglia: anzi tal diritto in lui è tanto più forte quanto più estesa e comprensiva è nel consorzio domestico la sua personalità. Per legge inviolabile di natura incombe al padre il mantenimento della prole: e per impulso della natura medesima che gli fa scorgere nei figli una immagine di sé, e quasi un'espansione e continuazione della sua persona, egli è mosso a provvederli in modo che nel difficile corso della vita possano onestamente far fronte ai propri bisogni: cosa non possibile ad ottenersi, se non mediante l'acquisto di beni fruttiferi, ch'egli poi trasmetta loro in retag­gio" (Acta Sanctae Sedis, Vol. XXIII, p. 646).

La proprietà, come ogni diritto, ha una funzione sociale, ma non è limitata alla sua funzione sociale. Questo è ciò che Pio XII insegna nel proprio radiomessaggio del 14 settembre 1952, al Katholikentag di Vienna: "E per questo motivo che l'insegnamento sociale cattolico, fra l'altro, si fa paladino enfatico del diritto dell'individuo alla sua proprietà. In questo risiedono anche i più profondi moventi per cui i Pontefici delle encicliche sociali, ed anche Noi stessi, abbiamo rifiutato di dedurre, sia direttamente, che indirettamente, dalla natura del contratto di lavoro, il diritto di comproprietà del lavora­tore sul capitale dell'impresa, ed il suo corolla­rio, il diritto alla cogestione. Ciò doveva essere negato perché alle spalle di questa questione si trova questo problema più grande — il diritto dell'individuo e della famiglia a possedere proprietà che sorge immediata­mente dall'essenza della persona umana. Esso è un diritto di dignità personale; un diritto, invero, accompagnato da obblighi sociali; un diritto, però, non soltanto una funzione sociale" (Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. 314).

Da questo punto di vista, la proprietà pubblica è distinta dalla proprietà privata.

La prima consiste normalmente dei beni che ha lo Stato per compiere la propria missione. Senza uscire dai limiti della propria funzione particolare, lo Stato può anche posse­dere e amministrare qualcosa per il bene comune. Per esempio, quando esso si assume lo sfruttamento di una risorsa sotterranea per poter ridurre le tasse dei suoi cittadini a causa dei profitti derivati da esso. Ma ciò deve essere fatto solo in modo limitato ed in circostanze speciali. Lo Stato può anche fare ciò in relazione ad un certo tipo di ricchezza che, di sua propria natura, porrebbe l'individuo che la controlla nella posizione di dominare lo Stato stesso.

I beni rimanenti appartengono al dominio privato e non al dominio pubblico. Un pro­prietario privato può essere un proprietario singolo, un gruppo, o una associazione di proprietari singoli.

Naturalmente, questa dottrina e questa terminologia, che esistono implicitamente o esplicitamente nel linguaggio corrente, non sono quelle del Progetto.

Il Progetto non afferma il diritto naturale di proprietà dato da Dio all'uomo. Esso ipertrofizza la proprietà collettiva dei gruppi sociali, trasformando ciascuno di questi, in rapporto ai suoi componenti, in un ministato totalitario; e chiama privata la proprietà autogestionaria, anche se questa viene istituita — in gran misura imposta — e perfino regolata arbitra­riamente dallo Stato.

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Stava per esser terminata la redazione del presente Messaggio, quando fu pubblicata a metà settembre l'Enciclica Laborem Exercens di Giovanni Paolo II. Essa è stata accolta con un'ampia e favorevole pubblicità da parte dei più importanti mezzi di comunicazione sociale del mondo occidentale.  .

Senza dubbio l'Enciclica presenta degli insegnamenti nuovi, non tutti svolti sino alle ultime conseguenze, sia dottrinali che pratiche.

Nella maggioranza dei casi, questo la per­messe che la pubblicità data al documento diffondesse l'impressione che, secondo Giovanni Paolo II:

a) non è un imperativo della natura delle cose che la proprietà privata (e quindi non statale) sia abitualmente individuale;

b) in principio (ed in modo speciale nelle condizioni moderne della vita economica), è legittimo, e persino preferibile, che il diritto di proprietà venga normalmente esercitato da gruppi di persone invece che da proprietari individuali, adempiendo meglio in tal modo la sua funzione sociale. Questa sarebbe la "socializzazione" della proprietà.

Se si accetta questa interpretazione del documento di Giovanni Paolo II, si dovrebbe concludere che:

a) tale "socializzazione" starebbe in forte contrasto con i suddetti principi del Magistero Pontificio tradizionale, che insegna come la proprietà individuale sia una conseguenza logica della natura personale dell'uomo e dell'ordine naturale delle cose;

b) così, il regime socializzato propugnato dal PS francese troverebbe un appoggio importante nella Laborem Exercens.

Per un cattolico zelante sarebbe penoso caricarsi sulle spalle la responsabilità di fare sull'Enciclica di Giovanni Paolo II queste due affermazioni, poiché queste avrebbero delle conseguenze incalcolabili sul piano religioso e socio-economico.

Infatti se si ammette tale opposizione fra il recente documento pontificio ed i documenti tradizionali del Magistero Supremo della Chiesa, si dispiegherebbero innumerevoli con­seguenze teologiche, morali e canoniche.

Come si vede nel Capitolo II di questo Messaggio, il PS francese afferma la connes­sione logica fra la riforma autogestionaria dell'impresa da lui preconizzata, e la riforma dell'economia in generale, dell'insegnamento, della famiglia, e dell'uomo stesso. Per i socialisti francesi queste molteplice riforme non sono nient'altro che diversi aspetti di una sola riforma globale.

Ed hanno ragione: "Abyssus abyssum invocat" — "Un abisso attrae un altro abisso" (Ps. 41,8). Non si vede come possa esser possibile che un Pontefice Romano, aprendo le dighe all'autogestione propugnata dal socialismo francese, appoggi implicitamente od esplicita­mente questa riforma globale.

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Il Progetto chiama l'impresa autogestiona­ria "socializzata", cioè, non-statale (quindi privata), ma anche non appartenente a indivi­dui, perché gli attributi del proprietario saranno grosso modo trasferiti all'assemblea dei lavoratori.

Ma allora la proprietà privata potrà soprav­vivere nel regime socialista? Solo durante un periodo molto breve, risponde il Progetto, per quanto riguarda le imprese grandi. Le imprese di mezza e piccola grandezza dureranno un po' di più, dipendendo da molteplici circostanze. (30)

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30. “I socialisti sono favorevoli al prin­cipio socializzazione dei mezzi della produzione in tutti i settori in cui la socializ­zazione delle forze produttive è già divenuta una realtà. D'altra parte ciò vuol dire che imprese private di piccola e media grandezza sussisteranno in un contesto di certo profondamente modificato, e con nuovi obblighi" (Pro­getto, pp. 153-154).

