Plinio Corrêa de Oliveira
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Dall’opera “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, Edizione del cinquantenario (1959-2009), Presentazione e cura di Giovanni Cantoni, Sugarco Edizioni, pag. 243-250 |
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Considerazioni sulla
cultura cattolica
[1]
Ringrazio
con commozione dell’amabile saluto dell’illustre rettore
di questa casa e dell’affettuosa accoglienza che sto
ricevendo da parte vostra.
L’atmosfera
che si respira qui evoca anni da me rimpianti e per la mia
vita fecondi, i tempi ormai lontani in cui studiavo al Colégio
S. Luiz di San Paolo. Passando quasi tutto il mio corso
secondario in convivenza con la Compagnia di Gesù, il mio
spirito si è presto rivolto alla considerazione dei valori
spirituali che sant’Ignazio [di Loyola (1491-1556)] ha
lasciato in eredità alla sua milizia; le mie prime lotte
spirituali sono state condotte sotto l’influsso degli Esercizi,
la mia anima si è aperta nella Congregazione alla devozione
mariana, il mio cuore si è entusiasmato nello studio di
quanto hanno fatto per la Chiesa i santi fioriti nella
Compagnia e si è rinvigorita la mia volontà nella devozione
al Sacro Cuore di Gesù, che eminenti gesuiti avevano diffuso
in tutto il Brasile. Posso dire sinceramente che quanto più
vivo tanto più si radica in me la venerazione a tutti questi
valori. Comprenderete dunque facilmente quanto mi senta
toccato in un ambiente come questo nel quale mi è facile
discernere nei maestri, negli alunni, per così dire
nell’aria e negli stessi muri quell’infuenza formativa che
ha modellato agli albori e nelle parti più interne il mio
stesso spirito.
Inoltre,
qui sono in un seminario e, pensando a voi, a voi giovani, che
per vocazione divina andrete a servire la santa Chiesa nelle
file sacre del clero, alcuni chiamati alla vita religiosa in
Istituti benemeriti e la gran maggioranza alle nobili lotte
del clero secolare, non posso fare a meno di sentirmi
appassionato. Come ha adeguatamente sottolineato il reverendo
padre rettore, nelle vostre file è rappresentato quasi tutto
il Brasile, dalle rive del Rio delle Amazzoni fino alle
gloriose serie di colline basse e molto estese di questo Rio
Grande, passando per l’indomito Pernambuco, terra dei miei
avi, e per San Paolo invitto, mia terra natale. Avete lasciato
case, speranze terrene, piaceri, talora ricchezze, per
prepararvi al servizio di Dio. Il vostro sacrificio è
certamente grande, ma la vostra missione è ancora maggiore.
Il nostro paese vive circostanze che pongono nelle mani del
clero — molto più chiaramente che in altre epoche — non
solo il destino eterno di nostri contemporanei, ma in un certo
modo quello di molte e molte generazioni venture, e ipso
facto la grandezza della patria brasiliana nei secoli che
stanno per venire. Non è necessario dire di più per
manifestarvi con quanta simpatia vi vedo qui riuniti, avidi di
ascoltare una parola per la quale la generosità del padre
rettore ha suscitato un’aspettativa immeritata. Ho appena
fatto riferimento alla grandezza della vostra vocazione,
eccelsa in tutti i tempi, ma così particolarmente grande ai
nostri giorni. Questo mi porta naturalmente al tema che mi è
stato proposto per la mia conferenza: la cultura cattolica.
Cominciamo dunque a prenderla in esame.
*
* *
Che
cos’è la cultura? A questa domanda sono state date risposte
molto diverse, ispirate alcune alla filologia, altre a sistemi
filosofici o sociali di ogni genere. L’intrico di
contraddizioni, nato attorno a questo termine e all’altro
connesso, «civiltà», è tale che si sono tenuti convegni
internazionali di esperti e di professori proprio per
definirne il significato. Come suole accadere, da tanto
discutere non è venuto il chiarimento...
Non
sarebbe possibile, nella brevità di questa conferenza,
enunciare le tesi e gli argomenti delle diverse correnti, poi
sostenere la nostra tesi e fornirne le ragioni, per quindi
trattare della cultura cattolica. Tuttavia, possiamo esaminare
seriamente l’argomento, prendendo la parola «cultura» nei
mille significati di cui si riveste nel linguaggio di tanti
popoli, classi sociali e scuole di pensiero, e cominciare con
il dimostrare che, in tutte queste accezioni, la «cultura»
contiene sempre un elemento di base invariabile, cioè il
perfezionamento dello spirito umano.
