Spunti, Roma, Dicembre 2000, pag. 5

 

Il Principe della Pace

 

Plinio Corrêa de Oliveira (*)

Il mondo cattolico, e con esso tutti i popoli della terra, si volgono il 25 dicembre verso la mangiatoia di Betlemme al fine di adorare, pieni di fede, il Bambino che vi riposa o di ammirare un avvenimento la cui spiegazione si cerca invano nelle leggi che reggono gli eventi umani.

Nell’epoca di rovine materiali e catastrofi morali in cui viviamo, il Natale si erge come un punto di luminosa speranza fra le nazioni che vagano tentennanti alla ricerca di un ordine atto a garantire loro un benessere non ancora ritrovato.

Ma, purtroppo, per la maggioranza dei popoli il Natale non va oltre un simbolo che esalta energie momentanee, senza infondergli un vigore nuovo e duraturo! Anelano alla pace, alla concordia, alla felicità, ma vogliono che tutto ciò caschi dal cielo o scaturisca dalla terra, senza una loro pur minima collaborazione. Il Dio Bambino dovrebbe dargli ogni bene che non sia tanto la restaurazione di una civiltà basata sui principi da Lui portati in terra, ma piuttosto una sorta di incantesimo che unirebbe inspiegabilmente tutti i cuori.

Quel Bambino, che adoriamo con riverenza e causa misteriosa ammirazione in quanti non lo conoscono che di nome, è sì il "Principe della Pace" (Is.9,6) che portò in terra, con la soavità della sua persona, tutto il bene, tutto l’amore necessario a rendere felice l’intero universo e mille mondi se esistessero! Ma quella pace ha una condizione: gli uomini e le nazioni devono sottomettersi alla sua legge e al suo Vangelo.

Ecco la pace che Gesù Bambino è venuto a portare in terra. Pace per la cui instaurazione devono collaborare tutti – nazioni e singoli individui – con la docilità alla legge divina. Soltanto questi – gli uomini di reale buona volontà – godranno la pace che il Natale porta agli uomini in terra. Al di fuori di questo, ogni infatuazione per il Bambin Gesù non è che empietà più o meno conscia, più o meno inconscia. E per gli empi non c’è pace.

Magari potessero le crisi incombenti convertire i popoli e le nazioni al Dio unico e vero, e l’unità della Fede far divenire perenne realtà le gioie del Santo Natale.

 

(*) Catolicismo, dicembre 1978

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