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Qual'è il punto di demarcazione fra imprese medie e piccole? Fra imprese medie e grandi? Abbiamo delle nozioni generali su quest'argomento che si basano sul buon senso e sulle abitudini mentali che si sono formate durante l'ordine di cose attuale. Ma queste abitudini mentali non coincidono con la nuova società, che genererà delle altre abitudini mentali. Così, la fissazione di questi limiti dipenderà dalla legge. Il che aprirà la possibilità allo Stato di ridurre "gradualisticamente" i livelli delle proprietà. (31) In tal modo che, entro alcuni anni, le imprese che ora sono considerate medie dovranno sopportare le tassazioni severe che ora vengono imposte alle imprese grandi, e le imprese che ora sono considerate piccole si terranno come medie. Tutto affinché ne risulti che il numero di piccole proprietà individuali (favorite per ora nel piano fiscale) divenga ancora più limitato.

 

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31. Secondo i socialisti, uno degli obiet­tivi della "pianificazione democratica" è quello di determinare "come e fino a qual punto la riduzione delle ineguaglianze viene eseguita" (Quinze thèses, p. 15). Ossia, i Piani del Governo, da essere elaborati a livello nazionale, regionale e locale, mireranno già al livellamento gradualistico.

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Beninteso, considerando la fisionomia generale del Progetto, la proprietà privata sembra essere contraddittoria anche quando viene ridotta a tali esigue proporzioni, visto che mantiene il suo carattere individuale in seno ad un ordine di cose interamente socializ­zato. Ne deriva che la fine del gradualismo socialista sarà l'estinzione completa di tutta la proprietà individuale. (32)

 

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32. Questa affermazione non com­prende la proprietà, da parte del lavoratore, dei suoi attrezzi (quelli di un artigiano, per esempio), o degli oggetti duraturi che egli ha acquistato con i propri guadagni. Però, per gli eventuali eredi futuri del lavoratore, questo modesto patrimonio individuale sarà di poca o nessuna importanza quando si considerano le limitazioni che il Progetto impone sulle ere­dità.

"La questione dell'eredità... sarà trattata con lo stesso spirito: [tasse di successione] fortemente progressive sui grandi patrimoni, ma tasse grandemente ridotte, presso alla base sociale, sulla successione in linea diretta che permettono la trasmissione del patrimonio affettivo (casa dì famiglia) o dello sfruttamento agricolo o artigianale" (Progetto, p. 154).

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In effetti, il Progetto adotta una strategia gradualista che respinge l'estinzione somma­ria di tutte le proprietà e dispone delle tappe che guidino verso la loro estinzione graduale. Secondo il Progetto, il regime autogestionario includerà per un dato periodo, delle proprietà piccole, medie, e persino grandi. Ma almeno le ultime due saranno categorie agonizzanti. Seguendo la logica del suo ferreo eguali­tarismo, chi può affermare che lo Stato autogestionario non abbia l'intenzione di eliminare le piccole proprietà, dopo aver estinto le medie e le grandi?

Inoltre, come potrà il lavoratore del regime autogestionario arrivare ad essere proprieta­rio, con il semplice accumulo di ciò che gli rimane dopo aver provveduto alla sua sussis­tenza? Quanti anni di lavoro ci vorrebbero? E tutto questo per potersi godere la sua pro­prietà solo per pochi anni? La lascerà al figlio avuto da una delle sue unioni, un figlio consegnato nella più tenera infanzia allo Stato, che da solo ha formato la sua mentalità e che lo ha reso un estraneo per i suoi propri genitori, che probabilmente saranno pure loro estranei l'uno all'altro, visto che la loro unione non era stabile? Queste domande fanno capire come la proprietà, per quanto piccola, sia realmente estranea al mondo autogestionario, dove sopravvive solo fino al punto in cui questo è richiesto dalle tattiche gradualistiche. (33)

 

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33. "Non vi può essere autogestione in un regime capitalista: un'impresa privata non può essere autogestita" ("Documentation  Socialiste", n. 5, p. 57).

"Credetemi, tra non molto i nostri discendenti considereranno la proprietà privata dei mezzi fondamentali di produzione della economia nazionale come un'aberrazione tanto curiosa quanto il regime feudale appare a noi oggigiorno" (Dichiarazione del deputato socialista JEAN POPEREN durante i Dibattiti sulla Déclara­tion de politique générale, ''Journal Officiel", 10/7/81, p. 77).

"Ciò vuoi dire che noi ripudiamo la pro­prietà privata? In nessun modo. Noi sap­piamo benissimo che una forma di società non sostituisce un'altra in un sol giorno o perfino in una generazione. Il capitalismo ha impiegato secoli ad emergere dal seno della società feudale. Ed il socialismo stesso iniziò la propria marcia nelle nazioni capitalistiche più avanzate solo alla metà del secolo scorso. …

"Si potrebbe considerare che il manteni­mento della proprietà privata individuale sia una risposta a certe necessità — particolar­mente a quelle psicologiche — di sicurezza.

"Ma noi miriamo anche allo sviluppo progressivo di altre pratiche (il fitto della terra ai coltivatori, il regolamento automatico del valore dei risparmi in rapporto con il tasso di inflazione, lo sviluppo di alloggi di affitto, l'incoraggiamento del turismo familiare in campagna, ecc.)" (Progetto, pp. 153-154).

"Il Partito Socialista non solo non mette in questione il diritto di ognuno a possedere i propri beni duraturi acquistati mediante il proprio lavoro o gli utensili di lavoro fatti da lui, ma gli garantisce l'esercizio" [di questo diritto]. A sua volta, esso propone di sostituire progressivamente la proprietà capitalista con la proprietà sociale che può assumere forme diverse, per l'amministrazione della quale i lavoratori debbono prepararsi" (Statuti del Partito — Dichiarazione dei Principi, in "Documentation Socialiste", supplemento al n. 2, p. 48).

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12. La proprietà rurale nel Progetto socialista

Il Progetto si lascia conoscere molto di più nelle sue mete che nelle tappe che permette o tollera per necessità strategica.

In questa prospettiva, qual'è la situazione della proprietà rurale — cioè, della piccola proprietà di dimensioni familiari — nella società modellata dal PS? La domanda presup­pone che le proprietà di grande e media grandezza siano già state eliminate.

Sia il Progetto — come pure la Dichiarazione di politica generale del Governo fatta dal Primo Ministro Pierre Mauroy — sono vaghi ed ambigui su questo punto.

Il Progetto propone delle misure che a primo sguardo sembrerebbero ispirate dal buon senso e dal desiderio di proteggere l'agri­coltore: aumentare la produzione, organizzare i mercati, rivalorizzare la posizione dell'agri­coltore, e garantirgli il suo terreno. L'unica eccezione è il sistema di protezione dei prezzi per i prodotti agricoli, che ovviamente è solo o quasi solo inteso per quei piccoli produttori. Che gli altri produttori, tollerati per via del gradualismo, sopravvivano se possono; e che altrimenti avvizziscano.

Quale consistenza vi è nei diritti del piccolo proprietario terriero, visto che l'elemento principale delle proposte socialiste è la crea­zione di uffici terrieri che organizzeranno i mercati e, fra l'altro, saranno "incaricati di promuovere una migliore ripartizione ed uti­lizzazione della terra"?