*
* *
Nel
cuore della nozione di perfezionamento sta l’idea che ogni
uomo ha nel proprio spirito qualità suscettibili di sviluppo
e difetti passibili di repressione. Il perfezionamento ha
quindi due aspetti: uno positivo, per cui significa crescita
di quanto è buono, e uno negativo, ossia la potatura di
quanto è cattivo. Molti modi di pensare e di sentire correnti, circa la cultura, si spiegano a fronte di questo principio. Così, non abbiamo dubbi nel riconoscere il carattere d’istituzione culturale a un’università, a una scuola di musica o di teatro, oppure anche a una società destinata alla promozione del gioco degli scacchi o della filatelia. Questi organismi o gruppi sociali hanno come obiettivo diretto il perfezionamento dello spirito, o almeno mirano a fini che, di per sé, perfezionano lo spirito. Tuttavia, possiamo concepire un’università, o un’altra istituzione culturale, che lavori virtualmente contro la cultura, il che si dà quando, a causa di errori di qualsiasi ordine, la loro opera deforma gli spiriti. Per esempio, si potrebbe fare questa affermazione a proposito di certe scuole che, trascinate da un eccessivo entusiasmo per la tecnica, inculchino nei propri alunni il disprezzo per tutto quanto è filosofico o artistico. Uno spirito che adora la meccanica come valore supremo e fa di essa l’unico firmamento dell’anima, nega ogni certezza che non abbia l’evidenza degli esperimenti di laboratorio e rifiuta sdegnosamente tutto quanto è bello, è indubbiamente uno spirito deformato. Allo stesso modo sarebbe deformato uno spirito che, mosso da un appetito filosofico smodato, negasse qualunque valore a musica, arte, poesia, o anche ad attività più modeste, ma che pure esigono intelligenza e cultura, come la meccanica. E di università che plasmassero secondo qualcuno di questi orientamenti falsi i propri studenti, potremmo dire che esercitano un’azione anti-culturale o che diffondono una falsa cultura.
Nell’accezione
corrente, si riconosce che tirare di scherma è un esercizio
di un certo valore culturale, perché presuppone qualità di
destrezza fisica, prontezza di spirito, eleganza. Ma il senso
comune si mostra avverso a riconoscere carattere culturale al
pugilato, che ha in sé qualcosa che degrada lo spirito, perché
ha come bersaglio di colpi pesanti e brutali il volto
dell’uomo. In tutte queste accezioni, e in tante altre
ancora, il linguaggio corrente include nella nozione di
cultura l’idea di perfezionamento spirituale.
Cultura
e istruzione
A
prima vista è meno chiara, nella concezione generale, la
distinzione fra istruzione e cultura. Ma, analizzate
adeguatamente le cose, si vede che una tale distinzione esiste
e riposa su un fondamento solido.
Di
una persona che ha letto molto si dice che è molto colta,
almeno in confronto a un’altra che ha letto poco. E, fra due
persone che hanno letto molto, si presume che quella che ha
letto di più sia la più colta. Siccome di per sé
l’istruzione perfeziona lo spirito, è naturale che, salvo
ragioni in contrario, si reputi più colto chi ha più letto.
Il pericolo di un errore in questo argomento nasce dal fatto
che molte persone semplificano inavvertitamente le nozioni e
giungono a considerare la cultura come semplice risultante
della quantità di libri letti. Errore evidente, perché la
lettura è vantaggiosa non tanto in funzione della quantità
ma della qualità dei libri letti, e soprattutto della qualità
di chi legge e del modo con cui legge. In altri termini, in tesi la lettura può fare uomini istruiti: prendiamo in questa sede la parola «istruzione» nel senso di semplice informazione. Ma una persona che ha letto molto, molto istruita, cioè informata di molti fatti o di nozioni d’interesse scientifico, storico o artistico, può essere assai meno colta di un’altra con un capitale informativo minore.
Il topo di biblioteca (Der Bücherwurm, Carl Spitzweg, 1808-1885)
L’istruzione
perfeziona lo spirito in tutta la misura del possibile
solamente quando è seguita da un’assimilazione profonda,
risultante da accurata riflessione. E perciò chi ha letto
poco, ma ha assimilato molto, è più colto di chi ha letto
molto e assimilato poco. Di regola, per esempio, una guida di
museo è molto istruita sugli oggetti che deve mostrare ai
visitatori. Ma non raramente è poco colto: si limita a
imparare a memoria, ma non cerca di assimilare.
Come
si acquisisce la cultura
Tutto
quanto l’uomo apprende con i sensi o con l’intelligenza
esercita un effetto sulle potenze della sua anima. Da questo
effetto una persona si può più o meno liberare, o anche
liberare completamente, a seconda dei casi, ma, di per sé,
ogni apprendimento tende a esercitare su di lei un effetto.
Come
abbiamo già detto, l’azione culturale consiste,
positivamente, nell’accentuare tutti gli effetti
perfezionanti e, negativamente, nel frenare gli altri.
