Plinio Corrêa de Oliveira

 

 

I - I fatti

 

 

 

 

 

 

 

 

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All’inizio, l’atteggiamento dei governi comunisti era di chiara e aperta persecuzione della religione: alla Chiesa non rimaneva altra alternativa che quella di reagire contro di essa energicamente. In mezzo a drammatiche peripezie è corso abbondantemente il sangue dei martiri. E il comunismo non è riuscito a estinguere la fede nelle anime dei popoli che gli sono soggetti.

Da qualche tempo a questa parte alcuni governi comunisti stanno cambiando tattica. Hanno inaugurato un’era di tolleranza limitata, nella quale si apre alla Chiesa la prospettiva di una tenue libertà di culto e di parola. In verità molto tenue, perché la Chiesa continua a essere combattuta apertamente dalla propaganda ideologica ufficiale e spiata dalla polizia.

1. Per molto tempo l’atteggiamento dei governi comunisti, non solo verso la Chiesa cattolica, ma anche verso tutte le altre religioni, è stato dolorosamente chiaro e coerente.

a) Secondo la dottrina marxista, ogni religione è un mito che comporta una "alienazione" dell’uomo a un ente superiore immaginario, cioè a Dio. Di tale "alienazione" approfittano le classi dominanti per mantenere il loro potere sul proletariato. Infatti, la speranza in una vita ultraterrena, promessa ai lavoratori rassegnati come premio della loro pazienza, opera su di loro come l’oppio, perché non si rivoltino contro le dure condizioni di esistenza che sono loro imposte dalla società capitalistica.

b) Così, nel mito religioso tutto è falso e nocivo all’uomo. Dio non esiste, non vi è vita futura; l’unica realtà è la materia in stato di continua evoluzione. L’obiettivo specifico dell’evoluzione consiste nel "dis-alienare" l’uomo da quanto si riferisce a qualsiasi sottomissione a signori reali o fittizi. L’evoluzione, nel cui libero corso sta il bene supremo dell’umanità, trova dunque un serio ostacolo in ogni mito religioso.

c) Di conseguenza, lo Stato comunista, che per mezzo della dittatura del proletariato deve aprire la via alla "dis-alienazione" evolutiva delle masse, ha il dovere di distruggere radicalmente ogni e qualsiasi religione, e a questo fine, nel territorio sotto la sua giurisdizione, è suo compito:

- in un lasso di tempo maggiore o minore, a seconda della malleabilità della popolazione, chiudere tutte le chiese, eliminare tutto il clero, proibire ogni culto, ogni professione di fede, ogni apostolato;

- nella misura in cui non sia stato possibile raggiungere completamente questo risultato, mantenere verso i culti ancora non soppressi un atteggiamento di tolleranza ostile, di spionaggio di vario genere e di limitazione continua delle loro attività;

- infiltrare comunisti nelle gerarchie ecclesiastiche sopravviventi, trasformando dissimulatamente la religione in veicolo del comunismo;

- promuovere con tutti i mezzi a disposizione dello Stato e del partito comunista l’"ateizzazione" delle masse.

A partire dal momento in cui la dittatura comunista si è instaurata in Russia, e più o meno fino all’invasione dell’URSS da parte delle truppe naziste, la condotta del governo sovietico verso le varie religioni fu caratterizzata da questi principi.

Durante tutta questa prima fase, la propaganda comunista ostentava agli occhi del mondo intero la sua intenzione di distruggere tutte le religioni e mostrava chiaramente che, perfino quando ne tollerava qualcuna, lo faceva per arrivare più sicuramente a eliminarla.

2. Di fronte a questo modo di procedere del comunismo, anche la linea di condotta che doveva essere mantenuta dall’opinione pubblica cattolica si presentava semplice e chiara.

Perseguitata a oltranza in ragione di una incompatibilità sostanziale e completa tra la sua dottrina e quella del comunismo, la Chiesa poteva reagire solo a oltranza, con tutti i mezzi leciti.

Le "relazioni" tra i governi comunisti e la Chiesa potevano consistere solo in una lotta totale, per la vita o per la morte. Consapevole di questa situazione, l’opinione pubblica cattolica si ergeva in ogni paese come una sterminata falange, disposta a sopportare tutto, e perfino il martirio, per evitare l’instaurazione del comunismo. E nei paesi in cui questa si era verificata, i cattolici sopportavano con grande forza d’animo di vivere in una clandestinità eroica, come i primi cristiani.

3. Da qualche tempo a questa parte, l’atteggiamento di determinati governi comunisti in materia religiosa sembra presentare toni nuovi.

Infatti, mentre in alcune nazioni sotto il dominio comunista - per esempio la Cina - l’atteggiamento dei governi verso la religione rimane inesorabilmente lo stesso, in altre - come la Jugoslavia, la Polonia e più di recente la Russia - questo atteggiamento sembra si vada gradatamente modificando.

Così, in questi ultimi paesi, secondo quanto annunciano i rispettivi organi di propaganda, l’intolleranza del governo verso alcune religioni ha cominciato a essere sostituita da una tolleranza dapprima malevola, che è poi diventata, se non benevola, almeno indifferente. E il vecchio regime di coesistenza aggressiva tende sempre più a essere sostituito da quello improntato alla coesistenza pacifica.

In altri termini, i governi russo, polacco e jugoslavo mantengono completamente la loro adesione al marxismo-leninismo, che continua a essere per loro l’unica dottrina insegnata e accettata ufficialmente. Ma - su scala maggiore o minore a seconda del paese - sono passati ad ammettere una più ampia libertà di culto, e a concedere un trattamento senza violenza e, da qualche punto di vista, quasi corretto, alla religione o alle religioni di importanza considerevole nei rispettivi territori.

In Russia, come è noto, la religione che conta il maggior numero di adepti è quella greco-scismatica, comunemente detta "ortodossa". In Polonia è la religione cattolica (la maggior parte dei fedeli è di rito latino). E in Jugoslavia sono numerose entrambe.

Di conseguenza, per la Chiesa cattolica, in certe nazioni oltre la cortina di ferro, si presenta una tenue libertà, consistente nella facoltà, ora maggiore, ora minore, di amministrare i sacramenti e di predicare il Vangelo a popoli quasi completamente privati di assistenza religiosa. Diciamo "tenue", perché la Chiesa continua, nonostante tutto, a essere combattuta apertamente dalla propaganda ideologica ufficiale, e continuamente spiata dalla polizia, e perciò non può fare nulla o quasi nulla oltre a celebrare le funzioni del culto e a fornire qualche elemento di catechesi. In Polonia, oltre a questo, si tollera che tenga corsi per la formazione di sacerdoti, e si permettono certe opere sociali.

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