Inoltre, questi uffici terrieri saranno gli elementi di una autogestione collettiva, costi­tuita dall'insieme dei piccoli proprietari ter­rieri e dagli utenti, su tutto il terreno arabile. Il che assoggetterebbe continuamente a divi­sioni la piccola proprietà, e a cambiamenti di dimensione ed amalgamazioni in una situa­zione di riforma agraria permanente sotto­messa ad una regolazione dittatoriale dei prezzi dei prodotti agricoli. (34)

 

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34. "Il controllo e la garanzia della terra. — Essendo uno strumento di lavoro, la terra sarà protetta contro la speculazione immobiliare mediante l'instaurazione di una politica basata sulla creazione di uffici immo­biliari incaricati di assicurare la migliore distribuzione e utilizzazione del suolo. Esso sarà anche protetto contro l'uso eccessivo e l'esaurimento causati dalla coltivazione inten­siva, come pure l'abuso di tecniche nocive alla natura ed all'ambiente" (Progetto, p. 208).

"Il mercato sarà organizzato sotto uffici. Questi assicureranno agli agricoltori una remunerazione giusta per il proprio lavoro mediante la garanzia dei prezzi, prendendo in considerazione i costi di produzione entro i limiti di un quantum" (Progetto, p. 206).

"Amministrati da rappresentanti degli agricoltori, dai lavoratori agricoli e dalle comunità locali, [gli uffici immobiliari) ... assumeranno particolarmente le seguenti fun­zioni:

— Essi . . . interverranno in procedimenti di affitto. . . .

— Essi avranno un diritto permanente di prelazione nell'acquisto di ogni terreno messo in vendita. I terreni così acquisiti potranno essere sia rivenduti che affittati agli agri­coltori che ne avranno bisogno" (Pour une agriculture avec les socialistes, "Les cahiers de documentation socialiste", n. 2, aprile 1981, p. 20).

Mitterrand descrive il funzionamento di questi uffici immobiliari nel modo seguente:

"Contrariamente a ciò che alcune persone vogliono far credere, questi uffici non instaureranno né il collettivismo né il co­stringimento! Non può esistere nessuna buona politica terriera eccetto quella che è discussa, convenuta ed accettata dalle diverse parti interessate, agricoltori, comunità locali e amministrazione.

Sono perciò gli agricoltori stessi che amministreranno gli uffici regionali e che coordineranno la politica terriera, discuten­dola insieme, e che prenderanno decisioni circa la distribuzione e l'assegnazione di zone al terreno, cose desiderabili per poter man­tenere una popolazione agricola attiva e un massimo numero di installazioni" (apud CL. MANCERON e B. PINGAUD, François Mitter­rand — L'homme, les idées, le programme, Flammarion, Parigi, 1981, pp. 107-108).

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Così considerato nell'insieme ciò che il Pro­getto stabilisce per la società autogestionaria, occorrono due domande riguardanti al nocciolo del pensiero che lo ispira: è realmente liberale? Come approccia la religione? È ciò che vedremo in seguito.

 

 

III. Il nocciolo dottrinario del Progetto socialista: laicità – “liberté, egalité, fraternité”

 

1. I diritti dell'Uomo nella società autogestionaria: informarsi, dialogare e votare

Abbiamo già visto che il PS si dispone a educare il cittadino dalla nascita alla morte modellandogli l'anima quando lavora e quando è libero, nella cultura e nell'arte, ed influen­zando persino l'arredamento della sua dimora. Che riflesso ha questa inclinazione sulla libertà dell'individuo?

Si conferma a questo punto ciò che si è detto all'inizio sulle relazioni fra libertà ed ugua­glianza nella trilogia della Rivoluzione Fran­cese. Infatti, se libertà significa non aver niente e nessuno su di sé, e di conseguenza fare tutto ciò che uno vuole — che questo è il senso radicale ed anarchico del termine — il cittadino autogestionario è libero solo apparentemente. Effettivamente non lo sarà mai in vita sua.

Il cittadino autogestionario troverà che della sfera delle sue scelte puramente indivi­duali, in cui può manifestare il carattere unico ed inconfondibile della sua personalità, le sue restrizioni saranno sempre maggiori. Sul lavoro e nel suo tempo di svago avrà la libertà di essere informato, di dialogare e di votare. Ma le decisioni saranno normalmente prese dalla comunità. La sua libertà sarà limitata a dire ciò che intende nei dibattiti pubblici ed a votare come desidera. Come elettore, è libero di scegliere nomi e lo è pure nel votare nelle assemblee deliberative. Come individuo, è spinto dal Progetto fino ai limiti estremi del non-essere. (35) Ciò non è fatto direttamente in favore del Potere pubblico, ma di un tessuto o meccanismo sociale composto da gruppi auto­gestionari dentro e fuori dal mondo dell'im­presa.

 

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35. "Uno dei fondamenti della società socialista autogestionaria è il riconoscimento di piccoli gruppi sociali e, di conseguenza, di interessi collettivi molto vicini all'individuo e facili ad apprendere (famiglia, atelier, classe scolastica, associazione, vicinato, ecc.). Delle decisioni debbono essere prese anche qui; l'esistenza dell'interesse collettivo deve essere tradotta decisamente in un procedimento. Questo è il motivo per cui i socialisti . . . affermano che, in ultima analisi, la legit­timità solo può essere derivata, domani come oggi, dal suffragio universale. Il bene comune e la democrazia non sono in guerra tra di loro. Semplicemente il bene comune non può essere definito se non mediante la democrazia" (Progetto, p. 131).

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Il vero grafico del Potere della società autogestionaria si mette in moto a partire dalle assemblee, va attraverso i comitati ed altri organi sociali e termina nello Stato. Beninteso, fino a quando l'autogestione non prende la rotta della dissoluzione finale dello Stato e la divisione dei suoi poteri in piccole comunità autocefale. (36) Il lavoratore potrebbe immaginarsi questo grafico a forma di rombo. Ad una estremità c'è la sua impresa, quella in cui lui è una molecola che parla e vota. All'estremità opposta c'è lo Stato.

 

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36. Tanto quanto i socialisti francesi, i comunisti si prefiggono come obiettivo finale l'autogestione della società. Nel preambolo della Costituzione Russa si legge: "L'obiet­tivo supremo dello Stato sovietico è la costruzione di una società comunista senza clase in cui si svilupperà l'autogestione sociale comunista" (Constitución — Ley Fundamental de la Unión de Repúblicas  Socialistas Sovieticas, del 7 ottobre 1977, Editorial Progreso, Mosca, 1980, p. 5).

Quindi, su questo punto, non esiste alcuna divergenza dottrinaria tra i comunisti e i socialisti. La divergenza appare solo nella loro concezione della scomparsa dello Stato.

L'Istituto di Filosofia dell'Accademia di Scienze della Russia Sovietica definisce il ruolo dello Stato nel periodo di transizione verso la società autogestionaria nel modo seguente:

"Lo sviluppo della democrazia socialista rafforza il potere dello Stato ed allo stesso tempo prepara il terreno per la sua estinzione, insieme all'impianto di un regime sociale in cui la società può essere diretta senza la necessità di un apparato politico o di coerci­zione statale. ...

