|
||
Dall’opera “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, Edizione del cinquantenario (1959-2009), Presentazione e cura di Giovanni Cantoni, Sugarco Edizioni, pag. 455-460 |
||
Osvaldo
Lira Pérez SS.CC.
[1]
Il
dottor Plinio Corrêa de Oliveira è una delle figure più
importanti del movimento brasiliano denominato Catolicismo,
che edita la rivista omonima. Proprio come nelle pagine della
rivista citata, nell’opera che ora ci accingiamo a
commentare brevemente, più brevemente di quanto vorremmo, si
manifesta un atteggiamento fortemente, decisamente,
assolutamente cattolico. Se tratta di una piccola grande
opera. Ridotta nelle dimensioni di solamente centotrenta
pagine, costituisce uno sguardo profondo e globale sui mali
che affliggono il nostro tempo e che sono venuti affliggendo
la civiltà cristiana quasi dai suoi primi momenti iniziali
sulla faccia della terra. Inoltre, se non erriamo, è
l’unico sguardo di questo tipo che sia stato lanciato su
questo insieme di fenomeni. Siamo abituati, troppo abituati, a
fare riferimento a opere più o meno profonde oppure più o
meno superficiali, nelle quali ci viene offerta
l’analisi, certo dettagliata però non straordinaria, di
questa o di quella rivoluzione; ma non la visione profonda,
perché totalizzante e unificante, di che cos’è la
Rivoluzione con la maiuscola.
Tuttavia questo modo di vedere, straordinario
in quanto insolito, è l’unico che ci può fornire
un’informazione precisa, specifica e, di conseguenza, utile
per la linea di condotta senza scoraggiamenti che dobbiamo
adottare da cristiani sulle rivoluzioni considerate nel loro
insieme. In altre parole, sulla Rivoluzione. Già dalle prime
pagine della sua opera, Corrêa de Oliveira situa il
problema su basi solide, inamovibili. «Questo nemico terribile
— ci dice —
ha
un nome: si chiama Rivoluzione. La sua causa profonda è
un’esplosione di orgoglio e di sensualità che ha ispirato
non diciamo un sistema, ma tutta una catena di sistemi
ideologici. Dall’ampia accettazione data a questi nel mondo
intero, sono derivate le tre grandi rivoluzioni della storia
dell’Occidente: la Pseudo-Riforma, la Rivoluzione Francese e
il comunismo»
[3].
E alla fine dell’opera concretizza questa causa nelle
seguenti parole rivelatrici: «Il serpente, il cui
capo fu schiacciato dalla Vergine Immacolata, è il primo, il
grande, il perenne rivoluzionario, ispiratore e fautore
supremo di questa Rivoluzione come di quelle che l’hanno
preceduta e di quelle che la seguiranno. Maria è, dunque, la
patrona di quanti lottano contro la Rivoluzione»
[4].
Questa
affermazione non sarebbe particolarmente originale se non
fosse stata preceduta dall’analisi minuziosa ed
eccezionalmente
acuta delle manifestazioni di questa unica e grande
Rivoluzione. I suoi caratteri, secondo Corrêa de Oliveira,
sono due: l’ugualitarismo e il liberalismo. Verso
l’ugualitarismo la Rivoluzione si vede trascinata da un
orgoglio che porta all’odio verso ogni superiorità e,
pertanto, all’affermazione che la disuguaglianza è, in sé
stessa, un male, a tutti i livelli, compreso e principalmente
su quello metafisico e religioso. E al liberalismo si vede
avvicinata da una sensualità che, di per sé, tende ad
abbattere tutte le barriere, a non accettare freni e a
ribellarsi contro ogni legge o autorità, sia divina o
umana, ecclesiastica o civile. Ora, quanto alle modalità
concrete in cui si manifesta, ci appare come universale, unica,
totale, dominante e sottoposta a un processo più o meno prolungato di svolgimento, esacerbazione e virulenza
progressiva capace, grazie alla varietà fisionomica in cui
prende corpo ordinariamente, di sconcertare gli spiriti più
accorti.
È
veramente causa di soddisfazione vedere come il dottor Corrêa
de Oliveira viene applicando con logica ferrea questo unico
processo rivoluzionario a tutti i settori della vita umana,
tanto della vita civica come di quella ecclesiastica. Lo
spirito ugualitario ha il risultato, in primo luogo, di
sopprimere ogni disuguaglianza di tratto fra gli uomini e Dio,
da cui provengono il panteismo, l’immanentismo e tutte le
forme esoteriche di religione, il cui obiettivo ultimo è «colmare questi ultimi
[gli
uomini] di prerogative
divine»
[5].
