Plinio Corrêa de Oliveira
Zigzag |
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Violentemente e sbrigativamente agroriformistica nel suo Comunicato di Itaici ‘80’, la CNBB sembra avere fatto sorprendentemente marcia indietro nel comunicato di Itaici ‘81’. Ma, con uno sconcertante andirivieni, elementi di rilievo dell’organismo hanno iniziato, nel giugno scorso, una violenta raffica riformistica di carattere propagandistico. È guanto ho descritto nell’articolo precedente. Nel quale ho registrato la prima detonazione della serie, esplosa con dichiarazioni, nel Rio Grande do Sul, di mons. Pedro Casaldàliga, vescovo di Sao Félix do Araguaia. Hanno fatto dichiarazioni di sapore agroriformistici anche mons. Edmundo Kunz, vescovo ausiliare di Porto Alegre (1); mons. Antonio Zuqueto, vescovo ausiliare di Teòfìlo Otoni (2); mons. Clemente Isnard, vescovo di Nova Friburgo e vice-presidente della CNBB (3); e mons. José Rodriguez, vescovo di Juazeiro (4). .. Come non poteva non essere, si è pronunciato anche mons. Quirino Schmitz, vescovo di Teofilo Otoni : “Quando le famiglie povere sono sempre più povere e i ricchi affermano [...] che va tutto bene, il popolo deve utilizzare mezzi aggressivi per rivendicare i suoi diritti” . Poco prima il prelato aveva sottolineato che «San Tommaso d’Aquino [...] parla delle prospettive di conflitti civili armati, come strategia per il ristabilimento della giustizia e della libertà». Significa andare lontano, non trova, lettore? Forse per essersene reso conto, mons. Quirino Schmitz aggiunge subito dopo di pensare che “la soluzione non è la violenza”. Un passo indietro. dunque. O meglio semplicemente mezzo passo: egli afferma poco dopo che comprenderebbe l’atteggiamento di rivolta del popolo, al quale «non farebbe nulla per impedire [...] di difendere la propria vita». Ma, dopo questa avanzata, viene una nuova ritirata. Infatti subito dopo mons. Schmitz afferma che « non è il clero. che inciterà il popolo a mettere mano a mezzi aggressivi”. E, zigzagando tra la cautela e la imprudenza, ecco il vescovo di Teofilo Otoni insinuare che, in certi casi. il clero deve applaudire la violenza: “per esempio in Nicaragua, per la-caduta di Somoza”. E avverte, infine, che in Brasile il popolo ormai sta «perdendo la pazienza » (5). Che cosa fa qualcuno - popolo o individuo - quando gli scappa la pazienza? Insulta, minaccia, aggredisce... L’uso di questo linguaggio non comporta uno zigzagare sull’orlo dell’abisso? Come spiegare questo zigzag? Chi cerchi una risposta e queste domande non la troverà certamente nella recente conversazione tenuta a Porto Alegre, in occasione della chiusura del seminario della Frente Agraria Gaucha, da mons. Ivo Lorscheiter, vescovo di Santa Maria e presidente della CNBB. Di fronte ai lavoratori rurali riuniti, non ha avuto dubbi nell’affermare che, «in casi estremi, l’unica soluzione per la conquista di mutamenti sociali, [....] è la lotta armata, e la Chiesa deve accettare questa situazione come inevitabile». Più avanti asserisce che il clero “non può restare a braccia incrociate [...] in attesa che le cose succedano. Deve essere combattivo”. Passo temerario! Ma, secondo il nuovo stile del riformismo agrario progressista, mons. Lorscheiter aggiunge subito dopo che “essere combattivo” non comporta «incitare ad atti violenti ». È lo zigzag. Facendo ancora di più un poco di marcia indietro, il prelato aggiunge che la Chiesa condanna “ogni specie di violenza [...]. Vogliamo una lotta attiva, ma non violenta”. Tuttavia, nel vortice della ritirata, va avanti, perché afferma essere possibile che, in determinati casi, il clero appoggi movimenti armati contro regimi dittatoriali. In che modo? Mons. Lorscheiter pensa di prendere le armi? No certamente. Preferisce restare a meditare, «analizzando», nella retroguardia. Infatti, il prelato osserva che ovviamente, «non saranno i preti e i vescovi ad andare in prima linea [...] Questa soluzione estrema deve essere profondamente analizzata». Chi, allora, adottando la «soluzione estrema», andrà «in prima linea»? Il popolo. Lui. mons. Lorscheiter, e probabilmente altri che pensano come lui,. si installeranno nella retroguardia, ad «analizzare», « prima che il popolo parta per il confronto radicale ». Non credo che la sua enfasi sinistrorsa sia mai arrivata così lontano. Ma, ora al culmine della avanzata, eccolo ritirarsi più di una volta. È lo zigzag. Egli ricorda che san Tommaso considera i conflitti civili armati la “estrema strategia per il ristabilimento della giustizia e della liberta”, e fa notare: «Chi ci garantisce che sono esaurite tutte le forme pacifiche di negoziato con i regimi di forza?». Ossia, forse - il lettore noti il “forse” – in Brasile non è ancora ora che il popolo prenda le armi. Così, forse è ora di prenderle... E’ rimesso al giudizio di ciascuno decidere. Se alcuni, o molti, pensano di sì, allora vadano avanti. Il presidente della CNBB non li scoraggerà. Ma viene subito una ritirata. Per mons. Lorscheiter sarà necessario che si aspetti “minimo più di cento anni per concludere che sono impraticabili i metodi pacifici di mutamento del nostro sistema”. Vi può essere qualcosa di più ambiguo? Più di cento possono essere centouno, come possono essere mille. “Minimo più di cento” che cosa vuole dire in questo contesto? Si ha l’ impressione che, scherzando così con il non snse oppure con l’assurdo, mons. Lorscheiter voglia eccitare le impazienze che ha appena esasperato in passi precedenti. Egli chiude dicendo che, prima di questa data vaga, è «una precipitazione molto rischiosa variare di lotta armata» (6). Ora, che cosa sta facendo lui, se non parlare di lotta armata? Quando fa marcia indietro, da chi mons. Lorscheiter cerca di coprirsi? Perché non lo dice? Di chiaro, nelle sue parole, vi è soltanto un punto: l’identità di chi cerca di attaccare. Cioè, oggi, i proprietari rurali. Domani, secondo il documento di Itaci ‘80’, i proprietari urbani. Perché tutto questo zigzagare che, dal febbraio del 1980, sta agitando, con ritmo più lento all’inizio, e negli ultimi trenta giorni con ritmo frenetico, la opinione pubblica cattolica del Brasile? La opinione pubblica cattolica del Brasile! Quindi tutto il Brasile… (Plinio Corrêa de Oliveira, Folha de S. Paulo, 21-7-1981; Tratto da Cristianità 9, N. 80 – dicembre 1981)
Note
(1) Cfr. Zero Hera, 30-6-1981. |