"Ora, l'invocare una più rapida scom­parsa dello Stato con il pretesto di combattere il burocratismo e il proclamare, allo stesso tempo, la necessità di rinunciare al potere statale, equivale, nelle condizioni [attuali] del socialismo, mentre il mondo capitalista esiste ancora (e ciò che è perfino più grave, durante il periodo di transizione al socialismo), al disarmo dei lavoratori al cospetto del loro nemico di classe.

"Il processo dell'estinzione dello Stato non può essere accelerato da qualsiasi tipo di provvedimenti artificiali. Lo Stato non sarà abolito da nessuno, esso invece si dileguerà gradatamente quando il potere politico cesserà di essere necessario. Ciò sarà possibile quando lo Stato socialista adempierà la propria mis­sione storica, ma ciò richiede, a sua volta, il rafforzamento del potere politico. Perciò non si può opporre la preoccupazione di potenziare lo Stato socialista alla prospettiva della sua estinzione; ambedue sono facce della stessa medaglia.

"Dal punto di vista della dialettica, il problema dell'estinzione dello Stato è il pro­blema della trasformazione dello Stato socialista, nell'autogestione comunista della società. Alcune funzioni sociali ana­loghe a quelle attualmente adempiute dallo Stato sussisteranno sotto il comunismo. Però il loro carattere e le forme della loro applica­zione non saranno gli stessi di quelli che essi sono nell'attuale stadio di sviluppo.

"L'estinzione dello Stato significa: 1) la scomparsa della necessità della coercizione di Stato e degli organi che la impiegano; 2) la trasformazione delle funzioni organizzative, economiche ed educative e culturali ora adem­piute dallo Stato in funzioni sociali; 3) l'inte­grazione di tutti i cittadini nella direzione degli affari pubblici e la scomparsa della necessità di organi di potere politico.

"Quando saranno state cancellate tutte le tracce della divisione della società in classi, quando il comunismo avrà definitivamente trionfato, e quando le forze del vecchio mondo opposte al comunismo avranno lasciato la scena, scomparirà anche la necessità dello Stato. La società non avrà più bisogno di speciali contingenti di uomini armati per garantire l'ordine e la disciplina sociali. Allora, come ha affermato Engels, il mac­chinario dello Stato potrà essere messo in un museo di antichità insieme con la rocca da filare e l'ascia di bronzo" (ACCADEMIA DI SCIENCE DELLA URSS — ISTITUTO DI FILO­SOFIA, Fundamentos de la Filosofia Marxista, Redazione generale di F. V. KONSTAN­TINOV; Editorial Grijalbo, Messico, 2a. ed., 1965, nn. 538-539).

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Ma codesto si troverebbe sulla cima del rombo, e sul fondo vi starebbe l'assemblea dei lavoratori. Non che l'autogestione, una volta impiantata, sia una mera facciata dietro alla quale lo Stato manipoli tutto. Questo può succedere. Ma qui non stiamo considerando le deformazioni che una società autogestita potrebbe soffrire nella pratica. Stiamo solo avendo in mira quale sarebbe il genuino miraggio socialista se applicato nella sua completezza.

Così, in coerenza con il Progetto si può mettere in risalto che:

a) Una volta impiantata la società auto­gestionaria, i poteri dello Stato avvizziranno "gradualisticamente";

b) Però, nell'atto di impiantarla tramite la legge, lo Stato è onnipotente. E fintanto che la legge serve come fondamento e regola di quella società, vivrà in virtù dell'onnipotenza di quell'atto che l'ha organizzata e stabilita. Ed almeno fintanto che lo Stato esiste, sarà permesso al Potere Pubblico in qualsiasi momento abrogare o espandere questo atto come voglia;

c) Nelle società dell'Occidente, lo Stato non esercita dei poteri così ampi. I paesi hanno adottato in tesi il principio della sovranità del suffragio universale sia in Oriente che in Occidente. Ma in Occidente questa sovranità è autocontenuta dal riconoscimento di libertà individuali più ampie, o meno. Mentre nell'O­riente questo principio non ha valore pratico, ed è chiaro che non l'avrà per niente nella società autogestionaria, in cui la libertà dell'individuo consiste solo nell'uso della parola e del voto nelle assemblee.

In questo modo, è lo Stato che dispone tutto nella società autogestionaria. Annichilisce la famiglia, e la sostituisce. Concede alle mole­cole autogestionarie i brandelli di diritti che resteranno loro nella società. Ha potere illimi­tato di legiferare sull'autogestione dell'impresa, della docenza, o di qualunque altro tipo. Esso insegna. Forma. Livella. Riempie il tempo libero. In somma, si installa nella mente dell'individuo. A questi resta solo la sua condizione di robot, i cui segni di vita propria sono soltanto l'informarsi, dialogare e votare. Questa trilogia sarebbe l'adempimento concreto dell'altra: "libertà, uguaglianza, fra­ternità".

In una parola, la società autogestionaria ha una moralità ed una filosofia proprie, (37) che il lavoratore robotizzato inalerà persino nell'a­ria che respira.

 

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37. "Non si aderisce al socialismo senza una certa visione dell'uomo, di ciò che egli vuole, di ciò che è in grado di fare, di ciò che deve fare, dei suoi diritti e delle sue necessità" (Progetto, p. 10).

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2. La Religione e le religioni nel Progetto

La società autogestionaria non si limita a eliminare o a restringere le libertà dell'indivi­duo, ma, come abbiamo visto, cerca perfino di formare la sua coscienza.

Queste considerazioni conducono naturalmente ad analizzare fino a che punto il Progetto mutili i diritti della Religione.

a) Si può dire che ogni parola, ogni lettera del Progetto sia laica. Non vi è il minimo pensiero di Dio. Per esso la fonte di tutti i diritti non è Dio, ma l'uomo, la società. Il Progetto ignora completamente la Vita futura, la Rivelazione, e la Chiesa come Corpo Mistico di Cristo. (38)

 

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38. "Il Partito Socialista non mira all'autosoddisfazione o a fare testimonianza dell'aldilà, ma alla trasformazione delle strut­ture della società" (Progetto, p. 33).

"La spiegazione della società … è una cosa, il destino finale dell'uomo è un'altra cosa", afferma il Progetto. Come se si potesse spiegare qualsiasi cosa facendo astrazione del suo fine.

E, a guisa di consolazione, aggiunge destramente il Progetto: "Nel grado in cui è cancellato il clericalismo, l'anticlericalismo perde la propria giustificazione. Questo è un arricchimento della laicità ed una acquisi­zione preziosa della lotta socialista negli ultimi anni" (Progetto, p. 29). In realtà, più del clericalismo, sono il Clero e la Chiesa che vengono così "cancellati", nel Progetto.

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b) La Religione, o, per il Progetto, le reli­gioni — poiché codesto non riconosce il carat­tere soprannaturale di nessuna — sono appena delle realtà sociali che sono sempre esistite e che esistono ancora. Sono dei fatti estrinsechi alla società autogestionaria, e che discordano frontalmente con la sua laicità.

