Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

- V -

 

Il problema

 

 

 

 

 

 

 

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Se il regime comunista offrisse alla Chiesa libertà di culto a condizione che essa tacesse a proposito di certi errori del marxismo - in modo particolare la negazione della proprietà individuale o della famiglia -, la Chiesa potrebbe accettare questa proposta? La Chiesa potrebbe, per ottenere questa libertà di culto, accettare almeno la condizione di raccomandare ai cattolici di desistere da qualsiasi tentativo di restaurare nella legislazione la proprietà privata e la famiglia, giudicando l’abolizione di queste istituzioni condannabile soltanto in tesi, ma tranquillamente accettabile in pratica, in virtù della imposizione del regime?

A prima vista il problema della coesistenza tra la Chiesa e un regime comunista "tollerante" si potrebbe, considerato in sé stesso, enunciare in questi termini:

* Se in un determinato paese, che viva soggetto a un governo e a un regime comunisti, i detentori dei potere - lungi dal proibire il culto e la predicazione - permettessero l’una e l’altra cosa, la Chiesa potrebbe o perfino dovrebbe accettare questa libertà di azione, per distribuire senza impedimenti i sacramenti e il pane della parola di Dio?

Presentata la questione puramente e semplicemente in questi termini, la risposta è necessariamente affermativa: la Chiesa potrebbe e perfino dovrebbe accettare questa libertà e, in questo senso, potrebbe e dovrebbe coesistere con il comunismo poiché, con nessun pretesto, essa può rifiutarsi di compiere la sua missione.

Bisogna premettere, tuttavia, che questa formulazione del problema è semplicistica. Essa fa supporre implicitamente che il governo comunista non imporrebbe la sia pur minima restrizione alla libertà d’insegnamento della Chiesa. Però nulla porta a credere che un tale governo concederebbe alla Chiesa una piena libertà d’insegnamento. Questo infatti implicherebbe il permesso di predicare tutta la dottrina dei Papi sulla morale, sul diritto e più esplicitamente sulla famiglia e sulla proprietà privata, il che a sua volta vorrebbe dire fare di ogni cattolico un avversario naturale del regime, cosicché, nella misura in cui la Chiesa dilatasse la sua azione, sopprimerebbe il regime stesso. Di conseguenza, nella misura in cui questo tollerasse la libertà della Chiesa, praticherebbe il suicidio. E questo accadrebbe soprattutto nei paesi in cui l’influenza della Chiesa sulla popolazione è molto grande.

Perciò non possiamo accontentarci di risolvere il problema nella formulazione generica con cui è stato or ora presentato. Dobbiamo vedere qual’è la soluzione che gli deve essere data nel caso che un governo comunista esiga che la predicazione e l’insegnamento cattolici, per essere tollerati, si conformino alle seguenti condizioni:

1. che espongano tutta la dottrina della Chiesa in modo affermativo, ma senza fare ai fedeli nessuna confutazione del materialismo e degli altri errori inerenti alla filosofia marxista;

2. che tacciano ai fedeli il pensiero della Chiesa sulla proprietà privata e sulla famiglia;

3. o che almeno, senza criticare direttamente il sistema economico-sociale del marxismo, affermino che l’esistenza legale della famiglia e della proprietà privata sarebbe un ideale desiderabile in tesi, ma irrealizzabile in pratica, a causa della dominazione comunista - perciò, nell’ipotesi concreta attuale, si raccomanderebbe ai fedeli di desistere da qualsiasi tentativo di abolire il regime comunista e di restaurare nella legislazione, secondo i principi del diritto naturale, la proprietà privata e la famiglia.

Tali condizioni potrebbero, in coscienza, essere tacitamente o espressamente accettate come prezzo di un minimo di libertà legale per la Chiesa in regime comunista? In altri termini, la Chiesa potrebbe rinunciare alla sua libertà su qualcuno di questi punti, per conservarla su altri a beneficio spirituale dei fedeli? Ecco il cuore del problema.

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