Ben
inteso, la riflessione è il primo dei mezzi di quest’azione
positiva. Più, ma molto, molto più che un topo di
biblioteca, che un deposito vivente di fatti e di date, di
nomi e di testi, l’uomo di cultura dev’essere un pensatore.
E per il pensatore il libro principale è la realtà che ha
davanti agli occhi; l’autore più consultato lui stesso, e
gli altri autori e libri elementi preziosi ma chiaramente
sussidiari.
Ma
la semplice riflessione non basta. L’uomo non è puro
spirito. Grazie a un’affinità non solamente convenzionale
esiste un nesso fra le realtà superiori, che prende in esame
con l’intelligenza, e i colori, i suoni, le forme, i profumi,
che coglie con i sensi. Lo sforzo culturale è completo solo
quando l’uomo permea tutto il suo essere, attraverso queste
vie sensibili, dei valori presi in esame dalla sua
intelligenza. Il canto, la poesia, l’arte hanno precisamente
questo fine. E, attraverso un’accurata e superiore
convivenza con il bello — la parola, è chiaro, dev’essere
rettamente intesa —, l’anima si permea completamente della
verità e del bene.
Cultura
cattolica
Perché
una cultura sia fondata su basi di verità è necessario
contenga nozioni esatte sulla perfezione dell’uomo — sia
quanto alle potenze dell’anima, sia quanto ai rapporti di
questa con il corpo —, sui mezzi con i quali deve conseguire
questa perfezione, sugli ostacoli che incontra e così via.
È
evidente che la cultura così concepita dev’essere
completamente nutrita dalla linfa dottrinale della religione
vera. Infatti compete alla religione insegnarci in che cosa
consiste la perfezione dell’uomo, la via per conseguirla e
gli ostacoli che le si oppongono. E nostro Signore Gesù
Cristo, personificazione ineffabile di ogni perfezione, è
dunque la personificazione, il sublime modello, il focolaio,
la linfa, la vita, la gloria, la norma e lo splendore della
vera cultura. Il che equivale a dire che la vera cultura può
essere basata solamente sulla vera religione e che soltanto
dall’atmosfera spirituale creata dalla convivenza di anime
profondamente cattoliche può nascere la cultura perfetta,
come la rugiada si forma naturalmente dall’atmosfera sana e
vigorosa dell’alba.
Questo
si prova anche in base ad altre considerazioni.
Abbiamo
appena detto che tutto quanto l’uomo vede con gli occhi del
corpo o con quelli dell’anima è suscettibile
d’influenzarlo. Tutte le meraviglie naturali di cui Dio ha
colmato l’universo esistono perché, osservandole, l’anima
umana si perfezioni. Ma le realtà che trascendono i sensi
sono intrinsecamente più mirabili di quelle sensibili. E se
la contemplazione di un fiore, di una stella o di una goccia
d’acqua può perfezionare l’uomo, quanto più lo può fare
la contemplazione di quanto la Chiesa c’insegna su Dio, i
suoi angeli, i suoi santi, il Paradiso, la grazia, l’eternità,
la Provvidenza, l’inferno, il male, il demonio e tante altre
verità. L’immagine del Cielo sulla terra è la santa Chiesa,
il capolavoro di Dio. L’osservazione della Chiesa, dei suoi
dogmi, dei suoi sacramenti, delle sue istituzioni, è perciò
stesso un elevatissimo elemento di perfezionamento umano. Un
uomo che, nato nei sotterranei di qualche giacimento minerario,
non avesse mai visto la luce del giorno, perderebbe con ciò
un elemento di arricchimento culturale prezioso e, forse,
fondamentale. Perde molto di più, dal punto di vista
culturale, chi non conosce la Chiesa, della quale il sole è
soltanto una pallida figura nel senso più letterale di questo
aggettivo.
Ma
vi è di più. La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo. In
essa circola la grazia, che ci viene dalla Redenzione
infinitamente preziosa di nostro Signore Gesù Cristo. Dalla
grazia l’uomo è elevato alla partecipazione della vita
stessa della Santissima Trinità. Basta dire questo per
affermare l’incomparabile elemento di cultura che la Chiesa
ci dà aprendoci le porte dell’ordine soprannaturale.
Il
più alto ideale di cultura è quindi contenuto nella santa
Chiesa di Dio.
Interno della moschea di Cordoba, oggi Cattedrale cattolica
Culture
non cattoliche
Fuori
dalla Chiesa l’uomo può elaborare una vera cultura?
Distinguo.
Nessuno
potrebbe affermare che gli egiziani, i greci, i cinesi non
hanno posseduto autentici e mirabili elementi di cultura. Ma
è innegabile che la cristianizzazione del mondo classico ha
offerto a esso valori culturali molto più alti.