Ciò induce a prevedere che la società auto­gestionaria, che tende a distruggere tutto quel che le è estrinseco e contraddittorio, si met­terà al lavoro per distruggere "gradualistica­mente" le religioni.

È ben vero che il Progetto garantisce la libertà di culto. Ma questa è ristretta ad un limite veramente minimo, poiché tutto l'or­dine temporale sarà concepito in senso opposto a quello della Chiesa: l'economia, l'organizzazione sociale, il totalitarismo poli­tico, la perpetuazione della specie umana, la famiglia e persino l'uomo. (39)

 

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39. I cattolici sono frequentemente più sensibili alle trasgressioni della Legge di Dio relative all'istituto della famiglia che a quelle relative all'istituto della proprietà privata. È così possibile che qualche lettore cattolico più o meno condiscendente con l'impresa auto­gestionaria, cerchi di immaginare un'applica­zione del Progetto rigidamente limitata al campo dell'impresa senza toccare l'individuo, la famiglia o l'educazione. Ma questa sarebbe un'illusione perché la correlazione naturale tra la famiglia e la proprietà rende impossibile una tale separazione. La mera lettura di questo Messaggio rende chiaro che l’auto­gestione dell'impresa così come è descritta nel Progetto è inseparabile dalle sue fondamenta filosofiche e morali. Una volta accettate, queste concezioni influenzano di necessità tutti gli aspetti della vita umana.

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Il Progetto implica una visione talmente globale della società, che presuppone di neces­sità — sebbene in modo implicito — anche una visione globale dell'Universo. Perché que­st'ultimo è, in un certo modo, il contesto della società. Una società globale, laica ed autosuffi­ciente corrisponde ad un universo ugualmente globale, laico ed autosufficiente.

A sua volta, una visione dell'Universo implica l'affermazione o la negazione di Dio. Quindi, una negazione perfettamente auten­tica anche se espressa in silenzio. (40) Il Progetto è quindi “a-teo”, senza Dio: ateo.

 

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40. La Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, del Secondo Concilio Vaticano, con­tiene una descrizione assai sintetica e sfumata dell'ateismo moderno. A questo titolo, è utile citarla: "La parola ateismo è usata per deno­tare fenomeni che differiscono consi­derevolmente gli uni dagli altri. Mentre Dio è espressamente negato da alcuni, altri sosten­gono che l'uomo non può fare una qualsiasi asserzione in Suo riguardo. Certuni sottomet­tono a un tale metodo l'analisi del problema di Dio, che Egli sembra carente di significato. Molti, oltrepassando indebitamente i confini delle scienze positive, o sostengono che qual­siasi cosa possa essere spiegata solo mediante questo processo scientifico o, al contrario, ritengono che la verità assoluta non esista in nessun modo. Alcuni innalzano l'uomo a un tal punto che fanno languire la loro fede; essi sembrano maggiormente inclini all'afferma­zione dell'uomo che al diniego di Dio. ...  Esistono anche coloro che nemmeno abbordano il problema di Dio; non sembrano sentire qualche inquietudine religiosa né scorgere il perché essi dovrebbero preoccuparsi di essa" (n. 19).

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Il silenzio del Progetto a proposito di Dio non sarà una mera tappa "gradualista" che porti a qualche tipo di panteismo plausibilmente evo­luzionista?

Questo riferimento ad un possibile pan­teismo viene fatto perché il Progetto attri­buisce una forma di funzione redentrice alla collettività. In essa l'individuo è salvato dal naufragio in cui è posto dalla sua propria condizione individuale. È la via verso la soluzione di tutti i problemi. (41)

 

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41. "Noi riteniamo che collettivo è sinonimo di grandiosità, bellezza, profondità e gioia di vivere" (Progetto, p. 153). Il che vuol dire che grandiosità, bellezza, profondità e gioia di vivere sono sinonimi di collettivo.

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A sua volta il riferimento all'evoluzionismo si collega con il carattere arbitrario, antina­turale ed artificiale del riformismo socialista. E questo è ancora più strettamente in rap­porto con il relativismo fondamentale che professa. (42) Partendo da concetti filosofici molto oscuri ma la cui influenza si fa sentire dappertutto, il Progetto nega i principi più fondamentali dell'ordine naturale (la distin­zione fra la missione degli uomini e delle donne, la famiglia, l'autorità maritale, l'autorità paterna, come pure il principio di autorità a tutti i livelli ed in tutti i campi, la proprietà privata e la successione ereditaria). Il Progetto, lottando contro l'opera del Creatore, mira a ricostruire una società umana a rovescio della natura che Dio ha creato per l'uomo.

 

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42. "Tutto il movimento della scienza ... è compreso da una permanente messa in questione dei postulati della fase precedente" (Progetto, p. 135).

"A nostro parere non può esistere alcun sapere costituito una volta per tutte. Dal momento che esso implica la rettificazione e perfino la ricostruzione continua della realtà come noi la vediamo, non si può mai affermare che il sapere sia stato conseguito ed esso deve essere sempre messo in questione" (Progetto, pp. 136-137).

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Tutto ciò presuppone che l'ordine naturale, che il PS ritiene essere indefinitivamente malleabile, possa essere modellato dall'uomo come questi voglia. Il che fa pensare all'evolu­zionismo.

 

3. L'Episcopato francese di fronte al PS

In vista di queste considerazioni, noi in quanto cattolici non possiamo passare sotto silenzio il nostro stupore — uno stupore che tutte le nazioni del mondo condivideranno fino alla fine dei tempi quando la confusione presente nelle mentì della gente si sarà dissipata — vedendo che la Conferenza Epis­copale Francese non ha espresso nemmeno una parola di avvertenza sul peri­colo del paese di fronte a delle elezioni capaci di portare i mentori ed i capi del PS al potere, mettendo in pericolo anche la Chiesa e ciò che di vivo ancora resta del Cristianesimo. Al contrario, in due dichiarazioni che ha divulgato (10 febbraio e 1° giugno 1981), il Consiglio Permanente dell'Episcopato fran­cese ha manifestato la sua neutralità verso tutti i candidati, affermando di non "volere influenzare le decisioni personali" dei catto­lici francesi, e facendo un appello affinché la campagna elettorale avesse luogo in un clima di "rispetto per uomini e gruppi, avversari compresi" (Dichiarazione del 10 febbraio 1981). (43)

 

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43. Questa posizione di schiva neutra­lità dinanzi alle elezioni fu riaffermata enfati­camente da Mons. Jean-Marie Lustiger, il nuovo Arcivescovo di Parigi, a proposito di una lettera aperta della "Gioventù Studen­tesca Cattolica" a lui indirizzata. In questa lettera, pubblicata in "Le Monde" (10 e 11/5/81), codesta organizzazione di Azione Catto­lica gli chiese di confermare o negare voci in base alle quali si sosteneva che egli avesse assunto una posizione personale in favore del presidente uscente. Nella sua dichiarazione, l'Arcivescovo manifesta grande sorpresa per la notizia, da lui negata formalmente, e solidarizza con la posizione collettiva dell'E­piscopato (vedi "La Croix", 12/5/81).