Anzitutto, nella sfera ecclesiastica, sopprimere il
sacerdote dotato dei poteri di ordine, magistero e governo o,
almeno, il sacerdozio gerarchico. Inoltre tende
all’uguaglianza fra le diverse religioni con uguale
trattamento per tutte, nella sfera politica, con la
soppressione o con l’attenuazione della disuguaglianza fra
governanti e governati, dal momento che il potere non viene
da Dio ma dalla massa; nella sfera sociale, con la
soppressione
delle classi, in special modo di quelle che si perpetuano per
via ereditaria; nella sfera economica, con la soppressione
della proprietà privata, del diritto di ciascuno al frutto
completo del proprio lavoro e alla scelta della professione;
negli aspetti esteriori dell’esistenza, con la soppressione
di ogni varietà relativa ad abiti, abitazioni, mobili,
costumi e così via; nelle anime, con lo sradicamento, per
opera di una propaganda abilissimamente diretta, di tutte le
peculiarità psicologiche, comprese quelle che separano e
differenziano i due sessi fra loro, o i giovani dai vecchi o i
padroni e i dipendenti, insegnati e alunni, sposo e sposa,
genitori e figli, e così via; nell’ordine internazionale,
con la soppressione di tutti gli Stati e l’instaurazione di
un unico e mostruoso Stato internazionale, con la soppressione
di ogni espressione di regionalismo all’interno del proprio
paese. Da ultimo, l’ugualitarismo rivoluzionario
manifesta, e deve necessariamente manifestare, un odio sommo a
Dio, irriducibilmente disuguale agli uomini.
D’altro
canto, Corrêa de Oliveira ci mostra come si trovano coniugati
l’ugualitarismo e il liberalismo, in apparenza tanto
contraddittori, per opera della sensualità. Sopprimendo ogni
gerarchia nell’anima, il liberalismo coincide con
l’ugualitarismo, dal momento che, dal suo prurito di
proclamare all’impazzata una libertà esorbitante deriva che
solo vuole la libertà per il male con il conseguente stato di
schiavitù per il bene. Perciò la Rivoluzione nega il peccato
e la Redenzione, concependo un individuo e delle masse
irreprensibili e immacolate, e, nello stesso tempo, dirige il
proprio odio contro le forze armate considerate in sé stesse
— in attesa d’istituirne altre a propria immagine e
somiglianza — in quanto espressione di tutta una serie di
virtù assolutamente contrarie allo spirito rivoluzionario.
Dall’indole
della Rivoluzione si può concepire chiaramente quella della
Contro-Rivoluzione.
Fin
da subito dev’essere chiaro che la Contro-Rivoluzione non è
il semplice ritorno al passato perché il tempo non è né può
essere reversibile. La Contro-Rivoluzione, come indica il
suo nome, è la lotta contro la Rivoluzione. Siccome è
evidente che non possiamo lottare fra le nuvole né contro
fantasmi e che, grazie al carattere realista della nostra
contesa, dobbiamo condurla contro la Rivoluzione in concreto,
così come esiste ai nostri giorni. Di conseguenza, pure con
armi e con procedimenti strategici propri e peculiari dei
nostri giorni. Bisogna restaurare la pace di Cristo nel Regno
di Cristo: questo è l’aspetto reazionario del1a
Contro-Rivoluzione, spogliando il termine «reazionario» di
tutta la ganga di significati illegittimi e deviati dei quali
lo è venuto coprendo un uso tanto ottuso quanto
indiscriminato. Ma si deve adattare detto Ordine, la pace di
Cristo nel Regno di Cristo, alle condizioni attuali, perciò
dovrà naturalmente differire solo nelle sue caratteristiche
accidentali dall’Ordine regnante prima della Rivoluzione.
Corrêa
de Oliveira riduce queste differenze accidentali a tre tipi
principali
[6]:
1°.
Un profondo rispetto dei diritti della Chiesa e del Papato,
e una santificazione, in tutta l’estensione possibile, dei
valori della vita temporale, in opposizione al laicismo,
all’interconfessionalismo, all’ateismo e al panteismo,
così come alle loro rispettive scuole.
2°.
Un spirito gerarchico che segna tutti gli aspetti della società
e dello Stato, della cultura e della vita, in opposizione alla
metafisica ugualitaria della Rivoluzione.
3°.
Una diligenza nell’identificare e nel combattere il male
nelle sue forme embrionali o velate, nel fulminarlo con
esecrazione
e nota d’infamia, e nel colpirlo con incrollabile fermezza
in tutte le sue manifestazioni, e particolarmente in quelle
che attentano all’ortodossia e alla purezza dei costumi, il
tutto per opposizione alla metafisica liberale della
Rivoluzione e alla tendenza di questa a dare libero corso e
protezione al male.
Perciò
la Contro-Rivoluzione è tradizionalista e conservatrice;
non conservatrice dello pseudo-ordine attuale dello Stato
ateo e della dissoluzione familiare, ma dell’insieme delle
tradizioni autenticamente cristiane. Perciò è anche
progressista nell’autentico senso della parola, dal momento
che servirsi dei valori naturali secondo la Legge di Dio. Chi
dice progresso, dice, anzitutto e soprattutto, progresso
nell’ordine dei valori spirituali. Dal momento che la
Contro-Rivoluzione
li proclama come necessari e cerca di restaurarli in tutta
la loro purezza, deve offrirceli come l’espressione
autentica del vero progresso.