San
Tommaso insegna che l’intelligenza umana può, di per sé,
conoscere i princìpi della legge morale, ma che, in
conseguenza del peccato originale, gli uomini deviano
facilmente dalla conoscenza di questa legge, perciò si è
reso necessario che Dio rivelasse i Dieci Comandamenti.
Inoltre, senza l’aiuto della grazia, nessuno può praticare
durevolmente la Legge nella sua integralità. E, benché la
grazia sia data a tutti gli uomini, sappiamo che i popoli
cattolici, con la sovrabbondanza di grazie che hanno ricevuto
nella Chiesa, sono quelli che riescono a praticare tutti i
Comandamenti.
D’altro
canto, una società umana si trova nella sua condizione
normale solo quando la generalità dei suoi membri osserva la
legge naturale. E ne consegue che, benché i popoli non
cattolici possano avere prodotti culturali mirabili, sono
sempre gravemente manchevoli in alcuni punti capitali, il che
toglie alla loro cultura il carattere integrale e la piena
conformità alla regola, presupposto necessario di tutto
quanto è eccellente oppure semplicemente normale.
La
cultura vera e perfetta si trova solamente nella Chiesa.
Sainte Chapelle (Parigi)
Andate,
miei cari seminaristi, a plasmare con la vera religione e,
quindi, con la pienezza della cultura questo nostro popolo
giovane, di enormi risorse non sfruttate, al quale toccherà
la guida del mondo futuro, certamente per qualche secolo.
Questi secoli, questa influenza mondiale, saranno di Cristo,
Signore nostro, se sarete sacerdoti secondo il Cuore di Gesù,
completamente formati alla scuola di Maria.
Tutto
quanto vi ho appena detto si risolve nell’affermazione della
venerazione per la vostra splendida missione, per il molto che
si aspetta da voi il mio cuore di cattolico, per il molto
amore che vi porto per aver lasciato tutto per seguire questa
gloriosa vocazione. Maria Santissima vi aiuti a piantare nella nostra patria la sua regalità recentemente proclamata dal Sommo Pontefice [2]: «ut adveniat regnum Christi, adveniat regnum Mariae» [3]. Migliori auguri non vi potrei fare come cattolico, come brasiliano, come amico!
[1]
Plinio Corrêa de Oliveira, Considerações
sobre a cultura católica, conferenza tenuta il
13-11-1954 nel Seminario Centrale di San Leopoldo, nello
Stato di Rio Grande do Sul, su invito del rettore,
Leonardo Fritzen S.J. (1885-1965), in Catolicismo,
anno V, n. 51, Campos (Rio de Janeiro) marzo 1955, senza
numerazione di pagina, ma pp. 1-2, trad. it., Considerazioni
sulla cultura cattolica, in Cristianità.
Organo ufficiale di Alleanza Cattolica, anno XXXI, n.
315, Piacenza gennaio-febbraio 2003, pp. 23-26, senza le
parti protocollari (ndc).
[2]
La festa liturgica della «beata Maria vergine regina» viene istituita
da Papa Pio XII nel 1955 e fissata per il 31 maggio (cfr.
Idem, Litt. enc. «Ad Caeli Reginam» de regali
Beatae Mariae Virginis dignitate eiusque festo instituendo,
dell’11-10-1954, in Enchiridion
delle Encicliche, vol. 6, Pio
XII. (1939-1958), ed. bilingue, EDB. Edizioni
Dehoniane Bologna, Bologna 1995, pp. 962-989 [p. 965]). Tale
festività, nel Calendario
Romano approvato nel 1969 da Papa Paolo VI, ricorre il
22 agosto (cfr. Idem, Litterae Apostolicae Motu Proprio datae «Mysterii Paschalis» quibus Normae universales
de anno liturgico et novum calendarium romanum generale
approbantur,
del 14-2-1969, in Enchiridion Vaticanum, vol. 3, Documenti
ufficiali della Santa Sede. 1968-1970, EDB. Edizioni
Dehoniane Bologna, Bologna 1976, pp. 454-461)
(ndc).
[3] Cfr. san Luigi Maria da Montfort, Trattato della vera devozione a Maria, parte terza, capitolo quarto, 5, [217], in Idem, Opere, vol. 1, Scritti spirituali, Edizione Montfortane, 2a ed. riveduta e aggiornata, Roma 1990, pp. 355-527 (p. 496): «Questo tempo non giungerà se non quando sarà conosciuta e praticata la devozione che sto insegnando: “Perché venga il tuo regno, venga il regno di Maria”» e, ibid., nota 13: «“Ut adveniat regnum tuum, adveniat regnum Mariae”: motto forse creato dal Montfort» e accomodato dall’Autore (ndc).
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