Nel contesto di queste dichiarazioni, suonano alquanto insufficienti alcune vaghe promesse di azione combattiva fatte da Mons. Jean Honoré, Vescovo di Evreux e Presidente della Commissione Episcopale del Mondo Educativo. Egli asserì che la scuola cattolica non costituisce per la Chiesa "la precedenza delle precedenze". I Vescovi desiderano riservare la loro parola "per il giorno in cui la scuola cattolica sarà in pericolo" ("Informa­tions Catholiques Internationales", n. 563, giugno 1981).

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Nella dichiarazione del 1° giugno "in occa­sione delle elezioni legislative", i Vescovi fanno notare che "è proprio di una società democratica" scegliere fra progetti e pro­grammi "che si manifestano e si oppongono tra loro". Cosicché la Chiesa Cattolica, presen­tando "la sua riflessione sul futuro prossimo della nostra società", lo faceva "non per sostenere un gruppo od opporsi a chiunque, ma per attirare l'attenzione ai valori essenziali della vita personale e comunitaria degli uomini". Facendo questo, i Vescovi volevano contribuire "alla dignità ed alla generosità del dibattito" . (44)

 

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44. Nell'interesse della brevità, il testo completo delle dichiarazioni dell'Episcopato francese in merito alle recenti elezioni presi­denziali e legislative non è qui riprodotto [cfr. "Documentation Catholique", n. 1803, 1/3/81, e da "Le Monde", 3/6/81].

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Questo atteggiamento dei Vescovi è coerente con il documento Pour une pratique chrétienne de la politique (Per una pratica cristiana della politica) che fu approvato quasi unanimamente dai Vescovi a Lourdes nel 1972 (cfr. "Politique, Eglise et Foi”, in Le Centu­rion, Lourdes, 1972, pp. 75-110). In questo documento i Prelati constatano che "i cattolici francesi coprono oggigiorno tutto il ventaglio della scacchiera [sic] politica" (op. cit., p. 80). Vale a dire, anche nel PS e nel PC. Di fronte a questo fatto monumentale, i Vescovi affer­mano semplicemente la legittimità del plura­lismo e riconoscono con ovvia simpatia l'arruolamento di "numerosi cristiani" nel "movimento collettivo di liberazione" animato dalla lotta di classe di ispirazione marxista, che essi non condannano in termini definiti. (45)

 

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45. In questo documento, i Vescovi francesi dichiarano: "Il nostro ministero pa­storale ci rende testimoni dell'imperativo evangelico che anima numerosi cristiani in tutti gli ambienti sociali, e della speranza che li conduce, mentre partecipano a questo movimento collettivo di liberazione, insieme a coloro con i quali essi sono o si riconoscono solidali nella propria vita quotidiana. I Ve­scovi della Commissione del Mondo dei Lavoratori, tra gli altri, l'hanno espresso nel documento di lavoro in cui ci informano sulla prima fase delle loro conversazioni con quei lavoratori che hanno optato per il socialismo" (op. cit., p. 88).

"Oggi, un fatto nuovo sfonda nell'attuali­tà. Cristiani di diversi ambienti — operai, lavoratori agricoli, intellettuali — esprimono ciò che vivono con un vocabolario di `lotta di classe'. ...

"Ovviamente, questa analisi in termini di 'lotta di classe' ha aiutato molti militanti a scorgere con maggior precisione i mec­canismi strutturali delle ingiustizie e delle ineguaglianze. Bisogna notare pure che, facendo questo, essi prendono come punti di riferimento, in grado maggiore o minore, gli elementi dell'analisi marxista della lotta di classe. ...

"Uno sforzo di lucidità e discernimento si impone affinché la loro ambizione di realiz­zare una società più giusta e fraterna non si degradi lungo il cammino e perché essa usu­fruisca sempre degli impulsi positivi derivanti dalla comprensione evangelica del­l'uomo" (op, cit., p. 89).

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Considerando questi precedenti, già non causa speciale stranezza il fatto — stupefa­cente in sé stesso — che per dieci anni ormai la dottrina socialista stia penetrando impune­mente nel gregge che lo Spirito Santo ha affidato allo zelo ed alla vigilanza dei Pastori francesi. Di modo che i voti dei cattolici deviati verso le schiere dell'elettorato socialista hanno contribuito considerevolmente alla vit­toria dell'autogestione nelle ultime elezioni. (46)

 

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46. La ben nota rivista "cattolico pro­gressista" "Informations Catholiques Internationales" (n. 563, giugno 1981) afferma: "Tutti sono d'accordo: un quarto delle persone considerate cattoliche praticanti sono in favore di Mitterrand, e tre quarti sono per Giscard. ...  Il fatto che uno su quattro di questi cattolici abbia votato per Mitterrand è di importanza politica decisiva: è molto di più di un milione di voti che sono venuti a ingrossare il campo della sinistra. Ora, ... se solo metà di questi cattolici avesse votato per il Presidente uscente, ciò sarebbe stato suffi­ciente a rieleggerlo. François Mitterrand deve il proprio successo, tra altre cause, al movimento che ha trascinato verso la sini­stra una parte dei cattolici".

Notare che la rivista mette in risalto solo i "cattolici praticanti". Ci si dovrebbe chiedere quante persone battezzate ma non praticanti che si considerano cattoliche avrebbero potuto essere influenzate da una parola decisa e di schiarimento da parte dell'Episcopato, rifiutando in questo modo di votare per il candidato socialista.

Nel far rilevare i motivi della vittoria di Mitterrand, organi insospettati e di prestigio della stampa, commentano che il progresso più significativo della sinistra ebbe luogo nelle province cattoliche della Francia Occidentale, Orientale e Centrale (vedi "La Croix", organo semi-ufficiale dell'Arcidiocesi di Parigi, 12/5/81; "L'Express", 5-11/5/81 e 12-15/5/81; ed anche "l'Humanité", organo ufficiale del Par­tito Comunista, 15/5/81).

Inoltre, come fa notare gioiosamente il Progetto, i cattolici non solo votano per il PS ma ne diventano anche membri, a quanto pare senza alcun problema importante di coscienza: "Il Partito Socialista ha sempre mirato ad adunare, senza distinzione di credenza filoso­fica o religiosa, tutti i lavoratori che trovano nel socialismo il proprio ideale e i propri principi. Dunque esiste un sempre maggior numero di cristiani che non solo rag­giungono il Partito ma che adottano gli stessi [metodi di analisi] socialisti non solo senza rinunciare in tal modo alla propria fede ma anzi, molto al contrario" (Progetto, p. 29).

Il che è, a proposito, pubblico e notorio in Francia.

Ma, per evitare che esista alcun dubbio circa il significato del verbo "raggiungono" sopracitato, Mitterrand chiarisce nelle sue Conversations avec Guy Claisse:

"Nel Partito Socialista i cattolici mili­tanti non ci servono da alibi. Essi si trovano a proprio agio. Ve ne sono moltissimi nel Partito. ...

— Tra i militanti di base?

— Si. Ma si trovano anche nei primi ranghi nazionali e nei consigli di amministrazione esecutivi locali" (FRANÇOIS MITTERRAND, Ici et Maintenant — Conversations avec Guy Claisse, Fayard, Parigi, 1980, p. 12).