Quanto
alla tattica che deve sviluppare, non possiamo fare a meno di
citare testualmente le seguenti parole: «Quest’azione
[quella
contro-rivoluzionaria]
dev’essere fatta anzitutto su scala individuale. Niente è
più efficace della presa di posizione contro-rivoluzionaria
franca e coraggiosa di un giovane universitario, di un
ufficiale, di un professore, soprattutto di un sacerdote, di
un aristocratico o di un operaio influente nel suo ambiente.
La prima reazione che otterrà sarà, a volte,
d’indignazione. Ma se persevererà per un tempo più o meno
lungo, a seconda delle circostanze, vedrà a poco a poco
manifestarsi dei compagni»
[7].
Come si vede, il pensiero del dottor Corrêa de Oliveira non
batte le vie facili della dissimulazione o di quella famosa
ed esasperante tolleranza di cui continuano a dare tanto e
tanto funeste prove i cattolici contemporanei, che sono
affetti da liberalismo o da relativismo filosofico, molto più
perverso di quello economico benché sempre necessariamente
connesso con quello come la causa al proprio effetto specifico
o, meglio, a uno dei suoi effetti propri. Naturalmente, come non poteva fare a meno di succedere, la forza propulsiva dell’opera contro-rivoluzionaria è situata dall’autore nella vita soprannaturale. Lo spirito anticristiano dev’essere vinto con lo spirito cristiano. E lo spirito cristiano non consiste nella semplice concettualizzazione dei dogmi rivelati, ma nella loro consapevolezza adeguata. Cioè, nella loro consapevolezza soprannaturale. Prius vita quam doctrina [8]. A questo prezzo, il dinamismo della Contro-Rivoluzione è incomparabilmente superiore a quello della Rivoluzione, secondo le parole di san Paolo citate dall’autore a pagina 115 del suo lavoro: «Omnia possum in eo qui me confortat» [9] (Philip. IV, 13). Su questo presupposto totalizzante, molto simile alla convinzione che la radice rivoluzionaria non è la miseria economica, per quanto si dica e si proclami con insistenza tanto seccante quanto incapace di capire le dimensioni della Rivoluzione, potranno svilupparsi tutte le tattiche adeguate. Sempre fondando sulla convinzione che non si dev’essere mai «anti» per fine o per obiettivo ma per conseguenza.
La
lettura di questa preziosa operetta del dottor Corrêa de
Oliveira determinerà e riscalderà i tiepidi e comunicherà
energie, ed energie sante, a quanti sono decisi a combattere
per la verità con tutte le forze della loro anima. Voglia Dio
che il bene che possa produrre si conformi in tutto ai
desideri nobilissimi del suo autore.
[1]
Osvaldo Lira Pérez SS.CC. (1904-1996), sacerdote e
religioso — della Congregazione dei Sacri Cuori —
cattolico cileno. Per 66 anni è stato professore di
filosofia fra l’altro all’Universidad Católica de
Chile, a Santiago de Chile, e all’Universidad Católica
di Valparaíso. Considerato uno dei più brillanti
intellettuali cileni del suo tempo, gli si ricosce una
parte di rilievo nella conformazione ideologica e politica
del suo paese durante la seconda metà del secolo XX. Da
posizioni tomiste ha trattato problemi di estetica, dei
rapporti fra cattolicesimo e democrazia, dei diritti umani
e così via (ndc).
[2]
Recensione comparsa in Finis
Terrae. Revista Trimestral.
Publicación del Departemento de Extensión Cultural de la Universidad
Católica de Chile, anno VII, n. 26, Santiago de Chile
2° trimestre del 1960, pp. 90-93. (ndc).
[3]
[Plinio Corrêa de Oliveira, Revolución
y Contra-Revolución, Ediciones Cristiandad,
Barcellona 1959,] p. 9.
[4]
[Ibid.,]
p. 135.
[5]
[Ibid.,]
p. 55.
[6]
[Cfr.] pp. 84-85. [7] [Ibid.,] p. 94.
[8]
[Prima la vita della dottrina (Responsio Chrysostomi: quia
prius vita, quam doctrina: vita enim ducit ad scientiam
veritatis, Risposta del Crisostomo [Giovanni Crisostomo o
Giovanni d'Antiochia (344/354 ca.-407)]: perché prima
viene la vita e poi la dottrina: la vita infatti conduce
alla conoscenza della verità (san Tommaso, Super
Evangelium S. Matthaei lectura, con inserta ex commentario
Petri de Scala [Petrus de Scala O.P. (m. 1295).] [9] [«Tutto posso in Colui che mi dà forza» (Fil. 4, 13).]
|