Perciò, il mancato schiarimento di questi cattolici da parte dell'Episcopato è interamente inesplicabile.

Finalmente, dobbiamo notare che questa permeabilità di elementi cattolici riguardo al socialismo non è qualcosa di nuovo ma risale alla metà del secolo scorso, come lo stesso Mitterrand si compiace di sottolineare nel suo libro summenzionato:

"Dal principio, i miei sforzi hanno mirato a indurre i cristiani, fedeli alla propria fede, a riconoscere sé stessi nel nostro Partito, e che le molteplici fonti del socialismo fluiscano verso lo stesso fiume. A metà del diciannovesimo secolo, ad eccezione dell'avanguardia di gente come Lamennais, Ozanam, Lacor­daire, Arnaud, i cattolici francesi appar­tenevano al campo conservatore. La Chiesa, scossa dalla prima Rivoluzione Francese, preoccupata per il progresso dello spirito Vol­teriano, aveva serrato i ranghi al fianco del potere della borghesia, il potere dei gretti di mente appartenenti ad una classe sociale egoistica e, quando necessario, feroce. ...

"Con Cristo oscurato, la Chiesa come com­plice, non vi era altra via di uscita oltre che sostenere una lotta virile per la conquista, qui ed ora, di uno Stato che liberasse dalla schiavitù, dalla povertà e dall'umiliazione. Grazie ad una inclinazione naturale, una maggioranza dei socialisti ha adottato teorie che respingono la spiegazione cristiana. ...

Il razionalismo sempre più radicato e l'espansione del Marxismo accentuarono nel proletariato il rifiuto della Chiesa e del suo insegnamento. Il Socialismo, che fu creato senza di essa, cominciò ad essere formato contro di essa. Ma anche, che silenzio della Cristianità! Che lungo silenzio! . ... Ciò nonostante, alla fine del secolo, Leone XIII a Roma e il Sillon tra di noi dettero inizio alla svolta. La Prima Guerra Mondiale accelerò l'evoluzione. I cameratismi del fronte, la morte dappertutto e per tutti, la patria in pericolo, insegnarono a ognuno di riconoscere nell'altro i valori che codesto ammetteva, anche se la loro versione laicista o religiosa rimaneva diversa se non antagonistica. L'appello iniziale si levò di nuovo dal fondo della Chiesa e del mondo cristiano. Il personalismo di Emmanuel Mounier finì con il conferire al socialismo cristiano il suo titolo di nobiltà (op. cit., pp. 14-15).

Di fronte a questo panorama storico tanto dipinto secondo il gusto e lo stile socialista, ma purtroppo non privo di molti elementi di verità, ci si aspetterebbe che l'Episcopato francese imitasse la tempra ed il coraggio di San Pio X, il quale, nella Lettera Apostolica Notre Charge Apostolique del 25 agosto 1910, condannò con veemenza il movimento del Sillon (vedi nota 4) rievocato con tanta reverenza da Mitterrand.

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Prendendo in considerazione questi fatti — e tanti altri ve ne sono nel mondo di oggi — si capisce meglio come sia vero che la Santa Chiesa si trovi, come ha constatato Paolo VI, in un misterioso processo di "autodemolizione" (allocuzione del 7/12/68) e che vi abbia penetrato il "fumo di Satana" (allocuzione del 29/6/72).

 

 

IV. Un intervento negli affari interni della Francia?

 

L'elezione di un Capo di Stato, come pure dei rappresentanti della Camera dei deputati fa parte degli affari interni di ogni paese. La libertà di far ciò senza interferenze straniere è un elemento fondamentale della sua sovra­nità. In tali condizioni si può trovare strano che tredici associazioni, dodici delle quali di altri paesi che non la Francia, giudichino necessario pubblicare in tutto l'Occidente un Messaggio il cui tema essenziale è un commen­tario rivolto a propiziare la scelta di una strategia dinanzi al risultato riportato dalle recenti elezioni francesi.

Ma questa obiezione è concepibile solo da parte di chi ignori l'intera portata del Progetto socialista, la natura del PS francese e la ripercussione inevitabile ed ampia della vittoria socialista nella vita politica e culturale delle varie nazioni dell'Occidente.

Il Progetto infatti dichiara che una delle sue mete è l'interferenza nella politica interna, ed in modo più particolare, nella lotta di classe degli altri paesi. Quindi, siccome il PS è al Potere, c'è da temere che usi le risorse dello Stato francese e l'influenza internazionale della Francia per raggiungere questa meta. (47) A questo modo, per le dodici associazioni straniere, prendere posizione a lato della stimata e promettente TFP francese sulle mete ed azione del PS in un documento pubblicato in Francia e nei loro rispettivi paesi, non è un interferire negli affari esclu­sivamente interni di un altro paese ma pre­ndere una misura di precauzione per proteggere il futuro delle loro patrie. Pubbli­cando la presente dichiarazione, le TFP ed associazioni congeneri dell'Argentina, Bolivia, Brasile, Canadà, Cile, Colombia, Equatore, Portogallo, Spagna, Stati Uniti, Uruguay e Venezuela, assieme alla TFP della Francia, non fanno altro che esercitare il loro legittimo diritto di difesa.

 

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47. "Non può esistere alcun Progetto socialista solo per la Francia. Il dilemma ‘libertà o schiavitù’, 'socialismo o barbarie' oltrepassa la nostra nazione" (Progetto, p. 108).

"Il Partito Socialista è un Partito allo stesso tempo nazionale e internazionale" ("Documentation Socialiste", supplemento al n.2, p. 50).

“Il socialismo è internazionale per natura e vocazione" (Progetto, p. 126).

"Il Partito Socialista aderisce all'Interna­zionale Socialista" (Statuti del PS, articolo 2, in "Documentation Socialiste", supplemento al n. 2, p. 51).

"Dal momento in cui non si identifica più con un messaggio universale, la Francia cessa di esistere. O la Francia è un'ambizione collettiva o non esiste" (Progetto, p. 163).

"La Francia, perciò, può essere il polo di attrazione di un nuovo internazionalismo" (Progetto, p. 164).

"Una nazione come la nostra ... ha possi­bilità immense per svettare alto e lontano, in Europa e nel mondo, il messaggio univer­sale del socialismo" (Progetto, p. 18).

"La Francia contribuirà alla democratiz­zazione della Comunità [Economica Europea], e userà le sue istituzioni per promuovere la convergenza delle lotte sociali (Progetto, p. 352).

"Il Partito Socialista ... mira alla trasformazione socialista della società internazionale" (Delibera del Congresso di Nantes del 1977, "Documentation Socialiste", supplemento al n. 2, p. 130).

"Il socialismo o è internazionale per natura o nega sé stesso" ("Documentation Socialiste", supplemento al n. 2, p. 153).

"La ricerca dell'autonomia del nostro svi­luppo è inseparabile dalle prospettive interna­zionali del socialismo autogestionario. Nel guidare la nostra azione all'estero come pure entro i nostri confini, essa basa la nostra partecipazione alla collaborazione interna­zionale sulla solidarietà con le classi sfrut­tate" (Progetto, p. 339).

In questo rispetto è necessario ricordare che Mitterrand è uno dei vice presidenti dell'Internazionale Socialista (vedi "L'Ex­press", 22-28/5/81).

Egli è anche membro fondatore del Co­mitato Internazionale per la Difesa della Rivoluzione Sandinista (vedi "Le Figaro", 26/6/81). Donde si comprende che il Comandante Arca del Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista salutò Mitterrand come "un mili­tante della causa nicaraguana" e come "un amico della rivoluzione sandinista" la cui vittoria in Francia ha "un immenso valore politico per il Nicaragua e per l'America Latina" (vedi "Le Monde", 13/5/81).

Il giorno della sua ascesa al potere, Mitter­rand decise di rendere omaggio, con un pranzo all'Eliseo, ai dirigenti e ai capi di Stato europei socialisti, come pure ai rappresentanti della sinistra dell'America Latina. Su espresso desiderio di Mitterrand, la vedova dell'ex-presidente marxista Allende sedette alla sua destra (vedi "El Espectador", Bogotà, Colom­bia, 24/5/81).

Come Presidente, Mitterrand dichiarò l'essere "una precedenza urgente" l'appoggio della Francia alla lotta del popolo di El Salvador e promise di aiutare il Nicaragua "nel difficile lavoro di ricostruzione. L'America Latina non appartiene a nessuno. Essa sta cercando di appartenere a sé stessa, ed è importante che la Francia e l'Europa collaborino al conseguimento di questo obiet­tivo", dichiarò Mitterrand (vedi "Jornal do Brasil", Rio de Janeiro, 19/7/81).

Ringraziando Fidel Castro all'atto del ricevimento delle sue congratulazioni, Mitter­rand gli inviò un telegramma esprimente la propria gioia per i legami personali che lo vincolano al tiranno comunista e palesò il proprio desiderio di "rafforzare ancor l'amicizia tra la Francia e Cuba" (vedi "Le Monde", 3/6/81).

Confermando questa intenzione, Antoine Blanca, assistente personale del Primo Mi­nistro Mauroy e incaricato delle relazioni tra il proprio Partito e l'America Latina e i Caraibi, dichiarò che il PS francese non tollererà qualsiasi aggressione, blocco economico o discriminazione contro Cuba (vedi "Folha de S. Paulo", 27/7/81).

Più recentemente, i governi francese e messicano hanno firmato un comunicato bila­terale in appoggio categorico del "Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Marti", un'organizzazione di guerriglieri composta da cinque gruppi marxisti per spodestare il regime di El Salvador. Il comunicato, dira­mato contemporaneamente a Parigi e nel Messico, fu consegnato all'ONU perché venisse distribuito tra le nazioni appartenenti (vedi "Folha de S. Paulo", 29/8/81) e provocò una forte reazione da parte di dodici nazioni latinoamericane, che definirono l'atteg­giamento della Francia e del Messico come una "flagrante interferenza" negli affari interni di El Salvador (vedi "Jornal do Bra­sil", 4/9/81).

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Perciò è coerente che delle associazioni di dodici paesi occidentali si dirigano ai loro connazionali, avvertendoli dei problemi che l'ascesa al potere del Partito Socialista fran­cese fa prevedere. E che, con l'appoggio dei loro fratelli d'ideale francesi, facciano pre­sente al popolo della Francia quali siano le complicazioni interne in cui possono venirsi a trovare ingarbugliati come conseguenza della concezione prevalentemente ideologico-imperialista che il Progetto socialista presenta riguardo alla politica internazionale.

La Provvidenza ha donato alla Francia una posizione tale, fra le nazioni dell'Occidente, che i problemi e i conseguenti dibattiti che sorgono in essa, corrispondono nella mag­gioranza dei casi a problemi universali. Il genio francese, agile nel prendere coscienza, lucido nel pensare, brillante nell'esprimere, sa discutere questi problemi ad un livello che li collega, in numerose congiunture storiche, ai pensieri universali della mente umana. Cosic­ché, occupandosi della situazione attuale della Francia, le società che sottoscrivono questo Messaggio si rendono chiaramente conto di come molte questioni ora in stadi di fermenta­zione vari nei loro paesi potranno venir affrettate, o persino trascinate verso un punto critico in seguito alla ripercussione mondiale di ciò che può succedere nella Francia in questi  prossimi mesi (cfr. I, n. 4). Una ragione di più per affermare che presentemente il socialismo autogestionario crea gravi prospettive non solo per la Francia ma per il mondo intero.

 

 

Il glorioso avvenire della Francia secondo San Pio X

Ci è gradito concludere queste considerazioni supplicando la Madonna, Mediatrice Universale delle Grazie, affinché con­fermi con i fatti le parole di risonanza profetica del santo ed insorpassabile Pontefice San Pio X, che concernono la Francia: "Verrà un giorno, e speriamo non molto lontano, in cui la Francia, come Saulo sulla via di Damasco, sarà circonfusa da una luce dall'alto, e udrà una voce, che le ripeterà: 'O figlia, perché mi perseguiti?' E rispondendo essa: 'Chi sei tu, o Signore?, la voce soggiungerà: 'Io sono Gesù, che tu perseguiti; dura cosa è per te il ricalcitrare contro il pungolo, perché colla tua ostinazione rovini te stessa'. Ed essa tremante ed attonita dirà: 'Signore, che vuoi ch'io faccia'? Ed Egli: 'Levati su, lavati dalle brutture che ti hanno deturpata, risveglia nel seno gli assopiti sentimenti e i patti della nostra alleanza e va, figlia primogenita della Chiesa, nazione predestinata, vaso di elezione, a portare, come per il passato, il mio nome dinanzi a tutti i popoli e ai re della terra' " (Allocuzione Consistoriale Vi Ringrazio, del 29 novembre 1911, in Acta Apostolicae Sedis, Typis Poliglottis Vaticanis, Roma, 1911, p. 657).

"Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà", così la Madonna ha promesso a Fatima. È questo ciò che Le chiediamo per la Francia e per il mondo.

Nel 64° anniversario dell'ultima Apparizione della Madonna a Fatima

San Paolo, 13 Ottobre 1981

 

American Society for the Defense of Tradition, Family and Property

Association Française pour la Défense de la Tradition, de la Famille et de la Propriété

Centro Cultural Reconquista (Portogallo)

Jóvenes Bolivianos pró Civilización Cristiana

Sociedad Argentina de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad

Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade

Sociedad Chilena de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad

Sociedad Colombiana de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad

Sociedad Cultural Covadonga (Spagna)

Sociedad Ecuatoriana de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad

Sociedad Uruguaya de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad

Sociedad Venezolana de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad

Young Canadians for a Christian Civilization

ROI campagne pubblicitariePer richiedere il libro "AUTOGESTION SOCIALISTE: les têtes tombent à l'entreprise, à la maison, à l'école" (Ed. Tradition Famille Propriété, Paris, 1983, pp. 213):
Société Française pour la Défense de la Tradition, Famille et Propriété (TFP) - 12, avenue de Lowendal - Paris - France